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Cina

E la Cina cosa fa su crisi bancarie e tassi?

La Cina mantiene invariati i tassi di finanziamento e osserva la crisi bancaria negli Stati Uniti. Ecco tutte le mosse della banca centrale.

 

A marzo, per il settimo mese consecutivo, la Cina ha mantenuto invariati i suoi tassi di finanziamento. Gli analisti lo avevano previsto, anche perché l’urgenza di un allentamento monetario è venuta meno la settimana scorsa: il 17 marzo la Banca popolare cinese, la banca centrale, ha annunciato una riduzione della quantità di denaro contante che le banche devono mantenere come riserva.

Così, il prime rate di prestito a un anno è stato mantenuto al 3,65 per cento, mentre il prime rate a cinque anni al 4,30 per cento.

LE RAGIONI DELLA MOSSA DELLA CINA

Bruce Pang, economista presso la società di servizi immobiliari Jones Lang LaSalle, ha spiegato a Reuters che nel breve termine non c’è necessità di un taglio dei tassi di interessi. E che, nonostante la ripresa debba ancora ingranare del tutto dopo la fine delle restrizioni anti-COVID, ci sono dei fattori che limitano le possibilità della Cina di allentare la politica monetaria, ad esempio il tasso di cambio dello yuan (la valuta nazionale) e la stretta monetaria globale.

Se infatti Pechino dovesse tagliare i tassi di interesse mentre gli altri paesi li alzano, l’aumento del differenziale di rendimento eserciterebbe una pressione al ribasso sullo yuan, rischiando di causare deflussi di capitale.

L’IMPATTO DELLA CRISI BANCARIA AMERICANA

Secondo Xing Zhaopeng, esperto di questioni cinesi della ANZ, la decisione della banca centrale cinese di ridurre il coefficiente di riserva obbligatoria (reserve requirement ratio, o RRR) degli istituti finanziari nazionali è stata una “risposta di emergenza” alla crisi bancaria negli Stati Uniti, con il fallimento di Silicon Valley Bank e la chiusura di Signature Bank. La Banca popolare, insomma, voleva evitare che la crisi americana contagiasse anche il settore bancario cinese.

Reuters scrive che il taglio dell’RRR è anche una misura volta a promuovere la crescita economica. Che si somma a un’altra mossa fatta dalla banca centrale cinese per stimolare la domanda: pur lasciando invariati i tassi di interesse, ha aumentato le iniezioni di liquidità a medio termine nel rinnovo dei prestiti agevolati in scadenza.

COSA PENSA UBS

La banca svizzera UBS – che comprerà la rivale Credit Suisse, in grandi difficoltà, per evitarne il fallimento – ha detto di aspettarsi che la Banca popolare cinese incentiverà le banche commerciali a rivedere al ribasso i tassi di deposito, riducendo i costi di finanziamento degli istituti e garantendosi dello spazio per un leggero taglio del prime rate di prestito.

Secondo Wang Tao, economista di UBS specializzato sulla Cina, il paese potrebbe abbassare il loan prime rate di dieci punti base per il resto del 2023, in modo da far scendere i costi di finanziamento per l’economia reale e i tassi dei mutui.

LA SITUAZIONE DELLA CINA

Shuli Ren, opinionista di Bloomberg che si occupa di mercati asiatici, ha fatto notare come la Cina, pur essendo uno dei paesi più indebitati al mondo (il rapporto debito-PIL è intorno al 300 per cento), stia mantenendo una relativa calma di fronte alla crisi bancaria internazionale.

Nonostante si parli spesso di un imminente “momento Lehman” per la Cina – l’ultima volta circa due anni fa, con la crisi del gruppo immobiliare Evergrande -, questo non si sia poi materializzato. Eppure il paese, scrive Ren, sembra “una bomba a orologeria”: oltre al rapporto debito-PIL, sia il fondamentale settore immobiliare che le finanze municipali sono gravemente indebitate.

In un’ottica di accentramento, Pechino sta istituendo una nuova autorità di regolazione nazionale con il compito di supervisionare tutti i settori finanziari, eccetto quello dei valori mobiliari, e garantire la stabilità. La banca centrale si occuperà invece delle politiche monetarie tradizionali, ad esempio fissando i tassi di interesse.

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