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Nomine

Cdp, Bcc, Tesoro, Eni e non solo. Tutti i subbugli fra Tria, Di Maio e Salvini su nomine e non solo

Che cosa sta succedendo fra i leader dei due partiti della maggioranza di governo e il ministro dell’Economia su alcune delle principali partite economiche fra nomine (Cdp e non solo) e dossier come Bcc e Ferrovie-Anas. Lo speciale di Start Magazine con fatti, indiscrezioni e approfondimenti Nomine di peso decise, ma non mancano gli strascichi…

Nomine di peso decise, ma non mancano gli strascichi polemici per le tensioni fra i leader di partito della maggioranza e il titolare dell’Economia, nonché tamburi di guerra verso con attacchi diretti a consiglieri di amministrazione di società partecipate dal Tesoro indicati dai precedenti governi.

Ecco il punto della situazione dopo le decisioni di ieri per Cassa depositi e prestiti e per la direzione generale del ministero dell’Economia.

Al termine di una riunione con il ministro dell’Economia Giovanni Tria e con il premier Giuseppe Conte, il vicepremier Luigi Di Maio (M5S) e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti (Lega), c’è stato il via libera al nome in quota M5s e gradito alla Lega: sarà Fabrizio Palermo, attuale direttore finanziario della Cassa, il numero uno di Cdp e non Dario Scannapieco, vicepresidente della Bei, gradito a Tria.

Il ministro dell’Economia tiene però il punto sul direttore generale del Tesoro: sarà Alessandro Rivera, a capo della direzione Finanza e Affari legali del Mef, a lungo osteggiato dai partiti, a sostituire Vincenzo La via.

Alla Lega spetterebbe la scelta del capo azienda di Ferrovie al posto di Renato Mazzoncini, nominato dal governo Renzi e rinviato a giudizio: dovrebbe sostituirlo Giuseppe Bonomi, ex numero uno della Sea. Una scelta che sarà connessa con la volontà dei due partiti della maggioranza di rottamare la fusione fra Ferrovie e Anas voluta dal governo Renzi.

Placata la bufera, in serata, Conte sale al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che è di ritorno da una visita di Stato nel Caucaso. Il colloquio, che è stato tenuto riservato, secondo fonti di Palazzo Chigi non è stato fatto alla luce delle leggi nel governo.

In oltre un’ora di colloquio si tratta di vertice Nato ma anche del decreto milleproroghe, con il nodo aperto delle banche di credito cooperativo: il governo vorrebbe rinviare (per poi modificare) la riforma renziana, ma il Tesoro frena.

Si dimetta chi non è in linea col governo: questo è il senso del messaggio di pentastellati e leghisti in tema di nomine. Lo si legge nelle parole di Di Maio, che si duole di “non poter rimuovere” il presidente dell’Inps Tito Boeri. Ma ancor di più in quelle del sottosegretario M5s Stefano Buffagni, che invita Fabrizio Pagani, già capo della segreteria tecnica di Padoan, a “liberare il posto” nel cda di Eni. “Pagani ci tolga dall’imbarazzo. Vorremmo evitare di usare la legge Frattini” che regola lo spoil system “lì come in altre realtà”, dice Buffagni.

Nei piani leghisti e, soprattutto, pentastellati, Cdp svolgerà un ruolo rilevante nell’orientare gli investimenti pubblici italiani. Se già adesso la Cassa ha partecipazioni importanti in Poste e Fincantieri – così come in Terna, Snam e Italgas tramite Cdp Reti – in futuro potrebbe avere un ruolo di rilievo per Alitalia o per Ilva: tutta da verificare la compatibilità di questi dossier con le regole attuali della Cassa. Senza dimenticare che, da qualche mese, la Cassa possiede circa il 5% di Tim, dove ha favorito l’ascesa del fondo Elliott, mentre controlla con Enel la società Open Fiber per la realizzazione della banda larga.

Inoltre gli addetti ai lavori si aspettano – anche nell’ambito di un’operazione di riduzione del debito pubblico italiano – l’attuazione del progetto Capricorn, corretto per non diluire le fondazioni bancarie timorose di perdere peso e potere in Cdp, che prevede lo spostamento delle quote delle grandi spa pubbliche (come Enel, Poste, Leonardo) sotto il controllo della Cassa.

Il capo M5 nega anche di aver chiesto le dimissioni di Tria. Ma le ruggini restano, rispetto a un ministro dell’Economia considerato da M5s e Lega troppo “autonomo” e “garante dell’establishment”. Le tensioni non sono sopite. Non solo Tria deve ancora assegnare le deleghe ai sottosegretari, ma le future scelte saranno su Fs e Rai, oltre che in altri cda e collegi sindacali di società partecipate o controllate dal Tesoro.

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