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Ci sarà uno scambio riforma Mes-nuovo Patto di stabilità?

Perché non è un buon affare per l'Italia che possano entrare nel medesimo pacchetto negoziale la riforma del Mes e quella del Patto di Stabilità. L'analisi di Giuseppe Liturri

 

Ci sono momenti in cui gli eufemismi sono di ostacolo alla comprensione di un fatto, e bisogna chiamare le cose con il loro nome. Ecco, a proposito della ratifica del Trattato del Mes – che in questi giorni le parole di alcuni esponenti europei hanno riportato alla ribalta – la menzogna è usata ormai senza alcun pudore.

È quanto ci sentiamo di affermare dopo la tre giorni del G7 dei ministri economici in Giappone conclusasi ieri. A margine degli incontri, il ministro Giancarlo Giorgetti ha dovuto fronteggiare nuovamente il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe e pure il Commissario agli Affari Economici Paolo Gentiloni non ha perso l’occasione per metterci il suo carico da 11 (“L’Italia ratifichi il prima possibile”).

L’irlandese ha voluto ricordare che “il trattato è stato ormai ratificati da tutti i membri dell’Eurozona” e che “senza il via libera di Roma nessun altro Paese sarà liberò di accedervi se ne avesse bisogno in futuro”.

Ma quest’ultima affermazione è palesemente non rispondente al vero. Oggi è pienamente in vigore un Trattato nel testo ratificato dal nostro Parlamento a luglio 2012 che consente a tutti gli Stati dell’Eurozona di accedere a due linee di credito (una precauzionale, l’altra a condizioni rafforzate). La riforma cambia soltanto le condizioni di accesso a tali linee di credito, rendendo più gravose le condizioni per accedere a quella precauzionale. Al punto che oggi, molti dei Paesi dell’Eurozona, in caso di bisogno, sarebbero costretti ad accedere direttamente a quella a condizioni rafforzate. Quella con il protocollo d’intesa “alla greca” e connesso programma di aggiustamento macroeconomico che metterebbe in ginocchio il malcapitato Paese, anziché aiutarlo.

Quindi, se proprio volessimo spaccare il capello in quattro, è proprio il Trattato riformato, bloccato dal Parlamento italiano, che impedirebbe a molti Paesi l’accesso ai fondi del Mes. La riforma del Mes – senza la quale pare che rischi di crollare il mondo – introduce un solo grande elemento di novità, e cioè il prestito del Mes a favore del Fondo di Risoluzione Unico (SRF) a corto di liquidità per salvare una grande banca europea dal dissesto. Quindi, al limite, dovrebbe essere il SRF a dolersi della mancata ratifica della riforma, giammai qualche Stato membro, come afferma Donohoe. Ma in questo caso, come analizzato qui in dettaglio, insistere significa ammettere che sta per saltare qualche banca europea e bisogna ricorrere all’estremo strumento di salvataggio. Una toppa peggiore del buco.

Sempre a proposito di Mes, preoccupa e non poco la posizione negoziale che il governo italiano ha manifestato ufficialmente nel comunicato finale. Infatti pare che si stia facendo largo una posizione negoziale che vede il Mes come merce di scambio per ottenere modifiche al Patto di Stabilità, le cui trattative sono già nel vivo. In particolare, il governo italiano punta all’esclusione, dal calcolo dei parametri da rispettare, degli investimenti per digitale e green. È quello che si legge testualmente:

Il Mes e la nuova governance europea sono stati invece i temi principali discussi tra Giorgetti e il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe nel corso di un colloquio dove il ministro ha rinnovato la disponibilità al dialogo sul trattato se introdotto in una cornice di modifiche già avanzate dall’Italia, in particolare l’esclusione temporanea di alcune spese per gli investimenti in ambito digitale e per la transizione green, compresi quelli del Pnrr”.

Nulla di nuovo. Sappiamo che in Europa si mercanteggia in questo modo. È la famosa “logica di baggheddo” che l’allora Presidente Giuseppe Conte cercò di fare passare. Ma poi finì che accettammo subito gli aspetti negativi per noi e quelli positivi (completamento dell’unione bancaria) furono rimandati alle calende greche.

Ma ora anche solo pensare che possano entrare nel medesimo pacchetto negoziale la riforma del Mes – che è semplicemente irricevibile e la cui unica riforma dovrebbe essere quella che ne dispone la liquidazione – e quella del Patto di Stabilità – che deciderà il futuro della politica economica del nostro Paese nei prossimi anni – è semplicemente un suicidio. Portare (forse) a casa il risultato di un Patto di Stabilità leggermente meno recessivo in contropartita di uno strumento che sembra fatto apposto per creare problemi al nostro Paese, soprattutto nella versione riformata, è solo un pessimo affare. Il Mes non può e non deve entrare in alcun pacchetto negoziale e male ha fatto il ministro Giorgetti a prendere quella strada che finisce in un burrone.

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