Gli attacchi dei ribelli houthi, con base nello Yemen ma sostenuti dall’Iran, alle navi passanti per il mar Rosso stanno di fatto obbligando le compagnie di trasporto merci a riorganizzare i loro itinerari: non potendo accedere liberamente allo stretto di Bab-el-Mandeb e dunque al canale di Suez, stanno optando per la ben più lunga rotta attorno al capo di Buona Speranza.
LA GEOPOLITICA
Gli attacchi degli houthi, con missili e droni, sono una ritorsione contro Israele per la guerra nella Striscia di Gaza, iniziata a sua volta dopo l’attentato terroristico di Hamas del 7 ottobre: da quella data, le navi colpite sono state più di dieci.
In verità, i ribelli sciiti non stanno prendendo di mira solo le imbarcazioni affiliate o dirette a Israele. Jack Kennedy, analista di S&P, ha spiegato a Reuters che “gli houthi – e per estensione il loro principale sostenitore militare, l’Iran – stanno probabilmente utilizzando la loro capacità d’attacco nel mar Rosso per esercitare una maggiore influenza geopolitica nella regione, oltre che per influenzare la guerra di Israele a Gaza”.
Di recente il segretario della Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, in visita in Israele, ha detto che Washington sta formando una coalizione internazionale per ristabilire la sicurezza e la libertà di navigazione nello stretto di Bab-el-Mandeb, che congiunge l’oceano Indiano al mar Rosso e separa lo Yemen dal Gibuti. La Norvegia ha detto di essere pronta a partecipare; anche l’Italia e la Danimarca stanno valutando l’adesione alla task force americana.
LE COMPAGNIE DI NAVIGAZIONE CAMBIANO ROTTA
Attraverso lo stretto di Bab-el-Mandeb, le imbarcazioni portacontainer possono raggiungere il canale di Suez, un importantissimo punto di passaggio del commercio marittimo globale: è la via più breve tra l’Asia e l’Europa, e si stima che il 12-15 per cento di tutto il traffico merci via nave passi di qui.
La chiusura di fatto di questa rotta ha costretto diverse compagnie di navigazione – l’italo-svizzera MSC, la danese Maersk, la francese CMA CGM, la tedesca Hapag-Lloyd, la cinese COSCO e la taiwanese Evergreen – a ricorrere ad altre soluzioni: ad esempio circumnavigare l’Africa, tra ritardi nei tempi di spedizione e costi più alti. Le spese di trasporto potrebbero aumentare da 400.000 dollari a 1 milione per nave, scrive Quartz.
Messe insieme, le società che hanno deciso di non passare più per il mar Rosso controllano oltre la metà del mercato mondiale del trasporto container, ha scritto Reuters. La crisi nella regione avrà un impatto anche sul settore energetico, perché la compagnia petrolifera britannica BP ha sospeso momentaneamente i transiti per il mar Rosso; lo stesso hanno fatto la norvegese Equinor e la cipriota Frontline, una delle principali aziende di navi cisterna per il petrolio.
LE CONSEGUENZE ECONOMICHE
La riorganizzazione del commercio marittimo provocata dagli houthi potrebbe tradursi in prezzi più alti per i consumatori, visti i tempi e i costi più elevati delle spedizioni. Di solito, infatti, una nave portacontainer impiega all’incirca ventisette giorni per raggiungere il porto di Rotterdam (il più grande d’Europa) da Shanghai, passando per il canale di Suez. Non potendo però utilizzare questo passaggio, i viaggi potrebbero durare almeno una settimana in più, o anche trentuno giorni in più, a seconda della tipologia e delle dimensioni dell’imbarcazione.
Gli effetti di questa situazione si avvertiranno probabilmente a gennaio e a febbraio prossimi, e dunque potrebbero impattare sul mercato cinese in vista delle festività per il capodanno lunare (il 10 febbraio 2024). Non sembra tuttavia plausibile, almeno per il momento, un ritorno alla situazione critica verificatasi durante e dopo la fase peggiore della pandemia di coronavirus, nel 2020, che ebbe ripercussioni pesantissime sulla logistica mondiale.
Secondo l’Economist, un blocco prolungato del canale di Suez potrebbe arrecare seri danni all’economia dell’Egitto: il paese si trova già nel mezzo di una crisi finanziaria e i proventi del canale rappresentano una delle sue entrate principali. Israele sarà invece meno colpito, poiché solo il 5 per cento del suo commercio marittimo passa per il porto di Eilat, sul mar Rosso. Mentre per l’economia mondiale – scrive il settimanale – “una chiusura prolungata della rotta di Suez aumenterebbe i costi del commercio, in quanto il trasporto marittimo verrebbe dirottato in Africa, impiegando più tempo, e i premi assicurativi aumenterebbero”.