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Sala

Chi sbraita contro Sala sulle gabbie salariali?

L’intervento di Walter Galbusera, già ai vertici della Uil, sulle dichiarazioni del sindaco di Milano, Beppe Sala

 

Il sindaco di Milano Beppe Sala ha dichiarato in un dibattito con un gruppo di giovani del Pd che “se un dipendente pubblico, a parità di ruolo, guadagna gli stessi soldi a Milano o a Reggio Calabria, è intrinsecamente sbagliato, perché il costo della vita in quelle due realtà è diverso”.

Apriti cielo! Come era (purtroppo) prevedibile, si sono scatenate in sede politica reazioni indignate e assai poco giustificabili da un fronte composito: amministratori di comuni del sud, esponenti di Fratelli d’Italia, ministri del Pd come Enzo Amendola (Affari Europei), Giuseppe Provenzano (Mezzogiorno) ed esponenti dell’ala massimalista del Pd come Pierfrancesco Majorino che viene indicato come uno dei possibili candidati a primo cittadino di Milano in caso di rinuncia di Sala a ripresentarsi nel maggio del prossimo anno.

Qualunque persona normale, a prescindere dal giudizio che si voglia dare di Sala come sindaco, non potrebbe che convenire con la sua affermazione essendo evidente che non si tratta di una richiesta di peggiorare le condizioni contrattuali di un dipendente del comune di Reggio Calabria ma di tener conto del fatto che il costo della vita di Milano è assai più elevato. Peraltro non manca una consistente attività contrattuale tra sindacato degli enti locali e comune di Milano.

Ma la questione sollevata da Sala è anche una delle ragioni che hanno portato insegnanti del mezzogiorno assunti a Milano a parlare di “deportazione”, giacché i costi che dovevano sopportare per il trasferimento riducevano le loro disponibilità ai limiti della sopravvivenza. Non è un caso che nelle scuole del nord in particolare nei grandi centri urbani, che dovranno far fronte anche alle conseguenze del dopo Covid, nonostante il numero rilevante di insegnanti disoccupati o non utilizzati nel sud, manchino molti docenti e si dovrà andare alla caccia faticosa di supplenti. La soluzione a questa grave distorsione non è semplice ma è ragionevolmente praticabile e consiste nell’introdurre la contrattazione decentrata (che solo in parte esiste) in tutti i contratti pubblici anche per tener conto dei differenziali del costo della vita.

La situazione oggi in vigore per il pubblico impiego è proprio il contrario di quella che paventano i critici di Sala. Le “gabbie salariali” sono rovesciate e danneggiano i lavoratori pubblici, a partire dai grandi centri urbani dove il costo della vita è innegabilmente più elevato.

Allo stesso modo di chi sostiene che la terra è piatta, si sono sentite voci in difesa del principio che nel mezzogiorno i dipendenti pubblici dispongano di una retribuzione reale superiore a quella del nord, ma bisognerebbe spiegarlo con argomenti convincenti. Per il settore privato, dove le “gabbie” furono abolite quasi trent’anni fa, accanto al contratto nazionale si collocano i contratti integrativi decentrati. Il problema non esiste perché le retribuzioni di fatto sono determinate, oltre che da produttività, redditività e professionalità, anche dal livello del costo della vita. Tocca ora ai sindacati del pubblico impiego farsi avanti per difendere il principio della parità di trattamento dei dipendenti pubblici e per sviluppare, nel quadro di diritti e garanzie comuni per tutti lavoratori, una contrattazione decentrata che non solo garantisca il potere d’acquisto delle retribuzioni ma aumenti anche l’efficienza dei servizi pubblici.

Purtroppo la qualità del confronto politico è sceso a livelli impensabili. Non solo la gran parte degli esponenti di opposizione rifiutano gli argomenti degli avversari di governo senza entrare nel merito (e viceversa) ma in questa vicenda la stessa regola sembra valere all’interno del medesimo partito di appartenenza. Che senso ha che due ministri prendano le distanze da una dichiarazione del sindaco di Milano che non solo è legittima ma è del tutto fondata? Forse i due ministri sono ormai prigionieri dell‘idea sciagurata per cui “uno vale uno” dei 5 Stelle e la applicano dovunque e comunque. Certo se ci presentiamo così in Europa non facciamo una gran figura. È comprensibile che si tema l’arrivo della troika, ma dovremmo preoccuparci anche dei guai altrettanto irreparabili che provocano i nostri “terrapiattisti”.

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