“Il debito sovrano italiano è perfettamente sostenibile e, se anche gli investitori stranieri se ne andassero, famiglie e società non finanziarie hanno risparmi più che sufficienti per intervenire e aumentare ulteriormente le loro già consistenti partecipazioni”. E più lo faranno, minore sarà l’onere finanziario del debito sull’economia. Non solo: “Minore sarà l’incentivo per qualsiasi politico a contemplare la ristrutturazione del debito o qualsiasi altra idea che comprometterebbe la stabilità finanziaria” (come una patrimoniale).
E’ quanto si legge e si evince dal report del capo economista di Unicredit, Erik Nielsen, nel consueto report settimanale.
Il rapporto inizia ricordando che la scorsa settimana il ministero dell’Economia e delle Finanze ha collocato il record storico di 22,3 miliardi nell’ultimo Btp Italia (qui l’approfondimento di Start Magazine), con il retail che ha comprato i due terzi dell’emissione (solo 8,3 miliardi sono stati allocati agli istituzionali, fra cui banche e fondi italiani), come sottolineato e analizzato su Start anche dall’economista Domenico Lombardi.
Il capo economista di Unicredit rimarca anche che l’80% degli acquisti effettuati dalla Bce sui titoli di Stato dell’Eurozona avviene attraverso le singole banche centrali. Quindi l’80% dei titoli che l’Istituto centrale di Francoforte rileva via Pepp, il programma di sostegno nato dopo lo scoppio della pandemia, viene effettuato da Banca d’Italia.
Nielsen rammenta poi che a fine febbraio il 49% del debito italiano era in mano gli italiani, il 34% era detenuto da creditori stranieri (una buona diversificazione) e il 17% dalla Banca centrale europea grazie al programma di QE “e quindi, di fatto, gratuito”, scrive Nielsen. Dunque se si sommano 49% e 17% si arriva a 66% del debito pubblico che è in mani italiane.
Per questo, si chiede l’economista, “dov’è il problema?”. Infatti “alcuni commentatori, le stesse agenzie di rating e i principali investitori istituzionali non sembrano essere pienamente consapevoli o capire questo punto, con l’effetto che la storia dell’Italia sembra sempre finire con il problema della sostenibilità del debito”.
Nielsen si concede una critica: certo “non aiuta l’Italia quando persone vicine a importanti politici a volte sembrano flirtare con idee di valute parallele o altri pensieri che mettono in discussione la volontà o la capacità di ripagare i debiti”.
Ovviamente, qualsiasi Paese con un surplus corrente (nel caso dell’Italia il 3% del Pil) deve essere un esportatore di capitale netto per definizione, “ma di nuovo questa narrativa fin troppo comune, vede i deflussi dall’Italia per lo più definiti una fuga di capitali, piuttosto che investimenti fatti all’estero, come avviene del resto nella maggior parte degli altri Paesi dove sono in eccedenza”.
“Il surplus delle partite correnti italiane, ricorda l’economista, non è un evento unico. È un fenomeno in atto negli ultimi sette anni. Di conseguenza, la posizione patrimoniale netta sull’estero dell’Italia è passata da debitore netto del 25% del Pil alla fine del 2013 a una posizione di debito netto ora sostanzialmente pari a zero”, sintetizza Mf alla luce del report.
La scorsa settimana, sottolinea il capo economista di Unicredit autore di un report settimanale molto seguito, “gli stessi italiani hanno dimostrato, con i loro investimenti, di non fare confusione sulla sostenibilità del debito sovrano. Stabilendo un nuovo record, l’Italia ha venduto 22,3 miliardi di euro in obbligazioni indicizzate all’inflazione a risparmiatori (14 miliardi) e investitori nazionali”. Nel novembre 2018, durante le turbolenze politiche, Roma era riuscita a collocare solo 2,1 miliardi di euro al Btp Italia.
Nielsen a questo punto ricorda che “il potenziale è enorme. Le famiglie italiane hanno in totale attività finanziarie per 4.400 miliardi di euro, di cui un terzo in conto corrente, il 22% investito in azioni e solo il 6% in obbligazioni fra assicurazioni, fondi comuni di investimento”.
Conclusione del capo economista di Unicredit, Nielsen: debito sovrano italiano perfettamente sostenibile.