Che cosa succede in Banca Generali?
E’ quello che si chiedono fra Trieste, Milano e Torino (non a Roma, pare) uomini della finanza e qualche esponente dei salotti buoni (buoni ma spesso maligni o solo maliziosi) sulla banca controllata da Assicurazioni Generali.
La domanda non nasce da rumors o bisbiglii su potenziali acquirenti di Banca Generali o dossier al vaglio di advisor.
No: niente indiscrezioni.
L’interrogativo è nato leggendo la relazione semestrale pubblicata lo scorso 5 agosto da Banca Generali, che vede nel cda tra gli altri Azzurra Caltagirone (visto che la famiglia siculo-romana è azionista scalpitante di Assicurazioni Generali) e Massimo Lapucci, segretario generale della fondazione Crt.
E’ un accantonamento da 80 milioni di euro a far impensierire – o solo interrogare – taluni fra Trieste, Milano e Torino, come detto.
Che cosa c’è scritto nella relazione semestrale?
Vediamo.
Prima gli autoelogi: “Il primo semestre 2021 si è chiuso con un utile sostenuto pari a 190,1 milioni di euro, in crescita del 44% rispetto al primo semestre dello scorso esercizio. La Banca sta beneficiando di una crescita strutturale della domanda di advisory finanziaria qualificata e sta perseguendo un percorso di crescita orientato alla sostenibilità anche finanziaria dei risultati. Il positivo risultato è stato favorito dal successo delle politiche commerciali. Alla fine del semestre la Banca ha infatti raggiunto e superato il target di raccolta netta prevista nel piano industriale triennale 2019-2021 realizzando flussi netti per 14,8 miliardi di euro (contro l’obiettivo > 14,5 miliardi di euro) e ha superato il target più elevato di masse raggiungendo gli 80,4 miliardi di euro (contro il range di 76-80 miliardi di euro)”.
Sta di fatto per la seconda estate di fila il dossier Banca Generali attira l’attenzione dei vertici delle Generali e pure della torinese fondazione Crt.
Come detto, l’anno scorso era stato un tosto articolo-inchiesta del Financial Times, il quotidiano finanziario della City, ad accendere un faro su Banca Generali che peraltro secondo alcuni osservatori sembrava una “bomba mediatica” contro l’Italia.
Con Cfe (società di advisory Cfe con sedi tra Ginevra e il Lussemburgo) Banca Generali ha da sempre un rapporto forte, e ancora più stretta è l’amicizia di uno dei soci di Cfe, Daniele Ferrero, paron del colosso cuneese del cioccolato Venchi, con l’ad di Banca Generali, Gian Maria Mossa. Ferrero vanta ottimi rapporti anche con Gianni Quaglia presidente della fondazione Crt, azionista Generali. Quaglia siede ancora oggi nel collegio sindacale di Venchi.
Secondo le indiscrezioni di Start, nel quartier generale di Generali molti si aspettavano un cambio di rotta dei vertici di Banca Generali.
Comprensibile, dunque, lo stupore degli analisti quando la semestrale di Banca Generali di pochi giorni fa ha evidenziato – come detto – massicci accantonamenti (80 milioni di euro), legati alla scelta di Mossa di ricomprare le tranche senior di cartolarizzazioni di crediti sanitari per un valore complessivo di poco inferiore al mezzo miliardo di euro.
Anche se nei report – ad esempio quelli di Beremberg e di Intesa Sanpaolo – non ci sono giudizi negativi su titolo e vertici.