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Condono Ischia

Aspi, tutti i cappottamenti del governo con Atlantia

L'accordo governo-Atlantia su Autostrade per l'Italia tra fatti, slogan, annunci e corbellerie. Il corsivo di Michele Arnese

 

Iniziano ad essere un po’ troppe le corbellerie lette o ascoltate sull’accordo del governo con Atlantia per il futuro di Autostrade per l’Italia (Aspi).

“Autostrade, fuori i Benetton. Aspi diventa una public company”. Così è stato sintetizzato – ossia sussurrato da Palazzo Chigi – l’esito della trattativa con Atlantia dei Benetton.

Sarà davvero così? Eppure Aspi sarà controllata con il 33% dalla Cassa depositi e prestiti (82,77% del ministero dell’Economia).

Public company? Dunque ci sarà separazione tra proprietà e gestione del business? Quindi la larga diffusione delle azioni consentirà la contendibilità della futura Aspi?

Non pare proprio, quindi si lasci perdere il birignao sulla “public company”. Tanto pure i turbo liberisti di Confindustria ora amano le società statali, come forse si può arguire dalle prime pagine del Sole 24 Ore.

“Sarà forse quotata ma non deve essere assoggettata alle logiche di mercato”, ha ammonito-previsto-auspicato Luigi Di Maio (non si sa a quale titolo visto che non è vicepremier, non guida un ministero economico e non è manco più capo politico dei 5 Stelle). Ma evidentemente dispensando pagelle a destra e a manca (“Draghi? Mi ha fatto un’ottima impressione”, l’ultima perla del “professor” Di Maio) a volte si esagera.

Non è da meno quanto a sicumere ed enfasi anche Roberto Gualtieri. Il ministro democrat dell’Economia oggi al Corriere della Sera ha assicurato: il debito “non si sposta da nessuna parte, resta dov’è, in Aspi, che conserverà una redditività adeguata a ripagarlo, senza gravare in nessun modo sul bilancio dello Stato”.

Formalmente ineccepibile, sostanzialmente eccepibile: il debito sarà sulle spalle di tutti i futuri azionisti, in primis il gruppo (Cdp) controllato dal ministero di Gualtieri.

In preparazione una cordata tricolore per non far prendere ai fondi stranieri quote di minoranza in Aspi, è quanto ha scritto oggi Repubblica sulla base di indiscrezioni.

La ricerca dei fondi che entreranno insieme a Cdp in Aspi si sta concentrando su investitori che siano di lungo periodo, ha scritto oggi l‘Ansa sulla base di fonti vicine all’operazione che hanno spiegano come la ricerca avviata da Cdp mirerebbe a trovare soggetti disponibili a sposare un progetto industriale di lungo periodo: “Proprio in questo contesto, dunque, si guarderebbe con maggior favore all’italianità, ma senza nessuna preclusione per investitori esteri”.

Quindi le voglie a 5 stelle anti fondi stranieri resteranno nel libro dei sogni pentastellati. D’altronde la nuova Aspi partirà con un assetto azionario in cui ci saranno anche la cordata guidata dalla tedesca Allianz (oggi al 7%) e i cinesi di Silk Road (oggi al 5%) che risulteranno diluiti ma potranno nel caso risalire acquistando sul mercato.

Le corbellerie non sono finite. “Monito ad Aspi da parte di Patuanelli affinché faccia un piano economico”, si legge nelle cronache di queste ore.

Poffarbacco, praticamente il minimo sindacale, proprio l’abc, dunque l’acqua calda, visto che il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – proprio quello retto da Stefano Patuanelli del Movimento 5 Stelle – vigila sulle concessionarie con il Mef; insomma la notizia ci sarebbe se “monito” non ci fosse.

Ma forse l’euforia per aver “cacciato i Benetton” (come si vanta il predecessore di Patuanelli, Danilo Toninelli) può offuscare le menti, mentre il titolo Atlantia chissà come (insider trading?) e perché (accordo con il governo soddisfacente per gli azionisti di Atlantia?) è schizzato in Borsa il giorno dopo la “cacciata”.

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