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Barilla Olanda

Dove c’è Barilla c’è casa (anche in Olanda)

Perché il gruppo alimentare italiano costituisce Barilla International, una holding per l'internazionalizzazione, in Olanda? Fatti e approfondimenti

 

Le prime notizie in tal senso risalgono all’inizio dello scorso giugno, quando il gruppo, sinonimo della cucina italiana nel mondo, aveva annunciato l’intenzione di aprire un hub per lo sviluppo ad Amsterdam. Di fronte allo stupore del mercato italiano, dal pastificio avevano rassicurato che Parma sarebbe rimasta centrale. Medesimo messaggio che si premura di dare oggi il Corriere della sera, che però riporta pure che “il piano di riorganizzazione fa perno su una holding olandese, la neo-costituita Barilla International BV, con sede ad Amsterdam”, quindi non solo sede legale.

“Dal 2024 il gruppo – scrive infatti il quotidiano Rcs – Barilla avrà un nuovo formato societario. Nei mesi estivi ha preso corpo il riassetto del colosso italiano della pasta che mira ad accelerare la propria crescita internazionale. Il cuore e la testa dell’azienda rimarranno a Parma, ma il piano di riorganizzazione fa perno su una holding olandese, la neo-costituita Barilla International BV, con sede ad Amsterdam”.

Come stanno allora le cose?

BARILLA RESTA IN ITALIA, IN OLANDA HUB PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE

Secondo Barilla, non c’è alcuna intenzione di fare fagotto e di aggiungersi alla lista, sempre più lunga, di aziende italiane di una certa grandezza che preferiscono l’Olanda per la sede legale: “Sede legale, bilancio economico, marchi e brevetti resteranno a Parma”, sottolinea il gruppo per svelare ciò che il Corsera si è limitato a riassumere con l’espressione “il cuore e la testa dell’azienda rimarranno a Parma”.

Del resto Barilla aveva già un’anima internazionale con diramazioni in tutta Europa, da Londra (hub digitale) alla Germania: ora secondo la nuova struttura nei Paesi Bassi avrà sede la controllante di Barilla G. E R. Fratelli. L’hub olandese, secondo il gruppo alimentare, farà capo alla Barilla Holding italiana.

LE AZIENDE CHE INVECE TRASLOCANO DEL TUTTO IN OLANDA

Sono invece ben 13, ricorda sempre il Corriere, le quotate a Piazza Affari ad aver trasferito la sede legale all’estero, perlopiù nei Paesi Bassi, negli ultimi 10 anni (qui l’approfondimento di Start Magazine). Più di una all’anno.

SETTEMBRE, ANDIAMO, È TEMPO DI MIGRARE

Si tratta di eccellenze del calibro di Campari, Mediaset e Ferrari, che, ricorda il Corsera, valgono nell’insieme il 22% della capitalizzazione totale di Borsa Italiana e il 27% dell’indice principale Ftse Mib.

La prima a partire è stata Cnh Industrial (Exor) nel 2013 e ovviamente la Fiat dello scomparso Marchionne nel 2014. Due anni dopo seguirono Exor e Ferrari per completare il pacchetto. Cementir Holding dei Caltagirone ha fatto i bagagli nel 2019, Campari nel ’21 con Mfe-Mediaforeurope (Berlusconi) e l’Ariston di Fabriano, poi è stata la volta di Iveco e Brembo.

OLANDESI VOLANTI

Eccellenze, appunto, che rivendicano a ogni piè sospinto la propria italianità. Ma allora perché prima o poi tutte decidono di trasferire la holding nei Paesi Bassi? Su Start gli approfondimenti sono stati svariati.

“Il forte appeal dell’Olanda nel complesso è dovuto anche al regime legale e fiscale molto più vantaggioso rispetto a quello italiano. L’Olanda ha un sistema societario e fiscale molto più flessibile e light. Nel caso specifico, eventualmente potranno distribuire utili in Olanda pagando poco o nulla”, aveva sottolineato un commercialista parlando con Startmag.

“Paradiso fiscale secondo alcuni, ecosistema molto efficiente e competitivo per altri. Quello che però è evidente, ormai anche agli occhi talvolta un po’ periferici dell’Europa del sud, è la centralità della piazza di Amsterdam nel capitalismo del vecchio continente, sempre più orfano di Londra e dei suoi vantaggi”, ha chiosato Alessandro Galimberti sul Sole 24 Ore: “Ma è soprattutto sui rulings, cioè gli accordi preventivi con il Fisco sul tema della gestione tributaria dei flussi interni alle multinazionali, che l’Olanda ha spesso una marcia in più, e più veloce, rispetto ad altri partner europei, non esclusa l’Italia. Inoltre i Paesi Bassi mettono a disposizione del contribuente oltre 150 accordi internazionali, soprattutto convenzioni bilaterali contro la doppia imposizione – una specie di assicurazione sul rischio di contenzioso fiscale internazionale”.

Inoltre “la legge fiscale olandese non prevede tassazione sulle royalties – licenze e concessioni – in uscita e infine, non ultimo atout, le aliquote equivalenti alla nostra Ires scenderanno nel 2020 al 14,5% per microimprese (fino a 200 mila euro di ricavi) e al 22,5% sopra quella soglia (ad oggi 1,5% in più rispetto alla corrispondente imposta applicata dal fisco italiano)”, ha scritto il Sole.

Le imprese italiane fanno bene naturalmente a trasferire la sede legale dove è più vantaggioso, specie se intendono aprirsi al mondo, resta invece il dubbio sul modo in cui è stata costruita l’Unione europea: perché condizioni tanto vantaggiose non vengono intese come aiuti di Stato, visto che falsano il gioco della concorrenza tra i 27 Paesi membri esattamente come finanziamenti o salvataggi?

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