Skip to content

Fsi Bancomat

Bancomat parlerà anche un po’ irlandese e lussemburghese?

Che cosa cambia e che cosa non cambia per Bancomat spa dopo l'ingresso del gruppo Ion nel fondo Fsi, che entrerà nel capitale sociale di Bancomat. Fatti, numeri e approfondimenti

 

Parlerà anche un po’ irlandese e lussemburghese il consorzio Bancomat?

E’ una domanda maliziosetta che sta circolando negli ambienti più sovranisti della maggioranza di governo dopo la notizia svelata ieri da Start Magazine: nell’azionariato del fondo Fsi (che entrerà nel consorzio Bancomat con un aumento di capitale riservato) c’è anche il gruppo Ion del finanziere Andrea Pignataro con holding fra Londra, Dublino e Lussemburgo.

Ecco fatti, numeri e scenari.

ION DI PIGNATARO SBARCA ANCHE IN FSI DI TAMAGNINI

Da una visura camerale di Fsi, salta all’occhio la presenza di Ion Capital Partners. Come da atto depositato lo scorso maggio, iIl gruppo del finanziere bolognese Andrea Pignataro, che da anni opera nel quartier generale londinese al numero 10 di Queen Street, è diventato pure azionista del fondo guidato da Maurizio Tamagnini. Costituito a febbraio 2016 per la gestione collettiva del risparmio attraverso la promozione, l’organizzazione e la gestione di fondi comuni d’investimento mobiliari riservati a investitori professionali specializzati nel private equity, Fsi sta inanellando da mesi una serie di operazioni in Italia che lo pongono al centro di manovre nel comparto dei sistemi di pagamenti, del fintech e delle informazioni societarie e finanziarie. E tra i suoi azionisti, ora, anche un gruppo fondato da un italiano con società capofila della galassia con sedi in Inghilterra, in Irlanda e in Lussemburgo.

CHI SONO GLI AZIONISTI DI FSI

Secondo quanto emerge dall’ultimo bilancio depositato da Fsi, e relativo al 2022, il 90,1% del fondo è nelle mani di Magenta 71 srl, società con sede in Irlanda controllata dai manager della società, e il 9,9% in quelle di Ion Capital Partners. Lo scorso anno è stato un periodo particolarmente intenso per la compagine azionaria di Fsi: il 20 luglio 2022, mediante riacquisto di azioni proprie, Magenta 71 ha acquisito il 39% da Cdp Equity e il 9,9% detenuto da Poste Vita. Il 10 novembre dello stesso anno l’assemblea di Fsi ha annullato e cancellato tutte le azioni proprie senza riduzione del capitale.

L’INGRESSO DI ION IN FSI

Pochi giorni dopo, ossia il 21 novembre, Ion ha acquisito da Magenta 71 il 9,9% del capitale di Fsi. “All’esito di tali operazioni – si legge nel bilancio – la società ha rafforzato ulteriormente la propria posizione nel mercato come gestore indipendente, avendo consolidato il proprio ruolo nel settore del private equity In Italia”.

ECCO COME FSI ENTRERA’ IN BANCOMAT SPA

Il Fondo guidato da Maurizio Tamagnini (nella foto) investirà fino a 100 milioni nel consorzio che gestisce i circuiti di prelievo e di pagamento più noti su tutto il territorio nazionale e diventerà il primo azionista. L’aiuto da Fsi serve di sicuro alla società Bancomat in perdita nell’esercizio 2021 (non sono noti i conti 2022).

Il Fondo, che ha una governance tutta italiana a partire dall’amministratore delegato Maurizio Tamagnini, presenta una compagine di investitori eterogenea per asset class e per provenienza geografica e include il Fondo europeo per gli investimenti, banche, assicurazioni e asset manager europei, fondazioni bancarie, casse di previdenza, family office di gruppi industriali e fondi sovrani di Medio Oriente, Estremo Oriente e Asia Centrale come Temasek e la Kuwait Investment Authority. Gli investitori italiani sono il 70% mentre quelli internazionali sono il 30%.

CHE COSA PREVEDE L’ACCORDO BANCOMAT-FSI

Come si diceva, l’accordo prevede che Fsi investa in Bancomat spa fino a 100 milioni, tramite aumento di capitale riservato, a fronte di una partecipazione di minoranza di Fsi nel capitale della società. Inoltre si adotterà una governance funzionale a rafforzare il posizionamento competitivo di Bancomat “come azienda di mercato dinamica e orientata al cliente e all’innovazione tecnologica”. Grazie al nuovo piano industriale – le cui linee guida sono state concordate tra Bancomat, Fsi e le principali banche azioniste e clienti – si punta a far diventare il consorzio “un grande operatore europeo della monetica focalizzato su innovazione, qualità e servizio al cliente, e un abilitatore tecnologico al servizio delle esigenze dei clienti”.

