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Goitini Bnl

Perché Bnl della francese Bnp fa imbestialire i sindacati

Tutte le ultime tensioni fra vertici di Bnl (gruppo Bnp Paribas) e sindacati. L'articolo di Emanuela Rossi.

 

Continuano le fibrillazioni in casa Bnl. Bnp Paribas, il gruppo francese che ha acquisito nel 2006 il controllo dell’istituto di credito, è intenzionato a ridimensionarne la forza lavoro ma continua a trovare l’opposizione dei sindacati che dicono no all’esternalizzazione di 900 lavoratori e la conseguente chiusura di filiali e di uffici amministrativi. Peraltro si tratta di un’ulteriore tappa in un processo che va avanti già da qualche mese: va ricordato infatti che all’inizio del 2021 è stato ceduto il 40% di Bnl Finance, specializzata nella cessione del quinto, a Poste Italiane e che nelle ultime settimane dell’anno è previsto il closing dell’operazione di vendita dell’80% di Axepta a una società francese, che porterà all’uscita altri 110 dipendenti.

I PIANI DI BNP PARIBAS

Ora, nello specifico, Bnp Paribas vuole cedere otto rami d’azienda. Secondo le indiscrezioni raccolte da Startmag si partirebbe con il banking service platform, che si occupa dell’Information Technology. In questo caso l’esternalizzazione coinvolge circa 270 persone su un totale di circa 650 dipendenti della Direzione IT. Gli altri sette rami appartengono invece al comparto del back office e della logistica. Tra i primi vi sono le attività di entrata in relazione, gli strumenti di pagamento, i flussi, le successioni e i mutui. Questi elementi portano a ritenere che l’azienda, considerando rami distinti ciascuno degli uffici che intende cedere, stia provando a rispettare i requisiti della normativa che impone preesistenza e autonomia funzionale di ciascun ramo prima della cessione, nella consapevolezza che queste attività, oggi suddivise in vari ambiti, non possano costituire un ramo. I lavoratori di questi sette rami del back office e della logistica sono circa 560 su un totale di circa 1.400 che operano nell’intero back office.

COSA PENSA DELL’IT L’AMMINISTRATORE DELEGATO DI BNL

Del settore it ha parlato in un’intervista al Corriere della Sera anche l’ad Elena Goitini, che non ha dubbi: “Crescita e trasformazione devono andare di pari passo. E il modo in cui facciamo banca deve cambiare”. “Il sistema filiale-centrico è il passato, c’è stato l’online, poi l’omnicanalità – ha detto -. Ora servono gli ecosistemi, tecnologia e dati sono i punti di forza. Vanno sfruttati muovendosi su piattaforme”. E ancora: “La trasformazione digitale non è solo la digitalizzazione dei processi ma è una nuova interazione con i clienti, abilitata da due elementi, la tecnologia e i dati”. Secondo l’ad di Bnl occorrono “scelte industriali capaci di tenerci al passo con l’evoluzione tecnologica. Come banca dobbiamo focalizzarci sulle cose che sappiamo fare bene: gestire il risparmio, affiancare le imprese, le famiglie anche per rispondere ai nuovi bisogni. Laddove è necessaria la scala, come, ad esempio, nell’IT, vogliamo sviluppare partnership, per accelerare e, allo stesso tempo, valorizzare le persone. Stare al passo con il nostro capitale digitale e umano”.

LE CRITICHE DEI SINDACATI

La paura delle organizzazioni sindacali, secondo quanto ricostruito da Startmag, è in sostanza lo smembramento dell’azienda. Il piano industriale, rilevano in una nota unitaria Fabi, First Cisl, Fisac Cgil Uilca Uil e Unisin, “impacchetta servizi e lavoratori (ai quali sicuramente ne seguirebbero altri) per cederli a società industriali, riducendo i bancari ad una riserva in via di estinzione, prelude ad un impatto penalizzante su tutto il gruppo, rete compresa, sulla quale gravano pesanti ricadute in termini di mobilità, di demansionamento, di professionalità, di aumento di responsabilità a seguito della preannunciata riorganizzazione”.

Nei giorni scorsi i segretari di Coordinamento di Gruppo Bnl Luigi Mastrosanti (Fabi), Valerio Maurizio Fornasari (First Cisl), Martina Braga (Fisac Cgil), Andrea D’Orazio (Uilca), Tommaso Vigliotti (Unisin) si sono rivolti anche a Uni Global Union, la federazione internazionale che riunisce oltre 900 sindacati del settore dei servizi per “sensibilizzare Uni sulla vicenda che sta investendo una delle aziende del settore credito e finanza italiani che ha sempre vantato delle ottime relazioni sindacali che hanno consentito alla Banca Nazionale del Lavoro (BNL), di proprietà del gruppo francese BNP Paribas, di attraversare momenti critici senza lasciare per strada nemmeno una collega o un collega, anzi andando anche controtendenza e internalizzando intere aziende di servizio”.

Secondo i sindacati italiani “quello che sta succedendo in Bnl è qualcosa che svilisce il confronto sindacale. (…) Il piano industriale, in sintesi, prevede la chiusura di 135 agenzie di vendita su 705 totali e l’esternalizzazione di 830 lavoratrici e lavoratori (su 11.800), con la sola crescita di agenti di vendita non dipendenti. L’atteggiamento arrogante della proprietà è evidente – scrivono ancora -: privarsi di 830 lavoratrici e lavoratori non per coprire delle perdite o per ripartire, ma per aumentare i profitti a scapito della buona occupazione ed in nome della remunerazione del capitale, è qualcosa che non possiamo accettare da una azienda in ottima salute, peraltro ripartita grazie ai sacrifici fatti da tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori nel precedente piano industriale (2017-2020), anche con giornate di solidarietà”.

SCADUTI I TERMINI DI LEGGE PER L’ACCORDO SINDACALE SULLE PROCEDURE DI RIORGANIZZAZIONE

Nel frattempo, pochi giorni fa, sono scaduti i termini di legge per arrivare a un accordo sindacale riguardo alle procedure di riorganizzazione. Ed è la prima volta, sottolineano Fabi, First, Fisac, Uilca e Unisin, che “si chiude la procedura senza accordo sindacale. L’azienda ha lasciato scadere i termini, di fatto scaricando sulle lavoratrici e i lavoratori ‘la colpa’ di questa risultanza, magari pensando di aver dato una apertura a trattare”. Per le sigle citate, peraltro, la proposta fatta dai vertici aziendali è “inaccettabile e addirittura provocatoria”. Ora spazio alle assemblee con i dipendenti per “esprimere il loro disappunto” e scegliere “forme di lotta”.

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