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Fisco

L’evasione fiscale in Italia è molto meno di 100 miliardi. Analisi

Evasione fiscale: numeri e approfondimenti. L'analisi di Pietro Boria, professore di Diritto tributario all'Università La Sapienza di Roma

 

Il tema, annoso e dibattuto, dell’evasione fiscale in Italia è stato oggetto di un lavoro di ricerca condotto dalla Cattedra di diritto tributario della Facoltà di Giurisprudenza della Sapienza Università di Roma.

o spunto di questa ricerca è stato suggerito da numerosi recenti interventi a contenuto empirico, giornalistici e/o di osservatori politico/istituzionali, che rilevano la mancanza di una ricostruzione analitica del fenomeno dell’evasione fiscale in Italia. Ed invero, l’evasione fiscale – in quanto fenomeno centrale della convivenza collettiva, suscettibile di alterare gravemente il patto sociale dello Stato-comunità – richiede una ricostruzione accurata ed articolata del dato disaggregato micro-economico (e non marginale o episodica come sovente effettuata nelle valutazioni ricorrenti). La finalità principale della ricerca concerne pertanto la ricostruzione del fenomeno evasivo in una prospettiva innovativa, secondo una metodologia diversa rispetto a quella applicata nei documenti ufficiali adottati dall’amministrazione finanziaria per stimare la dimensione quantitativa del fenomeno stesso.

I contenuti della ricerca

I contenuti della ricerca hanno riguardato diversi elementi concettuali della evasione fiscale e precisamente:

  • la lotta all’evasione fiscale quale componente essenziale del patto sociale che vige all’interno dello Stato-comunità nell’esperienza attuale;
  • la nozione di evasione fiscale anche in relazione alle fattispecie, contigue concettualmente, dell’elusione e dell’abuso del diritto in materia tributaria;
  • la dimensione giuridica dell’evasione fiscale nell’ordinamento italiano;
  • la scelta del metodo della ricostruzione empirica “che parte dal basso” (c.d. metodologia bottom up) quale premessa logica della ricostruzione innovativa del fenomeno dell’evasione fiscale in Italia;
  • l’analisi specifica delle principali categorie di contribuenti in una prospettiva settoriale e micro-economica e, conseguentemente, la ricostruzione della portata quantitativa dell’evasione fiscale in Italia
  • la verifica dei risultati dell’attività di contrasto all’evasione fiscale operata in Italia in base a soluzioni normative e attività di accertamento;
  • la dimensione dell’evasione da riscossione;
  • il contrasto all’evasione internazionale negli scenari attuali della competizione fiscale sleale tra Stati.

La metodologia seguita nel lavoro di ricerca scientifica: il metodo bottom up (al posto di quello top down).

L’elemento qualificante della ricerca riguarda senz’altro la scelta del metodo da utilizzare per la misurazione dell’evasione fiscale (tema fortemente dibattuto nella letteratura economica). La dottrina è solita raggruppare le metodologie di stima dell’evasione in due macro-categorie:

  • le metodologie di tipo deduttivo (definite anche top down o indirette);
  • le metodologie di tipo induttivo (definite anche bottom up o dirette).

Il metodo top down si basa sul confronto tra i dati fiscali e un corrispondente aggregato macro-economico (solitamente rappresentato dai flussi finanziari desunti dalla contabilità nazionale), utilizzato per determinare una base imponibile teorica rispetto alla quale confrontare la base imponibile dichiarata dalla platea dei contribuenti. Il tax gap viene individuato in relazione al risultato differenziale prodotto da queste due grandezze. Il metodo top down è stato adottato anche in Italia per la stima ufficiale del tax gap delle imposte dirette e indirette.

Tuttavia, è stato dimostrato dalla dottrina economica (sia nazionale che internazionale) l’elevato grado di approssimazione dell’utilizzo di tale approccio metodologico nelle stime ufficiali, in considerazione dell’eccessiva indeterminazione che lo caratterizza. Inoltre, il metodo top down si denota per l’ulteriore criticità della impossibilità (o comunque della rimarchevole difficoltà) di procedere ad una disaggregazione delle stime in relazione alle distinte articolazioni dell’evasione nei vari segmenti dei contribuenti, determinando eccessi di semplificazione e di congetturalità.

