Intesa Sanpaolo agguanta Ubi.
Intesa Sanpaolo conquista Ubi Banca con due giorni di anticipo (anche grazie ai due giorni di proroga decisi dalla Consob) rispetto alla chiusura dell’offerta pubblica di acquisto e scambio lanciata dal gruppo guidato dall’ad, Carlo Messina, il 17 febbraio scorso, sulla banca bresciano-bergamasca.
Le adesioni all’offerta hanno raggiunto il 75,68%, ben oltre la quota del 66,67% che serviva a Intesa per controllare l’assemblea straordinaria e quindi procedere alla fusione di Ubi.
Che l’operazione stesse arrivando in porto era nell’aria già due giorni fa quando il fondo Silchester, che detiene l’8,5% di Ubi, aveva comunicato l’adesione all’Opas.
Ieri mattina poi è arrivata anche l’adesione del Car, il patto di sindacato che riunisce alcuni grandi azionisti della banca guidata da Victor Massiah, e si è avuto la certezza matematica: il patto di consultazione Car pesa per il 19% circa di Ubi e che fin dall’inizio era stato contrario alla mossa ostile di Intesa.
Il fronte del Car si era spappolato dopo le adesioni delle fondazioni Cr Cuneo (5,9%) e Banca del Monte di Lombardia (3,9%) e di Cattolica (1%).
Ieri hanno accettato l’offerta di 17 nuove azioni Intesa ogni 10 Ubi più un conguaglio di 0,57 euro in contanti ad azione anche le famiglie di importanti imprenditori bresciani e bergamaschi del Car, ha sottolineato il Corriere della Sera: Bosatelli (2,85%), Bombassei (1,005%), Pilenga (1,005%), Radici (1,044%), Andreoletti (1,011%), Gussalli Beretta (1%).
Inoltre hanno deciso di aderire i fondi, tra i quali come detto Silchester con l’8% e anche Parvus, che ha portato la sua quota del 2,5% e che per settimane è stato indicato nelle cronache come vicino a soci italiani e vertici di Ubi.
In un solo giorno è stato apportato all’offerta pubblica di scambio e acquisto di Intesa il 28,43% del capitale di Ubi Banca, il dato più alto dall’inizio del periodo di conferimento.
Che cosa succede ora?
Da una parte Intesa che ribadiva la necessità di creare un grande gruppo europeo da 5 miliardi di euro di utile e dall’altra Ubi Banca che si è opposta in tutti i modi alle nozze con Ca’ de Sass. Il confronto non è stato privo di segnalazioni alla Consob, all’Antitrust e non ultimo anche al giudice civile.
Il gruppo guidato da Messina supera l’obiettivo del 66,67% che gli consentirà di procedere alla fusione delle due banche e alla cessione di 523 filiali ex Ubi a Bper, come da accordi presi con l’Antitrust, creando così un autentico gigante del credito in Italia a in prospettiva e anche in Europa.
La mossa del gruppo capeggiato da Messina ridisegna in parte la mappa del sistema bancario in Italia cancellando dalla scena la terza banca e dando di fatto una spinta per altre aggregazioni con protagonisti Mps, Banco-Bpm, Bper, Unicredit, Creval e Popolare di Sondrio (qui l’approfondimento di Start): rumors veri o fasulli?, di sicuro la Vigilanza spinge per ulteriori aggregazioni.
Chi vince e chi perde?
Vince Messina, il capo di Mediobanca, Alberto Nagel, che ha coccolato l’operazione, e pure il numero uno di Unipol, Carlo Cimbri (che anche indirettamente, tramite Bper, ha messo le basi per favorire l’acquisizione di Ubi da parte di Intesa).
Chi perde? Di sicuro Massiah, ma anche Giovanni Bazoli, per anni deus ex machina di Ubi (anche quando era presidente di Intesa).