Sarà semplice staffetta o vagheggiata discontinuità programmatica? Le prime bozze del programma elaborato non sciolgono il nodo. Dovessimo scommettere punteremo sul nero, o meglio sul giallo, piuttosto che sul rosso. Poi si tratterà di vedere cosa succederà in Parlamento, dove i rapporti di forza non sono a favore dei 5 stelle. Com’è già avvenuto, qualche mese fa, a proposito della Tav. Il sospetto di un’alleanza trasversale ed inedita preoccupa fin da ora Di Maio & Co. Cosa succederà se l’idea, al momento più che sfumata, di punire duramente Atlantia e revocargli le concessioni autostradali dovesse essere mantenuta?
Quindi l’ipotesi di programma elaborato, con le sue grandi genericità e compromessi linguistici, rappresenta meno di un canovaccio. Altro che rifarsi al modello tedesco, come pure era stato ventilato. Non ci sarà quel librone di centinaia di pagine, frutto della solerzia teutonica, dove elencare, con grande dovizia di particolari, le azioni da intraprendere. Non ci sarà, perché non è questo, in Italia, lo spirito del tempo. Il governo avrà l’obiettivo prevalente di evitare il ricorso alle urne. Il resto vale poco o nulla. Sarà quindi un continuo galleggiare, per evitare incidenti di percorso forieri di portare acqua al mulino dell’odiato Matteo Salvini.
Nelle bozze ad esempio si intravede solo un minimo comune denominatore, talmente piccolo da non uscire dal tracciato della normale amministrazione. Unica cosa certa l’impegno ad evitare l’aumento dell’Iva e delle accise ed al tempo stesso contenere il più possibile il deficit di bilancio. Non proprio una novità, visto che anche nel precedente governo l’impegno era totalmente condiviso.
Dalla parte di Giuseppe Conte vi potrà essere una maggiore benevolenza da parte della Commissione europea. Per il resto si vedrà. Fino a che punto potranno essere spinte le politiche di redistribuzione, senza aumentare tasse ed imposte sui ceti più abbienti, comunque già colpiti dalla crisi? Questo il grande interrogativo che rimane senza risposta, in una fase congiunturale segnata dall’incertezza e dal ristagno nella produzione del reddito.
Scompare dall’orizzonte ogni ipotesi di riforma fiscale. Non tanto la flat tax, agitata come un grande bandierone identitario, quanto quelle parole più meditate che lo stesso Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, non aveva esitato a pronunciare.
Vi sarà forse un minimalista intervento sul cuneo fiscale e sul salario minimo, sempre che si possano trovare le risorse necessarie per evitare di spendere con la mano sinistra quel che si raccoglie con la mano destra. Ma la svolta di politica economica, che pure sarebbe necessaria, è rinviata ad un lontano domani.
Molti commentatori hanno descritto questo governo come il più a sinistra della storia d’Italia. La nostra impressione è diversa. Sarà, probabilmente, il governo del “giorno per giorno”, senza ambizioni e respiro strategico. Ma quel conta, come diceva il sommo Andreotti, è tirare a campare. Meglio sempre che tirare le cuoia.
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