Al contrario, l’approccio metodologico di tipo bottom up si basa sull’utilizzo di fonti informative settoriali e/o di dati micro-economici che consentono una analisi dettagliata del fenomeno evasivo. Si tratta di un metodo a carattere empirico che presenta il vantaggio di fornire una ricostruzione dettagliata e specifica in relazione alle attività e ai contribuenti, differenziandoli per categorie e segmenti di mercato. Il metodo bottom up garantisce così migliore aderenza al dato reale, in quanto basato su informazioni più dettagliate rispetto a quelle che si otterrebbero in applicazione dei metodi indiretti (o top down).

Attribuire una dimensione materiale ad un fenomeno intangibile

Va peraltro messo in chiaro che la stima dell’evasione fiscale costituisce un tentativo congetturale di “attribuire una dimensione materiale ad un fenomeno intangibile”.

A tal riguardo va infatti precisato che:

  • la materia dell’evasione fiscale è connessa a un fenomeno di ordine empirico – l’economia sommersa – che non è conosciuto in termini analitici e puntuali (perlomeno allo stato attuale delle conoscenze);
  • l’apprezzamento dell’evasione fiscale è così inevitabilmente rimesso a valutazioni e stime di carattere congetturale;
  • ogni metodo utilizzato per le suddette stime e valutazioni del fenomeno evasivo – top down (adottato dalle stime ufficiali in Italia) o bottom up (prospettato in questa ricerca) – è denotato dunque da un grado imprescindibile di approssimazione;
  • il ricorso al metodo bottom up, accolto in questa ricerca per la ricostruzione quantitativa dell’evasione fiscale in Italia, ha comportato l’utilizzo di dati ricavati da fonti di carattere pubblico e ufficiale (in specie, ISTAT, MEF, Agenzia Entrate);
  • sulla base dei suddetti dati nella ricerca si sono simulati possibili effetti di evasione fiscale per singole categorie micro-economiche, assumendo una serie di eventi congetturali (e dunque di “fatti ignoti” desunti da “fatti noti”);
  • le assunzioni del ragionamento congetturale sono state indicate per ogni categoria micro-economica e fondate su una base logico-empirica;
  • le conclusioni circa il fenomeno evasivo in Italia si fondano pertanto su una serie di valutazioni di ordine empirico che sono apparse al gruppo di lavoro ragionevolmente fondate (ma non certo dimostrate in modo puntuale).

La metodologia della ricerca non contempla, pertanto, il ricorso a tecniche statistiche innovative o comunque desunte da elementi cognitivi diversi da quelli ufficiali, bensì è stata realizzata attraverso una combinazione innovativa di elementi congetturali di carattere empirico applicati alle statistiche ufficiali.

In tale prospettiva, la ricerca è destinata non certo a formulare “una verità” (o comunque un risultato univoco) sulla dimensione quantitativa dell’evasione fiscale in Italia, quanto piuttosto a esprimere una linea di tendenza che si pone come alternativa logica alla ricostruzione espressa nella contabilità pubblica.

In altre parole, questa ricerca – in linea con il carattere sperimentale delle iniziative accademiche – tende a “illustrare una possibile ipotesi ricostruttiva” del fenomeno evasivo da contrapporre alla ricostruzione ufficiale.

Il significato scientifico e politico/istituzionale di questa ricostruzione alternativa dipende naturalmente dalla sensibilità di chi legge/utilizza la ricerca medesima.

I risultati della ricerca.

Il lavoro di ricerca ha prodotto alcuni risultati che qui si possono sintetizzare.

  • L’evasione fiscale in Italia ricostruita col metodo bottom up ha una portata largamente diversa rispetto a quella ufficialmente determinata nei documenti di contabilità pubblica attraverso il metodo top down (che risulta pari negli ultimi anni a circa 100 miliardi di euro).
  • In particolare, attraverso l’analisi disaggregata dei vari settori economici riferibili alle attività dei contribuenti, il dato dell’evasione fiscale complessiva in Italia è stato stimato in circa 10 miliardi di euro all’anno.
  • Assumendo i risultati empirici (ed ufficiali) dell’attività amministrativa di contrasto all’evasione fiscale, risulta un dato di evasione fiscale stimata pari a circa 12 miliardi di euro all’anno.
  • Rettificando in termini prudenziali i suddetti dati (per correggere potenziali inesattezze/imprecisioni/approssimazioni), l’evasione fiscale in Italia è stata stimata in misura pari a 15 miliardi di euro all’anno.
  • E’ così evidente che il risultato della presente ricerca conduce ad uno scarto davvero rimarchevole rispetto al dato ufficiale; l’evasione fiscale ricostruita col metodo bottom up risulta infatti pari a circa il 15% dell’evasione stabilita col metodo top down.

