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Crédit Agricole

Creval, tutti i dossier da risolvere nel Credito Valtellinese

Che cosa succede al Credito Valtellinese? Il punto di Mf/Milano Finanza con Aldo Ronca, coordinatore Fabi del Gruppo Creval

«Presto una discussione seria sul Piano industriale, quanto mai necessario e urgente per analizzare e valutare gli aspetti in merito ad eventuali ricadute professionali e di ruolo che la declinazione del Piano avrà sulle risorse coinvolte e sulla rete» a chiederlo, con forza, Aldo Ronca, coordinatore Fabi del Gruppo Creval.

Quali sono le questioni da risolvere quanto prima?

«Uno dei problemi che riscontriamo e sul quale ci stiamo concentrando è quello dei livelli organici, che spesso sono inadeguati. A fronte degli ultimi piani industriali in pochi anni il Gruppo Creval è passato dalle oltre 500 filiali alle attuali 355 e che, con l’uscita di oltre 700 colleghi, vede oggi circa 3600 collaboratori complessivi. Per questo motivo come FABI, insieme alle altre organizzazioni sindacali, stiamo sollecitando la discussione del Piano industriale attuale che è già operativo dal lato commerciale e della riduzione dei costi, ma ancora latita nei suoi aspetti organizzativi concreti e che, seppur in assenza di esuberi prevede la riallocazione di 240 risorse e creazione di una non core unit che coinvolgerà 50 colleghi. E’ evidente che il confronto con le organizzazioni sindacali appare quanto mai necessario e urgente per analizzare e valutare tutti gli aspetti, al fine anche di proporre e condividere soluzioni organizzative che possano andare a mitigare i carichi di lavoro».

L’emergenza sanitaria ha evidenziato problematiche maggiori in termini anche di livelli occupazionali?

«Assolutamente sì. Le difficoltà sono state amplificate, specie per quarantene e le tuttora esigenze familiari e di salute dei lavoratori cosiddetti fragili che hanno comportato e comportano un ulteriore  assottigliamento degli organici. Così come anche per la mole di lavoro dovuta alle incombenze previste dai decreti liquidità e relativi interventi finanziari con garanzia pubblica che il governo ha demandato alle banche e di conseguenza ai lavoratori bancari con enormi aspettative da parte della clientela, ma con evidenti difficoltà organizzative. Basti pensare a quella legata alla valutazione del merito creditizio e relativo iter ordinario da seguire nell’istruttoria di tali pratiche, che a ben vedere di ordinario non hanno nulla; aggiungendo la complessità normativa e l’alone di incertezza per l’assenza di normative di salvaguardia per la sfera giuridica e patrimoniale dei colleghi coinvolti nelle varie lavorazioni. Porta a pensare che stiano compiendo atti eroici e non semplici compiti lavorativi».

Come è stata affrontata l’emergenza sanitaria?

«Iniziamo a respirare dopo questi ultimi tre mesi difficili di piena emergenza che ci hanno visti impegnati nella gestione di una situazione che nessuno poteva immaginare. Tuttavia non ci è consentito abbassare la guardia. Costante ed intenso, fin dai primi momenti l’impegno nel monitorare l’evolversi della crisi con una fitta interlocuzione con la banca per garantire la sicurezza dei nostri colleghi anche a seguito di animate discussioni e richieste accalorate per la fornitura sin da subito di kit di protezione individuale. E il lavoro che non è stato agevolato dal susseguirsi di disposizioni governative e l’accavallarsi di ordinanze locali che spesso emanate oggi per domani di certo non hanno aiutato nella gestione».

Quali sono state le misure prese e con quale esito?

«L’apertura a giorni alterni, l’accesso della clientela su appuntamento e la diffusione di smart working “emergenziale” senza dubbio sono state soluzioni che hanno aiutato ad affrontare i periodi più critici. Per quanto riguarda il lavoro agile non vi è dubbio che anche entro il termine del periodo di emergenza sia indispensabile una verifica a livello aziendale che regolamenti lo svolgimento dello stesso come inquadrato nel Contratto nazionale di lavoro recentemente rinnovato e declinato nelle peculiarità e nel rispetto della previsione del diritto alla disconnessione. Rimane aperta una questione sui divisori in plexiglass da installare sulle postazioni di filiale diverse dalla cassa, per i quali stiamo insistendo quale ulteriore misura di prevenzione e la richiesta di ulteriori giornate, rispetto al limite di 3 al mese attuali, e maggiore flessibilità per quanto riguarda il lavoro agile di cui al Decreto rilancio attualmente previsti per i colleghi in rete».

Dal sindacato sono stati denunciati atti di violenza nei confronti dei bancari. Come avete vissuto questo periodo e con quali criticità?

«Fortunatamente in Creval non si sono registrati gravi episodi di malcontento della clientela che in molte parti del paese sono sfociati in atti di aggressione anche fisica nei confronti di colleghe e colleghi, ma è innegabile che il maggior carico di responsabilità ed operatività, problematiche legate al susseguirsi di norme la cui interpretazione non sempre risulta facile e certa, attività frenetiche e quindi ad alta probabilità di errore rappresentano circostanze di fatto che andranno attentamente valutate al fine di salvaguardare i lavoratori e la loro maggior tutela dal lato disciplinare e patrimoniale. In attesa sempre dello “scudo penale” più volte richiesto anche nelle sedi istituzionali dal nostro segretario generale Lando Maria Sileoni».

Quale auspicio per i lavoratori del Gruppo?

«L’impegno e la professionalità dei colleghi Creval non è mai venuto meno, come dimostrato anche negli ultimi anni che di certo non sono stati in discesa, questo va riconosciuto non solo con belle parole ma con interventi tangibili che vadano nella direzione del giusto riconoscimento a quello che è il vero motore della macchina che necessità di cure ed adeguata manutenzione affinché funzioni sempre in maniera ottimale e non vada fuori giri».

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