Rating giù, sindacati in agitazione, manager che si baloccano con buyback.
Che cosa succede in doValue?
DoValue “primo operatore del Sud Europa attivo nei servizi di gestione di crediti e asset immobiliari, prevalentemente derivanti da crediti non-performing, per conto di banche e investitori”, come si definisce lo stesso istituto sul suo sito aziendale.
Ecco tutte le ultime novità.
Jp Morgan ieri ha tagliato il rating sulle azioni DoValue, eppure vertici e top manager della banca brindano con il bayback.
Infatti il consiglio di amministrazione di doValue presieduto dall’ambasciatore Giovanni Castellante ha approvato l’avvio di un programma di acquisto di azioni proprie previa verifica delle condizioni previste dai covenant finanziari dei finanziamenti in essere.
Il Programma è unicamente a servizio dei piani di retribuzione e di incentivazione in essere, destinati al management di doValue e/o di società da questa controllate e avrà ad oggetto un numero massimo di azioni pari a 500.000, equivalenti a circa lo 0,625% del capitale sociale di doValue.
Tenuto conto del prezzo di chiusura del titolo doValue al 16 giugno, pari a 10,00 euro, il potenziale esborso connesso all’esecuzione del Programma è stimato in 5 milioni. Il Programma avrà durata dall’1 luglio al 31 dicembre 2021.
Una mossa che sta destando perplessità nei sindacati dei bancari che sono già inviperiti con i vertici dell’istituto guidato dall’amministratore delegato Andrea Mangoni.
Le tensioni sindacali si desumono da un comunicato stampa congiunto delle federazioni dei bancari: “Le organizzazioni sindacali Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin bloccano le relazioni industriali con il gruppo DoValue fino a quando il gruppo non testimonierà il suo fattivo interesse al benessere del capitale umano. Il lavoratore non può e non deve essere l’agnello sacrificale del mercato, in onore del Dio Ebit”. E’ quanto si legge nella nota firmata dalle segreterie di coordinamento dei sindacati bancari Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin nel gruppo DoValue.
I sindacati denunciano “il deserto motivazionale che ha trovato ampia conferma nella survey aziendali in tema di retribuzione (fissa e variabile) e al piano di perenne ristrutturazione del gruppo, che prevede periodiche operazioni di contenimento dei costi (del personale!) anche con la chiusura di filiali storiche (pur periferiche) che hanno da sempre costituito un modello operativo indice di successo e di eccellenza per il settore degli non performing loan (npl)”.
I sindacati bancari, poi, “denunciano la richiesta di aiuto dei propri colleghi vessati da carichi di lavoro insostenibili e che inchiodano le lavoratrici e i lavoratori ben oltre le sette ore e trenta di una normale giornata lavorativa (finanche quindici ore consecutive e per più di cinque giorni a settimana), con potenziali aumenti dei rischi operativi e, nondimeno, della salute degli stessi. Lo straordinario sommerso dello smart worker è diventata una prassi pericolosa. E l’azienda, chiamata in Abi per discutere sulle possibili soluzioni ai problemi evidenziati nelle sedi deputate, ha declinato l’invito non presentandosi al tavolo”.