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Banca D'Italia

Bcc, ecco come deve intervenire Banca d’Italia

Oltre all’apertura di Conte alle Bcc serve l’intervento della Banca d'Italia. Ecco come e perché. L'intervento di Marco Bindelli, vice presidente e consigliere delegato ai rapporti con il Credito Cooperativo e le Capogruppo del Banco Marchigiano-Credito Cooperativo (gruppo Ccb)

Gli effetti del Covid-19 sui crediti bancari e quelli del calendar provisioning nel contesto regolamentare dei meccanismi prudenziali della Bce, oltre ad imporre sempre più accantonamenti, producono un incremento del costo del capitale per le banche, donde la conclusione, giustamente espressa nella prima pagina di questo quotidiano, che fare banca non rende più.

Consci del prossimo aumento di sofferenze, Bce ed Eba sono intervenute dapprima per suggerire di non distribuire dividendi e non effettuare acquisti di azioni proprie e poi per fare in modo che la valutazione dei crediti tenga subito conto degli effetti che si avranno al termine delle moratorie. Si prospetta quindi, a causa dell’emergenza sanitaria e della regolamentazione bancaria europea, un nuovo periodo di difficoltà per le banche, specie italiane che, a differenza delle nordeuropee, hanno sempre sostenuto l’economia reale.

In tale contesto di flussi reddituali incapaci di remunerare adeguatamente gli azionisti, la banca lucrativa (i.e. costituita in forma di società per azioni) appare maggiormente penalizzata e destinataria di possibili azioni di risanamento il cui costo graverà sui contribuenti, accentuando quel fastidioso fenomeno tipico del settore bancario per il quale gli utili appartengono agli azionisti e le perdite sono socializzate.

Non a caso, fra le pieghe del decreto appena approvato (c.d. Decreto Agosto), è spuntato un emendamento per ridurre le perdite bancarie generate dalle cessioni di crediti inesigibili attraverso la trasformazione di crediti fiscali in crediti d’imposta, che avvantaggia grandi banche con difficoltà pregresse ed incoraggia aggregazioni.

Se si vuole evitare che la mutualizzazione delle perdite faccia rimpiangere il modello di banca pubblica è necessario prendere coscienza che le uniche banche anticicliche, capaci di assolvere il proprio ruolo senza massimizzare la redditività per gli azionisti, sono le Bcc.

Una delle caratteristiche principali delle Bcc è proprio quella di dover destinare a riserva indivisibile almeno il 70% degli utili, per cui, se poste nella condizione di conseguire la propria mission (liberate da vincoli che le derivano dall’essere classificate tra gli enti significant e da capogruppo che non assolvono correttamente le loro funzioni) potrebbero svolgere compiutamente il ruolo di banca del territorio al servizio delle pmi, senza gravare, come sempre avvenuto, sul bilancio dello Stato in caso di dissesto.

Di conseguenza, particolare apprezzamento ha ricevuto l’intervento del presidente del Consiglio Conte all’assemblea di Confcooperative in cui ha messo in dubbio alcuni aspetti della riforma, ha denunciato i rischi di un’eccessiva omologazione regolamentare con vincoli che assimilano le Bcc ai principali colossi bancari europei (impedendo di assolvere il ruolo di soggetti che sostengono finanziariamente pmi e cooperative) ed ha preso impegni per una riflessione in ambito europeo.

Tenuto conto delle difficoltà di intervento in ambito Ue, affinché le parole di Conte non siano buttate al vento, occorre ritrovare la volontà domestica di sostenere eventuali modifiche normative per
riqualificare correttamente le Bcc tra gli enti less significant. Per applicare il principio di proporzionalità della vigilanza basterebbe intervenire sull’art. 37bis del Tub ed eliminare l’obbligo di redigere il bilancio consolidato dei gruppi bancari cooperativi, attribuendo così più autonomia alle Bcc sane e virtuose e lasciando alle capogruppo l’attività di direzione e coordinamento.

Peraltro, la possibilità di trasformare le capogruppo in gestori di Ips per riportare le Bcc sotto la diretta vigilanza della Banca d’Italia è sfumata dopo che l’emendamento presentato dal M5S al citato Decreto è stato considerato inammissibile per materia, malgrado nello stesso fosse stato inserito di tutto.

L’ennesimo infruttuoso tentativo di trasformare i gruppi bancari cooperativi in Ips per valorizzare la biodiversità del sistema bancario denota, da una parte la difficoltà di rimuovere i paradossi della riforma senza una precisa volontà di intervento del Mef e della vigilanza e, dall’altra, la necessità di proporre un diverso emendamento con un percorso parlamentare maggiormente condiviso. Bankitalia, come evidenziato da illustri giuristi, oltre ad apparire silente sul tema e a non attivarsi concretamente per il coerente funzionamento dei gruppi, diversamente da Conte, appare persino riluttante ad una valorizzazione delle banche territoriali e del loro ruolo a favore delle pmi; come se la dimensione fosse l’unica soluzione ai problemi di solidità e di qualità del management. Al riguardo lasciano poca speranza le parole del governatore Visco in una recente intervista a The Banker: “C’è molta polemica sulla dimensione delle banche, non sta a noi dire il modello che deve prevalere.

Diffido molto dell’importanza delle banche del territorio, non perché non siano importanti per l’economia locale ma una banca deve essere solida, capace di farlo, con un management adeguato e un’attenzione all’innovazione, altrimenti deve consorziarsi con altri”.

Interessante si prospetta invece l’iniziativa anticipata da De Mattia per il progetto di rivisitazione della riforma coinvolgendo gli organi rappresentativi, la categoria ed autorevoli esperti.

 

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