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economia

La Cina blocca la plastica Pom di Usa, Ue, Giappone e Taiwan, tutto sui nuovi dazi

La Cina ha annunciato dazi fino al 75 per cento sulle importazioni di poliossimetilene, un tipo di plastica utilizzato nell'industria meccanica. La misura colpisce l'Ue, il Giappone e Taiwan, ma soprattutto gli Stati Uniti

La Cina ha annunciato dei dazi anti-dumping fino al 74,9 per cento sulle importazioni di poliossimetilene, un tipo di plastica utilizzato nell’industria meccanica, provenienti dall’Unione europea, dagli Stati Uniti, dal Giappone e da Taiwan.

I DAZI CINESI SULLA PLASTICA

L’imposizione della tariffa rappresenta la conclusione di un’indagine avviata nel maggio 2024, poco dopo il forte aumento dei dazi statunitensi – voluti dall’ex-presidente Joe Biden – su alcuni prodotti cinesi, come i veicoli elettrici e i semiconduttori.

Le importazioni di poliossimetilene dagli Stati Uniti sono ora soggette a un dazio del 74,9 per cento, mentre quelle dall’Unione europea a uno del 34,5 per cento. Leggermente più alte, al 35,5 per cento, sono le tasse sulle importazioni dal Giappone (ad eccezione di un’azienda specifica, la Asahi Kasei, sottoposta a un dazio del 24,5 per cento), mentre quelle da Taiwan sono al 32,6 per cento.

COS’È IL POM E A COSA SERVE

Il poliossimetilene, o Pom, è un polimero impiegato nella produzione di plastiche destinate alla costruzione di componenti elettronici, parti auto e attrezzature mediche, tra le altre cose. Le plastiche in questione sono dette termoplastiche: sono malleabili quando vengono riscaldate; se invece vengono raffreddate, assumono una forma solida. Le termoplastiche permettono una parziale sostituzione di metalli non ferrosi come il rame e lo zinco.

L’INDUSTRIA CHIMICA CINESE E IL RISCHIO PER L’EUROPA

Al di là dei dazi, la sovraccapacità cinese nella produzione di plastica rappresenta un rischio industriale per l’Europa. Secondo Plastics Europe, tra il 2012 e il 2022 gli impianti europei sono passati dal produrre il 20 per cento della plastica mondiale al 14 per cento; nello stesso periodo la quota della Cina è cresciuta dal 23 al 32 per cento.

A causa di uno squilibrio di competitività rispetto alla Cina e agli Stati Uniti, dove i costi di produzione sono molto più bassi, l’Europa sta importando le plastiche che consuma, anziché produrle da sé.

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