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Unipolsai

Ecco perché Unipol sballotta la regole europee su bond e capitale

Come si sta muovendo l’ad di Unipol sui titoli di Stato italiani e perché contesta l’invito dell’Eiopa (e dell’Ivass) sulla distribuzione dei dividendi. Intanto nel resto d’Europa…

 

Un fiume in piena che non le manda a dire. Carlo Cimbri, da dieci anni amministratore delegato di Unipol, presidente di UnipolSai e fidato consigliere di Carlo Messina nell’operazione che ha portato Intesa Sanpaolo a conquistare Ubi Banca, si è tolto qualche sassolino dalla scarpa nei giorni scorsi.

Il manager, dall’alto di una semestrale positiva nonostante la pandemia e i forti contraccolpi economici (passati, presenti e futuri), avvisa le authority di settore, italiane ed europee stimmatizza l’invito a non pagare i dividendi agli azionisti e che si muoverà per ridurre l’esposizione di Unipol sui titoli di Stato italiani.

LA QUESTIONE BTP

Durante la conference call con gli analisti, in cui ha presentato i conti del primo semestre, l’ad di Unipol ha mandato un messaggio chiaro: “Con grande rammarico ridurremo l’esposizione sull’Italia, privilegiando titoli di altri Paesi, è una mossa necessaria per arginare la volatilità della Solvency: non possiamo fare diversamente perché il nostro mandato è amministrare al meglio i soldi degli assicurati e degli azionisti”. Dunque la compagnia assicurativa che, come ricorda il Sole 24 Ore, ha sempre avuto il 55% dei propri asset investiti sull’Italia, “sarà costretta a portare questa soglia abbastanza rapidamente giù fino al 40%”. Passerà cioè dall’avere in portafoglio 32 miliardi di titoli a un massimo di 23 miliardi. Attualmente Unipol è poco sopra il 47%.

Cifre non di poco conto, peraltro in un momento di indubbia difficoltà che rischia di protrarsi per altri mesi, e in “Paese già indebitato come il nostro” che “si prepara a indebitarsi ulteriormente per far fronte alla crisi”. “L’Italia – ha detto ancora Cimbri secondo quanto riferito dal quotidiano confindustriale – dovrebbe trovare il modo di canalizzare il risparmio in titoli domestici piuttosto che obbligare nei fatti a investire in titoli di altri Paesi”.

L’ESPOSIZIONE SUI BTP DELLE ALTRE COMPAGNIE ITALIANE

C’è da dire che i titoli di Stato italiani godono di ottima salute, come rileva Repubblica, sospinti da uno spread sotto i 150 punti base, nelle settimane scorse l’effetto Covid ha mietuto qualche vittima. A partire da Cattolica la cui Solvency è scesa dal 160% di fine dicembre al 122% del 22 maggio scorso tanto da indurre l’Ivass a chiedere un aumento d capitale, entro l’autunno, pari a 500 milioni. Richiesta che ha spianato la strada a Generali: da Trieste sono in arrivo 300 milioni a fronte del 24,4% del capitale del gruppo veronese.

Ma se Unipol dichiara convintamente i suoi timori tra le altre società del settore “prevale tutto sommato l’appetito per il generoso rendimento dei titoli di Stato italiani”.

Ecco dunque il caso di Poste vita, che ha in pancia circa 70 miliardi di Btp, che mira a diversificare gli investimenti futuri e ad aumentare il peso del ramo danni rispetto a quello vita. Generali invece mantiene stabile nel tempo la sua quota di titoli di Stato nostrani, circa 60 miliardi, “e non ha mai manifestato intenzione di scendere”. Pare non voler cambiare rotta neppure Intesa Vita, con una fetta di 52,6 miliardi di Btp. Durante la conference call con gli analisti, pochi giorni fa, presentando i conti del semestre, l’amministratore delegato Carlo Messina ha detto: “Non farei, come fanno alcuni, la ola per la riduzione dei Btp”.

Insomma, l’impressione – chiarisce Repubblica richiamandosi ad alcuni osservatori del settore – è che “lo stesso Cimbri potrebbe aver voluto soprattutto sollevare un caso politico sul meccanismo della Solvency e più in particolare del volatility adjustment, una sorta di cuscinetto in grado di ammortizzare le oscillazioni troppo violente dei titoli in portafoglio e che – a detta di tutti – ha dimostrato di non funzionare. È un po’ come se l’ airbag, previsto in caso di urto, non si fosse aperto. Per di più, per ragioni molto tecniche, il meccanismo funziona meglio per le assicurazioni europee e meno bene per le italiane”.

Il ceo di Unipol potrebbe dunque aver voluto richiamare l’attenzione sul volatility adjustment, il meccanismo di aggiustamento per la volatilità, come ha fatto il presidente dell’Ivass, Daniele Franco, durante la presentazione della Relazione, a giugno. Franco ne ha sottolineato “l’inadeguato funzionamento” e chiesto “ulteriori modifiche – su cui stiamo lavorando in sede europea – che lo rendano più efficace”.

