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Crédit Agricole

Creval, chi tifa e chi no per Crédit Agricole

Tutti gli scazzi sull'Opa lanciata da Crédit Agricole sul Credito Valtellinese (Creval). L'articolo di Emanuela Rossi

 

Prosegue l’iter dell’Offerta pubblica di acquisto sul Credito Valtellinese lanciata a fine novembre scorso da Crédit Agricole Italia.

Dopo che alcuni soci hanno manifestato la contrarietà all’operazione, però, il gruppo guidato dall’amministratore delegato Luigi Lovaglio ha pensato bene di mettere nero su bianco con un comunicato ufficiale del board le critiche arrivate.

Ma vediamo cosa sta succedendo nell’istituto di credito lombardo.

L’OPA LANCIATA DA CREDIT AGRICOLE ITALIA

L’offerta pubblica di acquisto volontaria con corrispettivo in denaro sul Credito Valtellinese è stata lanciata sul mercato il 23 novembre scorso da Crédit Agricole Italia, società controllata per il 75,6% dal gruppo francese Crédit Agricole, che proprio di recente è salita oltre il 15 % del Creval grazie all’acquisto del 5,4% dal fondo Algebris il quale si è impegnato a vendere la sua quota.

L’offerta è pari a 10,50 euro per azione, che equivale a un investimento totale di 737 milioni, per arrivare a detenere 66.375.397 azioni ordinarie Creval, rappresentative del 94,620% del capitale sociale. Il corrispettivo incorpora un premio del 53,9% rispetto al prezzo medio ponderato degli ultimi 6 mesi e un premio del 21,4% rispetto al più recente prezzo ufficiale della banca guidata dal ceo Luigi Lovaglio del 20 novembre scorso. L’offerta è però condizionata al raggiungimento da parte di Crédit Agricole Italia di una partecipazione pari almeno al 66,7% del capitale sociale con diritto di voto dell’istituto valtellinese, con la possibilità per Crédit Agricole Italia di rinunciare a questa condizione nel caso in cui riesca ad acquisire almeno il 50% + 1 azione del capitale sociale con diritto di voto di Creval.

In seguito al lancio dell’Opa – definita “inattesa e non concordata” – Creval ha nominato BofA Securities, Mediobanca – Banca di Credito Finanziario S.p.A. e Intermonte SIM quali advisor finanziari e lo Studio Legale Cappelli RCCD quale advisor legale per assistere il cda “nello svolgimento delle attività di valutazione delle informazioni finora rese pubbliche e del Documento di Offerta una volta disponibile”.

L’ULTIMO CDA E LO STRAPPO

Durante la riunione del 13 gennaio scorso il cda ha evidenziato che gli advisor finanziari e legali di Creval, ossia BofA Securities, Mediobanca, Intermonte e lo Studio Legale Cappelli RCCD hanno fornito alcune considerazioni preliminari sull’offerta “che costituiranno la base dei prossimi adempimenti di spettanza della Banca, la quale si esprimerà sulla stessa nelle tempistiche, con gli strumenti e secondo le modalità previste dalla legge”.

Il board ha voluto anche fare il punto sulle posizioni finora espresse da alcuni azionisti, pure tramite lettere indirizzate ai vertici di Creval e ai consiglieri: in particolare evidenziando che non viene ritenuto “adeguato il corrispettivo offerto da Crédit Agricole Italia S.p.A. (10,50 Euro per azione)” e che “il titolo Creval, nel periodo successivo all’annuncio dell’Opa, ha negoziato sul mercato a premio rispetto al corrispettivo d’Offerta”. Nel comunicato si sottolineavano poi gli aspetti principali rilevati dagli azionisti critici con l’operazione: “La capacità della Banca di conseguire risultati in miglioramento ed in coerenza con le linee strategiche del piano industriale, nonché in anticipo rispetto alle tempistiche previste in alcune aree fondamentali quali il miglioramento del profilo di rischio, con una diminuzione di circa il 50% delle esposizioni deteriorate al 30 settembre 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente ed un NPE ratio lordo del 6,4% al 30 settembre 2020, diminuito di 490 punti base nel medesimo periodo; una posizione di capitale al vertice del settore bancario italiano, con un CET1 ratio fully loaded del 18% al 30 settembre 20202 rispetto ad una media del settore bancario italiano di circa il 14%3 e al requisito SREP della Banca dell’8,55%”.

E ancora, notavano, “il potenziale beneficio, che si è concretizzato successivamente all’annuncio dell’Opa, attualmente stimato in circa Euro 350 milioni, relativo alla possibile conversione in crediti fiscali delle imposte differite attive nel contesto di un’operazione di aggregazione con Crédit Agricole Italia S.p.A., secondo quanto contenuto nella Legge n. 178 del 30 dicembre 2020 (c.d. Legge di Bilancio 2021)”.

Di sicuro, si concludeva la nota del board di Creval, “il Consiglio di Amministrazione, anche alla luce delle attività svolte fino ad oggi dai propri advisor, continuerà a operare con l’obiettivo di creare valore per tutti gli azionisti, non trascurando alcuna opzione strategica e valorizzando i risultati raggiunti dalla Banca, riservandosi di effettuare ogni valutazione sull’Opa a seguito della pubblicazione del Documento di Offerta”.

