skip to Main Content

Carige, ecco come e perché i piccoli azionisti sono imbufaliti

Cos'è successo in questi anni a tanti piccoli soci di Banca Carige

 

Perché si è voluta salvare Carige, ancora una volta? E’ questa la domanda che Beppe Damasio, storico piccolo azionista dell’istituto di credito ligure, si pone da luglio quando l’assemblea dei soci ha detto sì al piano di salvataggio da 900 milioni di euro con annesso aumento di capitale da 700 milioni di euro.

Ex direttore dell’Italsider, dove ha lavorato per 35 anni, Damasio ha un rapporto molto stretto con la città della Lanterna e non a caso ancor oggi dedica tante energie a quella che per anni è stata la banca dei genovesi, dove “quando si entrava era come entrare in un’altra casa”.

IL NUOVO PIANO INDUSTRIALE

“Come già successo, anche stavolta il nuovo aumento di capitale andrà perso”, dice ricordando di aver partecipato in passato a due aumenti. “Nel nuovo piano industriale si punta solo a ridurre l’occupazione e il numero delle filiali, non c’è modo di capire in quale direzione vuole andare l’istituto, in cosa vuole specializzarsi. Questo è il vero e reale problema”. E pure il cruccio delle migliaia di piccoli soci che – oltre a perdere tanti soldi – hanno visto venir meno il rapporto con l’istituto per anni foraggiato proprio da loro, il ceto medio della città, “ricchezza e patrimonio di Carige”.

CHI SONO I PICCOLI AZIONISTI

Damasio racconta di come i tanti piccoli azionisti siano rappresentativi di buona parte dei clienti arrivati quando Carige è stata trasformata in spa, nel 1991. Tra loro anche molti che hanno convertito in azioni i precedenti prestiti obbligazionari. Insomma, quelli che “rappresentano la banca del passato” ma che oggi “non vogliono fare esternazioni, si sono chiusi a riccio”, da bravi genovesi, perché “Genova reagisce nel silenzio”.

Sono quelli che non fanno parte di Azione Carige (circa 450 soci che hanno in mano una quota intorno allo 0,7%), l’associazione che dopo l’assemblea ha incontrato i tre commissari – Pietro Modiano, Fabio Innocenzi e Raffaele Lener – per avere azioni a sconto. Azione Carige “non rappresenta l’ambito dei piccoli azionisti – spiega Damasio -, sono per lo più dipendenti ed ex dipendenti, anche nell’ultima assemblea la loro presenza era motivata più dal problema occupazionale che dalla ricerca di giustizia”. Quella che invece questo storico azionista non smette di cercare perché “il problema dei piccoli soci è sociale ed economico, non è certo quello di entrare nella governance della banca”.

LA CLASS ACTION DEL 2015 E IL RICORSO ALLA CONSOB

Giustizia che in questi anni si è cercata in vario modo. Per esempio nel 2015 con una class action di circa 260 persone, neppure portata avanti per motivi formali. “Una batosta enorme – ricorda Damasio che era il presidente del comitato che tentò l’operazione – perché il Tribunale ci ha anche costretto a pagare le spese, pari a 20mila euro”. Senza contare i soldi persi con la svalutazione degli investimenti: è difficile fare un calcolo, dice, ma c’è chi in Carige ha messo più di 300 mila euro e ora se ne ritrova 79. Gente che ha investito i soldi per comprare la casa ai figli e ora non si ritrova neppure il denaro per qualche mobile. Appunto, anche un problema sociale e umano che – questa l‘accusa – “è stato sottovalutato, da tutti, comprese le istituzioni e la Chiesa, a differenza di quanto avvenuto per esempio nel caso delle banche venete (Popolare Vicenza e Veneto Banca, in liquidazione coatta amministrativa da giugno 2017 ndr).

In seguito c’è stato il ricorso all’arbitro per le controversie finanziarie (Acf) della Consob: “Speravamo in un arbitro imparziale e invece abbiamo trovato un consulente Carige”.

LA PROPOSTA SULLE INDENNITA’

Nell’ultima assemblea Damasio ha avuto ancora una volta la forza di dire la sua e ha proposto che i 10 milioni di azioni gratuite di indennità per i piccoli azionisti venissero dati tenendo in considerazione due coefficienti: il periodo d’acquisto delle azioni; se si era aderito o meno ad aumenti di capitale. “Era un modo per premiare chi aveva veramente creduto nella banca e non chi aveva solo speculato, acquistando quote negli ultimi tempi. Invece l’indennità proposta era solo in base al numero delle azioni possedute, a 1 centesimo l’una. Dunque, io che ho 52.500 azioni, avrei raccolto un bonus di 52,5 euro”.

Back To Top