CONTRO IL CONGELAMENTO DEI DIVIDENDI

Ma il manager nato a Cagliari non si è limitato a parlare dei titoli di Stato. Sempre in tema di regole internazionali, Cimbri è tornato su un’altra questione che ha riguardato tutte le compagnie assicurative europee negli ultimi mesi ovvero il congelamento della distribuzione dei dividendi (link   ). Prima l’Eiopa in sede Ue, poi l’italiana Ivass, avevano raccomandato di fare attenzione visto il momento difficile causa pandemia e lockdown e il difficile scenario futuro. Un invito che Unipol aveva sposato a metà, effettivamente, rinviando la distribuzione della capogruppo, pari a 0,28 euro per azione, e confermando quello della controllata UnipolSai, pari a 0,16 euro per azione, pagato a maggio.

Un’idea discutibile, quella delle Authority, “perché – a suo dire – produce disparità e penalizza chi ha rispetto per le raccomandazioni e tiene bloccate a livello europeo miliardi di risorse”. Sulla decisione di allinearsi alla richiesta e di non pagare la convinzione di non voler mettere “mai in difficoltà il regolatore italiano procedendo in modo contrario”. Per questo, ha assicurato, Unipol procederà con il pagamento della cedola “non appena cesseranno i divieti”. Del resto, “guardando ai risultati del primo semestre 2020 Unipol è perfettamente nelle condizioni di pagare la cedola a valere sul 2019” e “tutti i numeri e tutte le tendenze mostrano dei risultati particolarmente solidi” così che “gli obiettivi sia del 2020 che del 2021 potranno essere abbastanza agevolmente raggiunti”.

A giugno scorso il Solvency ratio consolidato è risalito al 188% (dal 155% del 31 marzo) e la raccolta diretta assicurativa è scesa a 6,1 miliardi di euro (-16,4%) con il Danni che è calato del 4,4% a 3,9 miliardi e il Vita del 31,8% a 2,2 miliardi. Ottimi risultati anche per la controllata UnipolSai che ha chiuso il primo semestre dell’anno con un risultato netto consolidato pari a 560 milioni, +48% a livello tendenziale.

COME SI SONO MOSSE SUI DIVIDENDI LE PRINCIPALI COMPAGNIE ASSICURATIVE IN ITALIA…

Per quanto riguarda gli altri gruppi assicurativi nazionali il 19 marzo scorso è stata Cattolica Assicurazioni la prima a rinviare la distribuzione della cedola, senza aspettare che si pronunciasse la Vigilanza. Il suo board, si legge in una nota post cda, “ha ritenuto opportuno posticipare la decisione sulla distribuzione dei dividendi. Tale scelta è legata alla estrema volatilità dei mercati finanziari conseguente alla diffusione della pandemia legata al Covid-19. Pur nella consapevolezza della solida posizione di solvibilità del Gruppo (S-II ratio a 175% a fine 2019), si è ritenuto corretto posticipare la decisione in modo da avere auspicabilmente un quadro più delineato in cui assumere la stessa”.

Altra scelta invece per Vittoria Assicurazioni che nella riunione del 7 aprile scorso ha ridotto il dividendo da 0,3 euro per azione a 0,2 euro per azione.

Il consiglio d’amministrazione chiariva che “Vittoria Assicurazioni S.p.A. ha costantemente dimostrato un atteggiamento prudente nel servizio dei dividendi e ha inteso dare un segnale di particolare attenzione alle raccomandazioni dell’Ivass e di EIOPA e ha conseguentemente riapprovato il progetto di Bilancio di Vittoria Assicurazioni e il Bilancio Consolidato al 31 dicembre 2019, mantenendone invariate le risultanze, modificando unicamente la proposta di distribuzione di un dividendo pari a 0,3 euro per azione per l’esercizio 2019, deliberata nella precedente riunione del 27 febbraio 2020, prima che l’emergenza epidemiologica da COVID-19 si manifestasse, e proponendo alla prossima assemblea degli Azionisti la riduzione del dividendo a 0,2 euro per azione”.

…E IN EUROPA

Anche nel resto del Vecchio Continente si sono registrati comportamenti differenti. Ad esempio, la tedesca Allianz ha confermato lo stacco della cedola – piuttosto ricca, con 9,6 euro per azione – sebbene il board abbia fatto sapere di aver considerato attentamente le posizioni espresse dall’Eiopa e dalla Bafin, l’Authority federale di vigilanza finanziaria attiva in Germania.

Il board della francese Axa, che aveva dichiarato di “avviare un dialogo con le Autorità dell’industria assicurativa francese, europee e straniere”, ha proposto all’assemblea di ridurre il dividendo a 0,73 euro per azione contro 1,43 euro inizialmente previsti, 70 centesimi in meno che potrebbero essere pagati se le condizioni di mercato e regolamentari risultassero più favorevoli, negli ultimi tre mesi dell’anno.

Nel Regno Unito l’8 aprile scorso il board di Aviva è stato concorde nel decidere di rimandare il pagamento del dividendo 2019 – pari a 37,9 centesimi per azione – in programma a giugno. Dello stesso avviso Direct Line che – così come Aviva – ha detto di avere una forte posizione di capitale ma ha evidenziato che per il suo board questa era la cosa più prudente da fare. Pure Hiscox ha stoppato il pagamento del dividendo di 29,6 centesimi per azione, che era in programma il 10 giugno prossimo, seguendo anche il consiglio dell’Authority britannica. Una scelta, ha rilevato, per aiutare la compagnia a venire incontro “alle necessità di imprese e famiglie in un momento di cambiamenti straordinari determinato dal Covid-19”.

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