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Autoscontro fra Stellantis di Elkann e Confindustria di Bonomi all’ombra del Sole

Come ha reagito il presidente di Stellantis, John Elkann, al tambureggiamento del Sole 24 Ore e di Confindustria per l'ingresso dello Stato (tramite Cdp) nel capitale della Casa automobilistica a trazione francese che sta ridimensionando il ruolo di stabilimenti e fornitori italiani. Ecco il punto aggiornato sulla polemiche

Scontro senza tante formalità fra Confindustria e Stellantis.

Da esponenti di punta della confederazione degli industriali (con prese di posizione enfatizzate dal quotidiano confindustriale Il Sole 24 Ore) sono giunti nei giorni scorsi auspici e sollecitazioni per un ingresso dello Stato nel gruppo automobilistico per fermare il progressivo smantellamento del ruolo degli stabilimenti italiani nella Casa a trazione francese presieduta da John Elkann.

Ieri è stato lo stesso Elkann a rispondere a queste incursioni confindustriali. Ecco tutti i dettagli.

LA REAZIONE DI STELLANTIS AL PRESSING DI CONFINDUSTRIA

Soldi dello Stato italiano nel capitale Stellantis? «No, grazie». A spiegare il perché non sia necessario un intervento è stato il presidente del gruppo italo-francese-americano, John Elkann, sottolinea oggi il quotidiano di casa, La Repubblica diretta da Maurizio Molinari. Ecco il resoconto del giornale del gruppo Gedi controllato da Exor della famiglia Elkann: “La ragione si sintetizza in una battuta: «Gli Stati entrano nelle imprese quando vanno male e Stellantis va molto bene». E poi aggiunge: «Se guardiamo al 2022 siamo in valore assoluto la società nel settore dell’automobile che ha avuto i risultati operativi più alti. Nella nostra storia, da Fiat a Fca e fino a Stellantis, non abbiamo mai avuto bisogno di avere lo Stato nel capitale». E a chi gli fa notare che tra gli azionisti compare la Francia, Elkann risponde che è una presenza che risale a Psa, l’ex gruppo Peugeot-Citroën, poi fuso con Fca all’inizio del 2021: «Il nostro socio francese ha avuto difficoltà negli anni che hanno necessitato in quel caso di un intervento dello Stato», spiega il presidente.

LE PAROLE DI ELKANN

Sul tema dei volumi produttivi sollevato dall’indotto, che insiste sulla necessità di raddoppiare la produzione italiana e arrivare a un milione di auto, il presidente di Stellantis ha rimarcato come risultato quello di «aver trasformato gli impianti produttivi italiani in impianti che hanno il mondo come mercato». In Basilicata si fanno le Jeep, aggiunge Elkann, «in Campania si fanno le Dooge che si vendono in America, in Piemonte la 500 elettrica andrà in America, per non parlare del lavoro straordinario di riposizionamento di Maserati e Alfa Romeo, che hanno il mondo come mercato. L’importante è mantenere i livelli di competitività alti».

LE CRITICHE DEI SINDACATI

Di tutt’altro segno le posizioni dei sindacati rispetto alle parole di Elkann. «La capacità — ha detto il segretario Fiom Michele De Palma — è di 1 milione e 800 mila auto in Italia, ma ne vengono fatte meno di 500mila. Il nostro obiettivo è di arrivare a 1 milione di mezzi e a 3.500 assunzioni».

IL FORCING DI CONFINDUSTRIA SU GOVERNO E STELLANTIS

Ma sono stati esponenti di spicco della Confindustria a criticare di fatto i vertici di Stellantis per il ruolo sempre più margina dell’Italia nell’ambito del gruppo a trazione francese con ripercussioni negative sull’indotto e sui fornitori italiani della Casa guidata dall’ad, Carlos Tavares.

