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Ecco chi comprerà (e perché) Cedacri

Passerà al fondo inglese Ion la società italiana specializzata in servizi di outsourcing informatico per il settore bancario. Fatti, nomi, numeri, indiscrezioni e approfondimenti

Con una valutazione pari a tre volte i ricavi, ossia di 1,5 miliardi di euro, il consorzio Cedacri sta per essere rilevata dal fondo inglese Ion.

E’ quanto svelato oggi dal quotidiano Repubblica.

Dunque il fondo Ion ha battuto la concorrenza di Accenture ed Engineering per rilevare Cedacri, azienda italiana specializzata in servizi di outsourcing informatico per il settore bancario.

Ma Accenture aveva offerto meno del fondo Ion proponendo joint venture (mentre i soci di Cedacri preferivano far cassa).

Infatti le indiscrezioni emerse fino a pochi giorni fa da più parti il consorzio – che inizialmente era alla ricerca di un partner tecnologico-azionario nell’ottica di una possibile quotazione in Borsa – aveva come pretendenti anche due system integrator quali Accenture ed Engineering, società che lo scorso febbraio ha visto l’ingresso nell’azionariato del fondo Bain Capital a fianco di NB Renaissance Partners e guidata da Paolo Pandozy. Il terzo pretendente – che finora le indiscrezioni non davano in pole position- era appunto l’Ion Investment Group di Paolo Pignataro con sede a Londra, specializzato in software, dati e analisi per istituzioni finanziarie, che dal 2004 ha condotto 26 acquisizioni per un enterprise value complessivo di 10 miliardi di dollari, lavorando negli ultimi mesi per rifinanziare il proprio debito.

COSA E’ E CHE COSA FA ION CAPITAL

Scrive Repubblica: “L’acquirente è invece una società basata a Londra, fondata da Andrea Pignataro e nata nel 1998 da una piattaforma di trading sviluppata con risorse e capitali italiani. Ion si è poi trasformata in una sorta di holding specializzata nel fintech, più famosa all’estero che in patria grazie a acquisizioni come Merger Market, Debtwire, Dealogic e Unquote. Ma per Ion quella con Cedracri è la maggior operazione finora fatta, nonché un importante investimento da un miliardo di capitale (oltre mezzo miliardo di debito) sull’Italia. Dal 2004 ad oggi Pignataro ha condotto 26 acquisizioni per un valore di 10 miliardi di dollari, un successo che lo scorso dicembre gli ha permesso di collocare sul Nasdaq una Spac da mezzo miliardo di dollari”.

COSA E’ E CHE COSA FA CEDACRI

Cedacri, il consorzio di servizi informatici e gestione dati in outsourcing presieduto da Renato Dalla Riva, nato nel Duemila dalla fusione di due consorzi, Cedacri Nord e Cedacri Ovest, attivi sin dagli anni 70 per servire le sole banche azioniste dei consorzi (quali Cassa di Risparmio di Asti, Banca Popolare Bari, Banco di Desio, Mediolanum Unipol, oltre a piccole partecipazioni di banche locali e, principalmente, del fondo Fsi Mid-Market Growth Equity Fund).

“Il gruppo che ambisce a diventare una nuova Sia del software bancario e che grazie a Ion potrà espandersi all’estero, è cresciuto negli ultimi tre anni grazie al fondo Fsi, che ha come azionista di riferimento Cdp, e che ha portato capitali e management per investire sulle acquisizioni”, ha aggiunto Sara Bennewitz di Repubblica.

Ecco di seguito un estratto di un recente articolo di Start che faceva il punto su Cedacri:

I NUMERI DI CEDACRI

Cedacri nel 2019 ha visto i ricavi consolidati salire a 382,9 milioni e l’ebitda a 81,2 milioni, con un utile netto di 28,8 milioni e dipendenti recentemente saliti da 1.700 a 2.400. Quale che sia il pretendente che vincerà la gara per l’eventuale cessione dovrà però nel caso confrontarsi con la procedura di Golden Power, che permette all’esecutivo di respingere acquisizioni in settori chiave da parte di imprese extra europee e – su base temporanea fino al 30 giugno 2021 (estensione decisa pochi giorni fa su spinta del Copasir e a seguito di un emendamento con Adolfo Urso, FdI, primo firmatario) – anche europee.

L’ASSALTO DELLE FINTECH

Il problema di Cedacri è chiaramente lo stesso delle banche, e cioè l’assalto al sistema da parte delle fintech favorite dalla regolamentazione. Si pensi ad esempio alla direttiva Psd2 che ha posto le banche tradizionali di fronte alla concorrenza derivante dalla possibilità per chiunque di offrire servizi di pagamento. Il sistema si è difeso andando alla ricerca di servizi di tipo innovativo consolidando nel mentre il modello basato sui prodotti standard (finanziamenti, mutui, ecc.). Ci sono poi gli investimenti in tecnologia e innovazione -un piano di investimenti da 350 milioni di euro nei prossimi 5 anni – nell’ottica di battere le fintech sul loro terreno sfruttando però solidità e parco clienti.

