Quando si parla della bolla dell’intelligenza artificiale, si può partire da due articoli di agosto 2023.
In quel momento, “Bloomberg”, sulla base delle note di Morgan Stanley ci ricordava che, se NVIDIA è un riferimento per la bolla, stava ormai raggiungendo il picco. Nello stesso periodo, il “Washington Post” notava l’ascesa delle paure della bolla, in un contesto in cui ogni startup sosteneva di essere impegnata nell’intelligenza artificiale.
A più di due anni di distanza, possiamo riscontrare due elementi: a) quella “bolla” teorizzata nel 2023, e in quasi tutti gli altri mesi da due anni a questa parte, in ogni evidenza non è ancora scoppiata; b) la discussione sulla bolla, già intensa due anni fa, è diventata ancora più intensa, ormai un argomento obbligatorio per ogni dialogo, a cui devono rispondere i vari Sam Altman, Jeff Bezos, Jensen Huang, o gli operatori finanziari come Jamie Dimon, Ray Dalio e compagnia. Su quest’ultimo punto, bisogna ricordare che, per l’incidenza del ciclo dell’intelligenza artificiale nei mercati finanziari, pressoché chiunque ha un interesse, in un senso o nell’altro. Lo stesso vale per chi fornisce ad alcune testate (soprattutto “The Information” ha da anni questa funzione) certi scoop: si tratta di mosse interessate da parte degli operatori, che vogliono condizionare il mercato in un senso o in un altro.
I discorsi attuali sulla bolla si concentrano soprattutto su due elementi: la fase del ciclo in cui siamo e la cosiddetta “economia circolare”.
Nel primo punto, l’analogia con la bolla dot.com si può riferire al 1996 o al 1999: c’è una netta differenza, nei valori e nelle prospettive, se l’infrastrutturazione dell’intelligenza artificiale (il superciclo dei data center) si trova nell’anno 2 o 3 di un processo decennale (come sintetizza Lisa Su di AMD, ovviamente per fare i propri interessi e spingere il titolo) oppure se, per esempio, nel 2026 inizieremo a vedere qualche correzione al ribasso di una crescita composta che comunque non potrà durare in eterno.
La “circolarità” degli investimenti, come nei recenti accordi o in un grafico eloquente di Bloomberg, afferma la centralità di NVIDIA nell’ecosistema fino al punto in cui l’azienda di Jensen Huang investe in OpenAI affinché la startup di Altman compri i suoi sistemi, oltre a continuare a gestire in modo aggressivo e circolare il rapporto con i cosiddetti “neocloud” (CoreWeave, quotata appena quest’anno, capitalizza circa 70 miliardi).
Come ho spiegato nel mio libro Geopolitica dell’intelligenza artificiale, Jensen Huang ha comunque descritto da tempo questa strategia e continuerà a perseguirla. Se non si capisce e conosce in modo profondo questa prospettiva, fare discorsi del genere è in sostanza inutile.
Per Jensen Huang, il “momento iPhone dell’intelligenza artificiale” è l’opportunità di rendere la sua azienda l’attore indispensabile di questo ciclo tecnologico e dei prossimi. Ha orchestrato la filiera e continua a farlo e non è possibile che, nel medio termine, ci sia un direttore d’orchestra paragonabile a NVIDIA. Sa però che una sua fragilità evidente è la dipendenza dagli investimenti degli hyperscaler; perciò, si è “inventato” i neocloud e l’intelligenza artificiale sovrana, per avere opzioni di diversificazione. Per questa ragione, e per lo sviluppo, ha bisogno anche del mercato cinese, di un mondo non troppo diviso, altrimenti non si riesce a ottenere il prodotto con questo ritmo. Inoltre, la sua idea del ciclo dell’intelligenza artificiale è che la rivoluzione dei data center deve migrare in altri mercati di riferimento e aggredirli, soprattutto con l’evoluzione della robotica; quindi, ha usato e userà alcuni dei suoi enormi e reali profitti per fare gigantesche scommesse in questo senso. Nel mentre, continuerà a spingere ferocemente questo ciclo fino a quando sarà possibile.
Non deve sfuggire anche che NVIDIA ha una competenza interna su cosa sono le bolle superiore a chi si limita a parlarne, perché la direttrice finanziaria dell’azienda dal 2013, Colette Kress, ha lavorato tra l’altro per Cisco.
Anche questo ciclo tecnologico, come ogni altra cosa umana, conoscerà senz’altro le sue battute d’arresto e il suo declino. Eppure, è ancora difficile capire se siamo nel 1996 o nel 1999. Oppure, nel 2023.