IL SOLE 24 ORE E CONFINDUSTRIA TAMBUREGGIANO PER LO STATO NEL CAPITALE DI STELLANTIS

Il Sole 24 Ore nei giorni scorsi ha tambureggiato – pur avendo una impostazione formalmente e naturalmente liberista come la confederazione degli industriali – con due articoli nello stesso (una intervista all’ex numero 1 di Confindustria Lombardia Marco Bonometti, presidente del Gruppo OMR, Officine Meccaniche Rezzatesi, realtà specializzata nella produzione di basamenti per motori, trasmissioni, telaio e sospensioni affiancata da un editoriale del curatore della pagina sui motori) per dire che Stellantis sta lasciando il nostro Paese alla chetichella e serve dunque un intervento dello Stato nell’azionariato per zavorrarla qui.

LE CRITICHE DELLA CONFINDUSTRIALE ANFIA A STELLANTIS

Il giorno successivo sempre sul quotidiano diretto da Fabio Tamburini è stato ancora più esplicito Paolo Scudieri, presidente dell’Anfia, l’Associazione delle imprese della filiera automotive, amministratore delegato del Gruppo Adler Hp Pelzer, azienda di famiglia fondata dal padre, Achille, nel 1956 dal fatturato sui 2 miliardi di euro attiva nella progettazione, nello sviluppo e nella produzione di componenti e sistemi per l’industria del trasporto ma, soprattutto, membro dell’Advisory Board di Confindustria. In passato è stato inoltre membro della Giunta nazionale di Confindustria e del comitato ristretto per l’Internazionalizzazione.

CONFINDUSTRIA CONTINUA A CHIEDERE LO STATO IN STELLANTIS

«È necessario equilibrare le forze e i pesi in Stellantis, si tratta di una cosa giusta, alla luce della presenza dello Stato francese» è il commento di Scudieri alla proposta avanzata sul Sole 24 Ore da Bonometti, che ha parlato della possibilità di un ingresso di Cdp in Stellantis per equilibrare la presenza dello Stato francese e tutelare la filiera italiana.

Anche Bonometti non è un interlocutore casuale, dato il suo passato da presidente in Confindustria Lombardia nel quadriennio 2017-2021. E proprio in quel ruolo, a fine marzo ’21, esprimendo preoccupazione sul futuro degli stabilimenti italiani, disse: “Non vorremmo affrontare un’altra storia come quella dell’Ilva, dove emergono tutti i limiti di una parte importante della politica italiana. Il settore dell’auto a livello nazionale vale 400 miliardi di euro di fatturato e 27 di salari, pari al 20% del Pil, ma l’Italia non l’ha mai considerato strategico. Non discutiamo il libero mercato, un’impresa ha ragione di muoversi come vuole; la responsabilità è quella di non aver creato le condizioni affinché le aziende italiane dell’auto fossero competitive in modo strutturale. Bene gli incentivi, ma dobbiamo togliere burocrazia e rendere attrattiva l’Italia”.

IL COPASIR DI URSO PRECURSORE DELL’ATTUALE POSIZIONE DI CONFINDUSTRIA SU STELLANTIS

In verità lo stesso Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica nella scorsa legislatura aveva adombrato il medesimo scenario ora auspicato dalla Confindustria. La relazione dedica un paragrafo all’impatto della transizione ecologica sulla filiera automobilistica, “tra le più importanti nel panorama industriale italiano”. E su Stellantis, il produttore di veicoli nato dalla fusione di Fiat Chrysler Automobiles con il gruppo francese Psa, il Copasir – all’epoca presieduto da Adolfo Urso (attuale ministro delle Imprese e del made in Italy) registrava già uno spostamento del baricentro di controllo del neo costituito gruppo sul versante francese”, riferendosi all’aumento della quota detenuta dallo stato francese (circa il 6 per cento).

Al fine di controbilanciarla e riequilibrare la componente italiana con quella francese, il Comitato proponeva quindi l’ingresso di Cassa depositi e prestiti (controllata dal ministero dell’Economia) nell’azionariato di Stellantis, “così proteggendo le tecnologie e l’occupazione”. A questo proposito, il Copasir sostiene che la fusione Fca-Psa abbia avuto “ricadute già evidenti nel settore dell’indotto connesso con le linee di produzione degli stabilimenti italiani“.

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