CHI SONO I SOCI CONTRARI ALL’OPERAZIONE

Subito dopo il lancio dell’offerta erano iniziati i mal di pancia. A dare il la ci aveva pensato Petrus, società di investimento con sede a Londra,  che in una lettera ai vertici aveva criticato l’offerta in quanto ignorava il fair value dell’ istituto e aveva indicato come valore corretto 14 euro per azione e non 10,5. Inoltre ricordava che il mese precedente un report di Kepler Cheuvreux suggeriva tra 10 e 13 euro per azione il valore di M&A di Creval. Secondo Petrus, inoltre, anche il premio del 21,4% indicato nell’offerta “è significativamente più basso al premio medio di circa il 25%-35% per operazioni di M&A comparabili in Italia”.

Era stato poi il turno della società di gestione del risparmio Kairos, azionista del Credito Valtellinese con il 3%, che aveva definito la proposta “non adeguata”. Intervistato dal Sole 24 Ore, Massimo Trabattoni, capo della Italian Equity della Sgr, aveva evidenziato come il prezzo di mercato sia “stabilmente sopra” la proposta francese e che Creval “sta portando avanti un piano industriale credibile che prospetta anche una maggiore valorizzazione”. Il futuro inoltre non destava preoccupazioni visto che “il Creval ha un excess capital rilevante che noi stimiamo in 800 milioni, un cuscinetto che può proteggere ampiamente dagli effetti del Covid. Inoltre – grazie al lavoro del ceo Lovaglio – la banca aveva realizzato un importante turnaround in termini di asset quality e di costi”. Il pensiero di Trabattoni andava pure alle imposte differite (Dta) che grazie alla diventeranno crediti fiscali per chi comprasse l’istituto di credito valtellinese: “La nostra stima è di una dote di circa 360 milioni di euro, pari a circa 5 euro ad azione”, ossia un valore che – secondo il manager di Kairos – “riteniamo debba essere riconosciuto almeno in parte”.

Aveva manifestato il proprio dissenso per la mossa di Crédit Agricole Italia pure il fondo inglese Hosking Partners, socio dal 2018 con il 4,72%, che in una lettera spedita a Lovaglio e al cda spingeva i vertici di Creval ad attuare una strategia di difesa rispetto all’Opa lanciata da Credit Agricole Italia. “I risultati che avete raggiunto con il risanamento del bilancio e il miglioramento del core business hanno superato le nostre aspettative – scriveva Hosking Partners nella missiva -. Il fatto che il valore dell’azione di Credito Valtellinese abbia la migliore performance tra le banche europee degli ultimi due anni è una grande testimonianza di questi successi. Allo stesso modo, anche suscitare l’interesse di un acquirente è un grande complimento”. Detto questo, il fondo invitava a considerare il valore contabile tangibile quale elemento dirimente. “È un tema importante in quanto, se si considerano i crediti d’imposta fuori bilancio, il valore contabile tangibile sale a circa 1,8 miliardi, ovvero oltre un miliardo in più rispetto all’offerta di Crédit Agricole”. Se poi a questa cifra si sommassero anche i crediti d’imposta “il capitale in eccesso potrebbe superare i 500 milioni di euro” arrivando a una cifra tutt’altro che trascurabile per gli azionisti “che, come noi, hanno partecipato alla ricapitalizzazione nel 2018: vorremmo che questo capitale ci venisse riconosciuto”.

LE PROSSIME TAPPE

A questo punto cosa accadrà? Intorno a metà marzo dovrebbe essere pubblicato il documento d’offerta, già presentato a Banca Centrale Europea, Banca d’Italia e Consob e in attesa di approvazione. Tempo per un’offerta concorrente, scrive Milano Finanza, pare non ce ne sia visto che – secondo Equita Sim, advisor di Crédit Agricole Italia – doveva essere annunciata entro metà gennaio così da “ottenere le autorizzazioni necessarie da permettere la pubblicazione del documento d’offerta entro 5 giorni dalla data di chiusura del periodo di offerta di Crédit Agricole Italia”.

Nel caso in cui arrivasse un’offerta ora non potrebbe più essere considerata “concorrente” e, ad esempio, “non potrebbe essere attivato il meccanismo dei rilanci del prezzo ogni 5 giorni e l’allineamento dei periodi di adesione, che in precedenti scontri era stato determinante per incrementare il prezzo di offerta”. Peraltro il nuovo attore “dovrebbe confrontarsi con un primo azionista più forte, considerato che Crédit Agricole Italia al termine della sua offerta verrebbe a detenere una partecipazione in Creval almeno pari al 15% per l’impegno del fondo Algebris di conferire la propria quota. Dunque, il gioco potrebbe non valere la candela, sembra suggerire sotto le righe Equita”. A questo punto non resta che aspettare marzo e vedere se nel frattempo qualcuno si affaccia alla finestra.

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