Le banche italiane già “sostengono” il Paese e quindi è bene non pensare a mosse ulteriori (vedi tassa sugli extraprofitti). Il messaggio, in vista della Manovra, viene inviato dal primo sindacato dei bancari, la Fabi guidata da Lando Maria Sileoni (nella foto), come si evince dal profilo BancoPazz su X, account abbastanza vicino al sindacato autonomo dei bancari (come si è notato anche sulla vicenda interna al Banco Bpm). Numeri alla mano, del resto, non sono pochi gli introiti per l’Erario, visti anche gli utili registrati negli ultimi anni (e il 2024 è in linea) da tutti i gruppi del credito nazionali, a partire dalle Big Five ossia Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps e Bper.
I NUMERI DELLA FABI E LA QUESTIONE EXTRAPROFITTI
Secondo i dati del sindacato Fabi, citati dal profilo X di BancoPazz, i contributi che le banche italiane versano alle casse dello Stato non sono di poco conto tanto che “corrono il rischio di diventare una formidabile arma di pressione politica e di ricatto in mano alle banche nell’interlocuzione con il governo nei prossimi incontri a @Palazzo Chigi”.
Il profilo su X rileva che di recente sono stati diffusi due numeri chiave. “Il primo: le banche del nostro Paese hanno ricominciato ad acquistare titoli di Stato italiani, circa il 3% in più tra gennaio e giugno 2024, con l’ammontare complessivo che si attesta a 651 miliardi di euro. Il secondo: tra il 2019 e il 2023, i primi cinque gruppi bancari tricolore hanno versato nelle casse del Fisco tricolore quasi 20 miliardi, dato in crescita negli ultimi due anni (3,3 miliardi nel 2022 e 6,7 miliardi nel 2023), in corrispondenza dell’aumento degli utili favorito dalla fiammata dei tassi”. Senza mezzi termini BancoPazz – difendendo gli istituti di credito – evidenzia come “il primo numero dato in pasto all’opinione pubblica dimostra che le banche sostengono il debito pubblico e che le sottoscrizioni di Bot e Btp potrebbero rallentare se dovesse spuntare l’idea di una tassa sugli extra profitti. Che peraltro, dicono le statistiche del sindacato, già esiste visto che nel 2022 i grandi player bancari hanno versato all’Erario 3,3 miliardi, con il conto più che raddoppiato nel 2023 a quota 6,7 miliardi”. E questo sarebbe un messaggio implicito alla presidente del Consiglio: “Come dire: cara @GiorgiaMeloni non fare scherzi, il prelievo tributario è già adeguato e occhio al debito pubblico”, consiglia l’account.
Comunque la posizione della Fabi sulla questione è desumibile da una recente intervista di Sileoni al quotidiano Repubblica in cui il capo della federazione autonoma dei bancari consiglia l’esecutivo a coinvolgere-sentire le banche.
Così come sul sito della Fabi si rintracciano le analisi su fisco e titoli di stato.
I DATI DELLA BANCA D’ITALIA E QUELLI DELLE BANCHE
Come evidenziato il mese scorso da Startmag leggendo l’ultima Relazione annuale di Palazzo Koch, e in particolare l’Appendice, emerge che nel 2023 in totale il sistema bancario nazionale ha versato all’Erario 8,15 miliardi, quasi il doppio dei 4,33 miliardi del 2022. In particolare la fetta più consistente (8 miliardi a fronte di 4,22 miliardi nel 2022) è stata pagata dalle banche con a capo una spa e di questi 6,69 miliardi dai gruppi significativi, 125 milioni (99 milioni nel 2022) dalle banche con a capo delle popolari e 27 milioni (16 milioni nel 2022) da istituti con a capo Bcc. In testa alla classifica, come atteso, Intesa Sanpaolo con oltre 3,4 miliardi di imposte pagate nel 023, seguita da Unicredit con 1,9 miliardi.
Ma sul tax rate le banche possono essere soddisfatte, come rilevato da Startmag sulla base dei bilanci degli istituti di credito.
COME STA ANDANDO IL 2024? STUDIO FIRST CISL
Per il prosieguo la situazione si preannuncia ancora positiva visti i numeri dei primi mesi dell’anno in corso. La conferma arriva da uno studio della Fondazione Fiba del sindacato First Cisl. Nei primi sei mesi del 2024 i primi cinque gruppi nazionali – Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps e Bper – hanno visto il margine di interesse crescere del 10,4% su anno, le commissioni nette del 6,5% grazie al +5,3% della raccolta indiretta, per un utile netto che ha superato i 12 miliardi (+19,8%).
Sempre in aumento la produttività: +16,9% il risultato di gestione pro capite e +12% il margine primario per dipendente. Continuano a calare il numero di occupati e di sportelli sul territorio: dipendenti -2,6%, sportelli -2,2%. Meno bene il credito con gli impieghi in calo del 3,2% e il rapporto tra prestiti e depositi al 90,52% rispetto sia alla media Ue del 102,78% sia a quella di Francia (106,45%), Spagna (98,73%) e Germania (114,27%). Infine, si consolidano ancora di più i coefficienti patrimoniali con il Cet1 dal 14,92% al 15,10%.