Tra le misure previste il rafforzamento dell’offerta prodotti, una nuova piattaforma tecnologica in grado di offrire maggiore flessibilità e velocità nello sviluppo di servizi ai clienti, l’ampliamento dell’offerta di servizi, mirate acquisizioni di aziende con competenze specifiche. Nella nota congiunta si evidenzia che “il progetto rappresenta un’iniziativa italiana che, partendo dall’ampio riconoscimento di Bancomat tra esercenti, consumatori e banche, intende ampliare il perimetro d’azione del circuito, assicurandone una maggiore capacità d’innovazione e di accelerazione sui tempi di adozione delle nuove soluzioni digitali, al pari dei circuiti di pagamento presenti nei principali paesi europei”.

Si ricorda inoltre che negli ultimi anni Fsi “ha maturato una significativa esperienza nel settore fintech” investendo circa 900 milioni. L’operazione è soggetta all’autorizzazione delle Autorità competenti e a ulteriori condizioni sospensive tipiche per questo tipo di transazioni.

ECCO I SOCI DI BANCOMAT SPA

Presieduta da Franco Dalla Sega, al 29 dicembre scorso Bancomat vantava 116 soci – tra cui Intesa Sanpaolo (31,55%), Unicredit (18,92%), Iccrea (11,2%), Banco Bpm (7,67%), Montepaschi (7,56%), Bnl-Bnp (5%), Bper (4,71%), Cassa Centrale (2,79%) – e 210 istituti aderenti ai circuiti Bancomat e PagoBancomat.

Nel 2021 la società ha messo a segno oltre 210 miliardi di transazioni grazie a 34 milioni di carte in circolazione e ha visto il fatturato crescere del 29% a 25,8 milioni di euro. Le operazioni con carta sono aumentate del 44%.

LE PERDITE DEL’ESERCIZIO 2021 DI BANCOMAT SPA

Dall’ultimo bilancio disponibile, relativo all’esercizio 2021, emerge che nell’anno Bancomat ha messo a segno una perdita di 2 milioni e 832.954 euro a fronte di un rosso, nel 2020, di 174.301 euro. Prima delle imposte sul reddito, interessi, dividendi e plus/minusvalenze da cessione la perdita superava i 3,6 milioni.

In flessione il totale dell’attivo, a 33 milioni da più di 37,2 milioni, e il patrimonio netto che superava i 21,4 milioni. Nello stesso esercizio si segnalano, al contrario, l’aumento dei costi per il personale – che sfioravano i 6 milioni – così come i costi della produzione a quasi 30 milioni. Va tenuto presente che nel 2021 i dipendenti erano passati da 57 a 69. Da segnalare che dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021 le disponibilità liquide erano passate da 13.702.649 euro a 5.863.816 euro.

IL NO DELL’ANTITRUST AL PROGETTO PER I PRELIEVI DA ATM

Tra gli ultimi fatti occorsi va registrata anche la bocciatura, da parte dell’Antitrust, del progetto di modifica del modello di remunerazione dei prelievi in circolarità da Atm presentato da Bancomat S.p.A.

Il consorzio intendeva passare dall’attuale regime di remunerazione – per cui la banca che ha emesso la carta utilizzata per il prelievo versa una commissione interbancaria all’istituto titolare dello sportello e può chiedere al proprio cliente una commissione – ad un nuovo modello secondo il quale la banca presso cui si fa il prelievo richiede direttamente al titolare della carta una commissione.

Per l’Autorità guidata da Roberto Rustichelli, però, in questo modo sarebbe nata una restrizione della concorrenza con evidenti ricadute negative sugli istituti di minori dimensioni (perlopiù online). Peraltro Bancomat Spa affermava che ci fosse una relazione diretta tra la diminuzione della rete Atm e l’attuale modello di remunerazione e che il nuovo modello avrebbe sopperito in tal senso. Invece, sulla base degli elementi emersi in istruttoria, l’Antitrust ha rilevato che le cause principali del ridimensionamento della rete Atm sono dovute a una evoluzione del mercato, caratterizzata da diversi fattori tra cui la razionalizzazione della rete a seguito di concentrazioni bancarie e le scelte societarie degli istituti di credito. A tal proposito l’Agcm citava dati di Bankitalia secondo cui tra il 2015 e il 2021 il numero degli sportelli è sceso del 28,4% e quello degli Atm del 13,9% e il numero medio di Atm per sportello è salito da 1,44 a 1,73 con un incremento di oltre il 20%.

Torna su