skip to Main Content

Carige, i dubbi sul ruolo di Cassa centrale banca (Ccb) e la spaccatura nella famiglia Malacalza

Perché dopo l'aumento di capitale di Carige approvato dai soci si aprono una serie di incognite per la banca genovese, per la stessa Ccb e per l’autorità di vigilanza.

 

L’aumento di capitale di Carige è stato deliberato grazie alla famiglia Malacalza che non ha partecipato alla votazione, consentendo di fatto di salvare la banca ligure. Ma il padre Vittorio Malacalza (con lo 0,16%), tramite un delegato, ha votato contro, a differenza della società Malacalza Investimenti (primo socio con il 27,5% di Carige) – di proprietà dei figli – che non si è presentata: una spaccatura fra padre e figli, ha sottolineato oggi il quotidiano Il Messaggero. Spaccatura vera o teatrino finanziario?

Comunque dipendenti, commissari, azionisti e politici tirano un sospiro di sollievo, a seguito dell’opzione di acquisto della maggioranza concessa a Cassa centrale banca (Ccb) si aprono una serie di incognite per la banca genovese, per la stessa Ccb (Cassa centrale banca) e per l’autorità di vigilanza.

LA STRATEGIA DI MALACALZA

La famiglia Malacalza si è recata in assemblea per verificare che fosse validamente costituita e, una volta constatato il raggiungimento del quorum, ha lasciato l’assise senza partecipare al voto. In sostanza, ha consentito l’aumento di capitale ma si è riservato la possibilità di impugnare la delibera e di fare causa per non aver ricevuto la medesima offerta concessa a Ccb (opzione all’acquisto delle azioni del Fitd con sconto del 50% da esercitare tra luglio 2020 e dicembre 2021) ed essere così costretto a vedersi diluire la propria quota societaria (dall’attuale 27,5% ad una quota compresa tra il 2% ed il 5% nell’improbabile ipotesi che sottoscriva l’aumento a lui spettante).

Riserva che avranno anche gli altri azionisti che non hanno votato o che hanno votato contro la delibera di aumento di capitale protestando anche in modo vivace (come raccontato da Il Fatto Quotidiano del 21 settembre 2019).

In effetti in assemblea era presente il 47,66% del capitale e che ha votato favorevolmente il 91% dei presenti, ossia il 43,3% del capitale sociale di Carige, mentre il restante 56,7% si è lasciato “le mani libere” di agire contro la delibera.

LE INCOGNITE PER CARIGE

“Se Cassa centrale non sale (se non esercita l’opzione di acquisto per arrivare a detenere la maggioranza del capitale di Carige, ndr) si va a vedere quale partnership riusciremo a trovare”, ha detto Fabio Innocenzi, uno dei tre commissari di Carige.

Pur consci del fatto che Ccb potrebbe non esercitare l’opzione di acquisto azioni per salire all’80% del capitale, i commissari sono consapevoli che la banca sarà ripulita di tutti i Npl, ma che nel frattempo avrà bisogno di una rigorosa ristrutturazione che preveda un’importante riduzione dei costi operativi, in particolare del personale e di un’efficace ed efficiente gestione che manca da circa 6 anni.

Non a caso si parla già della nuova governance che la banca ligure dovrebbe avere non in appena sarà stato completato l’aumento di capitale, con lo stesso Innocenzi in lizza per la riconferma a quel ruolo di amministratore delegato che venne scelto proprio da Malacalza.

E QUELLE PER CCB (CASSA CENTRALE BANCA)

Oltre a farsi carico di una difficile ristrutturazione insieme alle problematicità legate alla peculiarità del gruppo bancario cooperativo, Ccb dovrà valutare sia l’impatto delle possibili cause giudiziarie di quel 56,7% di soci che non hanno votato la delibera di aumento di capitale (Malacalza in primis, ma non solo), sia l’acquisizione della nuova compagine sociale (alquanto numerosa e rumorosa e che presenta caratteristiche tipiche delle società lucrative, completamente differenti da quelle mutualistiche e cooperative dell’attuale compagine di Ccb e delle Bcc affiliate).

Ccb dovrà tenere in seria considerazione anche le valutazioni che nel frattempo saranno state espresse dalle società di rating (Moody’s ha già paventato il possibile downgrade per effetto dell’acquisizione Carige) e gli umori delle Bcc affiliate, le quali, questa volta, non potranno non essere consultate attraverso un’assemblea qualora Ccb decidesse l’esercizio dell’opzione di acquisto della maggioranza che dovrà condurre alla successiva fusione (L’Adige del 21 settembre 2019 parla addirittura di una possibile fusione inversa per consentire alla capogruppo trentina di quotarsi celermente in borsa).

Tuttavia, gli aspetti che dovranno essere maggiormente esaminati dalla capogruppo trentina prima di avventurarsi in un’acquisizione di maggioranza sono rappresentati dall’impatto che l’Aqr (Asset quality review) avrà sia sulle Bcc che sulla solidità dell’intero gruppo cooperativo e dalla capacità di gestire una banca spa in difficoltà da oltre 6 anni con un elevato numero di sportelli e di dipendenti.

I MAL DI TESTA DI BANKITALIA

Specie in considerazione delle criticità evidenziate dai principali esperti della materia circa la possibilità di snaturare il gruppo cooperativo o di rendere incostituzionale la legge di riforma delle Bcc (Marco Sepe su Firstonline e Francesco Capriglione su Il Sole 24 Ore), la Banca d’Italia potrebbe trovarsi anch’essa in difficoltà nel momento in cui Ccb, tra luglio 2020 e dicembre 2021, decidesse di esercitare l’opzione di acquisto per la maggioranza di Carige, dato che tale scelta implicherebbe una richiesta di autorizzazione alla Vigilanza.

Con l’aumento di capitale appena deciso da Carige, Ccb verrà a detenere il 9% del capitale e non è richiesta alcuna autorizzazione. Invece, in base all’attuale normativa bancaria – nota analisti del settore – per partecipazioni superiori al 10% è richiesta un’autorizzazione espressa dell’Autorità di vigilanza.

Non è scontato, quindi, che, nonostante Ccb abbia un’opzione per acquisire la maggioranza del capitale di Carige, la stessa possa essere autorizzata ad esercitarla, tanto più se le incognite esaminate per Ccb dovessero assumere una certa rilevanza agli occhi della Vigilanza e se l’operazione (anche solo per dimensione) dovesse compromettere le finalità mutualistiche del gruppo.

Back To Top