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Ddl Beneficenza

Ddl beneficenza, tutto sulle nuove regole contro le magagne degli influencer. Multe troppo leggere?

Il pandoro-gate di Ferragni e Balocco ha dato il la a una serie di provvedimenti. Dopo le linee-guida dell'Agcom per gli influencer, ecco il ddl governativo "Beneficenza" che regola i proventi derivanti dalla vendita di prodotti pubblicizzati. Dettagli e girotondo di commenti (anche al vetriolo)

 

Il caso Chiara Ferragni ha scoperchiato il vaso di Pandora e ora il governo tenta di regolare con nuove norme il lavoro degli influencer. Ieri infatti il Consiglio dei ministri, su proposta della premier Giorgia Meloni e del ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha approvato un disegno di legge per regolare la beneficenza fatta o sbandierata sui social dagli influencer.

IL DDL BENEFICENZA

Il ddl ribattezzato “Beneficenza” ha proprio l’obiettivo di introdurre disposizioni in materia di destinazione di proventi derivanti dalla vendita di prodotti.

“Le norme – afferma il governo – sono finalizzate ad assicurare un’informazione chiara e non ingannevole sulla commercializzazione di prodotti i cui proventi sono destinati a iniziative solidaristiche”.

I DOVERI DEI BRAND E DEGLI INFLUENCER

I produttori di beni e gli influencer che li commercializzano e li promuovono hanno l’obbligo di esplicitare il soggetto destinatario dei proventi, le finalità a cui questi sono destinati e la quota percentuale del prezzo di vendita o l’importo destinati all’attività benefica, per ogni unità di prodotto.

I produttori dei beni, inoltre, potranno assicurare l’adempimento attraverso l’indicazione delle informazioni sulle singole confezioni (anche tramite l’apposizione di adesivi).

Le due parti, infine, sono tenute a comunicare al Garante per la concorrenza e il mercato (Agcm) l’operazione promozionale e il termine entro il quale sarà effettuato il versamento dell’importo destinato al soggetto beneficiario.

LE (MAGRE) SANZIONI

In caso di violazione degli obblighi, il disegno di legge prevede che l’Antitrust possa applicare sanzioni amministrative che vanno da 5.000 a 50.000 euro e disporre la pubblicazione del provvedimento da parte del produttore o del professionista sul proprio sito, su uno o più quotidiani nonché con ogni altro mezzo ritenuto opportuno, come i social media.

Si prevede, inoltre, che il 50% degli importi delle sanzioni venga destinato a finalità solidaristiche.

I PRODOTTI ESCLUSI DAL DDL

Infine, il provvedimento fa sapere che “non rientrano nel campo di applicazione della legge le attività di promozione, vendita o fornitura di prodotti ai consumatori da parte degli enti non commerciali, restando ferme le norme del codice del Terzo Settore riguardanti la raccolta di fondi per autofinanziamento e quelle relative degli enti appartenenti alle confessioni religiose che hanno stipulato accordi o intese con lo Stato con riguardo alla libera effettuazione di collette”.

CHI PLAUDE AL DDL BENEFICENZA…

Ma il ddl Beneficenza non mette tutti d’accordo. Se Chiara Ferragni, che prova a fatica a risalire la china, ha subito commentato con entusiasmo l’iniziativa, non mancano certo le critiche, specialmente per le sanzioni, considerate da molti irrisorie.

Sebbene valuti in modo positivo il provvedimento, Carlo Noseda, presidente di Iab Italia, associazione nel campo della pubblicità digitale e che rappresenta l’intera filiera del mercato della comunicazione online in Italia, ha sottolineato sul Sole 24 Ore come “un aspetto su cui si dovrà lavorare nella fase di affinamento del Ddl è quello relativo alle sanzioni pecuniarie, che nel Codice del consumo sono molto più elevate, fino a 5 milioni di euro”. E, dunque, aggiunge, “servirà trovare una armonizzazione tra la misura di queste sanzioni e quella del Ddl”.

…E CHI NO

La tocca decisamente meno piano il Codacons che definisce “dichiarazioni aberranti” quelle di Ferragni: “Chieda scusa agli italiani. Dimostra di non aver compreso la gravità delle sue azioni. Parlare di ‘errore’ davanti a un illecito accertato dall’Antitrust con una multa da un milione, e a indagini per quello che i pm definiscono un ‘sistema’ per sfruttare la beneficenza a fini di profitto, è semplicemente vergognoso”.

Ma l’associazione si spinge oltre e chiede “misure cautelari a suo carico, come l’inibizione di qualsiasi attività commerciale e il sequestro dei suoi social per evitare che compia altri illeciti”.

E, pensando al giro di denaro milionario mosso dagli influencer, conclude che “una sanzione massima da 50mila euro è assolutamente inadeguata”.

Secondo il Sole 24 Ore, rispetto alla prima bozza, nel testo presentato in Cdm è saltata la sanzione più grave che era stata prevista, e cioè che “in caso di ‘reiterazione della violazione è disposta la sospensione dell’attività’ da un mese a un anno” – che però potrebbe essere disposta in caso di infrazione più grave, ovvero la pratica commerciale scorretta.

L’IRRISORIETÀ DELLE MULTE

Anche per Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, il ddl “è pessimo”. Già ieri aveva infatti spiegato che “le multe continuano a essere insignificanti, ridicole e soprattutto infinitamente inferiori a quelle che l’Antitrust può comminare oggi per pratica scorretta e che possono arrivare fino a 10 milioni”.

“Se nel testo si fa riferimento anche al Codice del Consumo, si tratta di un passo avanti rispetto alla prima bozza, un miglioramento che però sarebbe del tutto vanificato se l’Antitrust avesse il limite di poter intervenire per la sua violazione solo in caso di reiterata inottemperanza. Insomma, a titolo di esempio, nel caso della Ferragni se la norma fosse stata già vigente, la multa sarebbe stata di 50 mila euro invece che di 1 milione. Un passo da gambero!”, conclude Dona.

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