OBIETTIVO CLOUD

«L’accelerazione dell’utilizzo dei servizi digitali per le banche è clamorosa, se a questo aggiungiamo che ormai l’adeguamento dei servizi di compliance può assorbire fino al 70% delle risorse per una banca piccola o media, la strada della mutualizzazione degli investimenti tecnologici può consentire anche alle banche più piccole di stare vicini ai clienti e concentrarsi sui servizi offerti agli stessi. Un modo diverso di stare sul mercato», ha detto il numero uno di Cedacri, Corrado Sciolla, al Corriere della Sera. Cedacri ha quindi deciso di puntare sulla realizzazione di un sistema di hybrid cloud attraverso un accordo con il leader del mercato delle Infrastructure as a service (IaaS), Amazon Web Services, il cui CEO Andy Jassy proprio pochi giorni fa ha illustrato il suo cambio di approccio ai sistemi di cloud ibridi. «Per le banche è importante avere la certezza di dove si trovi il dato». Non un caso quindi la scelta di AWS, che proprio lo scorso aprile ha lanciato in Italia, prima tra le Big Tech, la sua AWS Region nell’area di Milano, che consentirà a Cedacri di ridurre «i tempi di latenza, di risposta. Ecco, la banca del futuro dovrà essere sempre più sicura e veloce nella risposta ai clienti», ha aggiunto Sciolla, manager per natura molto aperto alla tecnologia e che anzi vede le fintech come alleate naturali dei big bancari capaci di aiutarli a svecchiarsi in questi settori verticali di servizio.

UNA VISIONE PER IL SISTEMA BANCARIO

Un approccio all’innovazione che, ha spiegato al mensile InvestireMag, l’amministratore delegato di Cedacri vorrebbe vedere esteso a tutto il sistema bancario: «Mi aspetterei razionalizzazioni enormi anche sull’infrastruttura, sui data center e sullo sviluppo di piattaforme comuni per indirizzare i problemi di cybersecurity. Introdurrei anche il concetto del cloud, con parte dei servizi informatici bancari che potrebbe utilizzare il cloud, ma con la localizzazione di tutti i dati su un’infrastruttura comune, con un accesso a banda larghissima per ridurre qualsiasi latenza, un software adeguato e una sicurezza di cybersecurity ai livelli altissimi che richiede il sistema bancario. Questo potrebbe generare enormi opportunità di efficientamento, ma allo stesso tempo dell’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili sul mercato». Mercato su cui Cedacri punta attraverso la formula mutualistica che consente alle 70 banche clienti «di ridurre costi senza perdere di vista la qualità e l’offerta», e chiudendo: «anche gli istituti di media dimensioni possono giocare una partita decisiva. Molto passa però dalla modalità nella quale si gestiranno gli investimenti tecnologici».

CHE COSA DICE BANCA D’ITALIA

Cloud e banche era un’accoppiata che sino a qualche anno fa spaventava molti. La prospettiva sembra però essere cambiata, anche agli occhi del regolatore, che lo scorso settembre ha recepito le “Raccomandazioni in materia di esternalizzazione a fornitori di servizi cloud” emanate dall’EBA. Nel rapporto su “L’evoluzione del Data Center, il ricorso al cloud e la modernizzazione del core banking”, curato annualmente dalla CIPA (Convenzione Interbancaria per l’Automazione) in collaborazione con l’ABI e pubblicato lo scorso luglio Banca d’Italia, emergono chiaramente vantaggi ed eventuali criticità del cloud per il sistema bancario. Tra i più rilevanti benefici attesi dall’adozione del cloud emergono scalabilità, riduzione del time-to-market e rapidità di implementazione di soluzioni innovative. Seguono indipendenza dall’obsolescenza tecnologica, rapidità di allestimento di ambienti di test e flessibilità di utilizzo e riduzione dei costi. L’analisi delle criticità attese evidenzia invece che la sicurezza informatica è, in assoluto, quella ritenuta più rilevante; seguono potere negoziale nei confronti del fornitore, controllo sui dati e aderenza ai requisiti di compliance. Nel frattempo, lo scorso febbraio è arrivato l’annuncio di Banca Progetto, la banca digitale specializzata in servizi per le piccole e medie imprese italiane (PMI) e per la clientela privata, che ha deciso di portare tutti i propri sistemi sul cloud, rendendo la banca guidata dall’ex amministratore delegato di Unicredit e Carige Paolo Fiorentino la prima banca italiana ad aver ricevuto da Banca d’Italia l’autorizzazione ad esternalizzare l’intera infrastruttura tecnologica.

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