Come più volte ribadito, si tratta evidentemente di un risultato congetturale, e quindi connotato da una approssimazione intrinseca ad ogni metodo congetturale, che però esprime una linea di tendenza significativamente diversa rispetto al risultato ufficiale esposto nei documenti di contabilità pubblica.

La ricostruzione della dimensione quantitativa dell’evasione fiscale come illusione finanziaria

I contenuti della ricerca qui sintetizzata sembrano fare emergere un interrogativo di fondo: perché il dato ufficiale (fondato sul metodo top-down) assume una consistenza quantitativa così elevata da apparire largamente difforme rispetto al dato che potrebbe raggiungersi attraverso una diversa metodologia di analisi (fondata sul metodo bottom-up)? E perché non si propone perlomeno una soluzione intermedia che possa apparire dotata di minore approssimazione?

A questo riguardo sembrano potersi prospettare diverse ipotesi di risposta:

  • una evasione fiscale di ampia dimensione permette il ricorso ad una astrazione nei conti di finanza pubblica, e cioè la prospettiva di recuperare gettito erariale attraverso la politica di contrasto (dato che viene stabilmente riportato nelle manovre di bilancio degli ultimi anni);
  • proporre un dato di larga evasione consente di “scaricare” la responsabilità delle criticità di finanza pubblica (ed in specie del disavanzo di esercizio riportato stabilmente negli ultimi decenni) su una platea di “invisibili colpevoli” (vale a dire gli evasori fiscali);
  • inoltre, la rappresentazione di una evasione fiscale massiva e diffusa genera l’aspettativa di una riduzione prospettica del carico tributario futuro sui “contribuenti buoni”, in relazione all’auspicabile andamento favorevole della politica di contrasto al fenomeno evasivo.

In questa prospettiva il dato ufficiale dell’evasione fiscale sembra potersi ascrivere a quei meccanismi istituzionali, frequenti nella finanza pubblica, che inducono comportamenti adesivi (o comunque non collidenti) dei contribuenti (e cioè le c.d. “illusioni finanziarie”)

L’evasione fiscale come parte della narrazione del rapporto tributario.

Si tratta invero di una “narrazione” del rapporto tributario che vale a minimizzare il ruolo dello Stato rispetto alla penosità delle imposte, trasferendo piuttosto tale stato d’animo al comportamento trasgressivo di una parte di “contribuenti cattivi”; l’abnorme evasione fiscale genera l’inasprimento della pressione tributaria sui “contribuenti buoni” e determina il non pieno funzionamento del Welfare state.

Questa rappresentazione abnorme ed eccessiva dell’evasione fiscale non è però esente da effetti collaterali e risvolti negativi sulla validità del patto sociale. Ed invero, la prospettazione di una enorme quantità di evasione fiscale sviluppa una inevitabile tensione sociale all’interno della comunità nazionale, producendo un crescente rancore da parte delle categorie di contribuenti di cui suppone la virtuosità (lavoratori dipendenti e pensionati) nei confronti delle categorie di potenziali evasori fiscali (in particolare, professionisti, commercianti e artigiani).

Un’efficace ricostruzione del fenomeno dell’evasione fiscale, determinata sulla base di informazioni dettagliate e su stime empiricamente rilevate, presenta quindi importanti implicazioni politiche e istituzionali, poiché consente una più adeguata visione dell’ordinamento fiscale e dei conseguenti nessi socio-economici.

Ne deriva che la corretta ricostruzione del fenomeno evasivo va considerata non soltanto un mero dato statistico, quanto piuttosto un messaggio simbolico diretto a rinforzare il patto fiscale che fonda il vivere insieme dentro la comunità nazionale.

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