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Vaccini Pfizer Ue

A quali condizioni l’Ue riceverà meno vaccini anti Covid di Pfizer?

L’Unione europea dopo mesi di malcontento da parte di diversi governi è riuscita a ritrattare con Pfizer il numero di consegne di vaccini anti Covid. Restano, tuttavia, da chiarire alcuni aspetti economici del nuovo accordo. Tutti i dettagli

 

All’inizio del mese la Polonia era stata la prima a intraprendere la battaglia per ritrattare uno dei contratti sui vaccini anti Covid tra Unione europea e Pfizer stipulato nel 2021, secondo cui i Ventisette avrebbero ricevuto – e pagato – una quantità di dosi che, con il mutare dell’andamento della pandemia, si è rivelata spropositata.

Ora la Ue e le case farmaceutiche hanno un nuovo accordo per ridurre il numero di consegne dei vaccini. Ma a quali condizioni?

COSA PREVEDEVA IL CONTRATTO RITRATTATO

Il 20 maggio 2021, ricorda Ansa, la Commissione europea, in collaborazione e per conto degli Stati membri, aveva firmato un terzo contratto con Pfizer/BioNTech per l’acquisto di 900 milioni di dosi di vaccino, con l’opzione di acquistarne altre 900 milioni, “per un costo massimo stimato in 35 miliardi di euro, a carico dei singoli Stati”, scrive Il Post.

Metà delle consegne erano state concordate per il 2021 e il 2022, mentre l’altra metà nel 2023. Il miglioramento della situazione epidemiologica ha portato ad avere troppi vaccini e a far chiedere ai ministri della Salute Ue, alla fine dell’anno scorso, di ridurre il numero di dosi e prolungare il periodo di consegna.

Tuttavia, come spiegato in una nota da Bruxelles, gli accordi di acquisto con gli sviluppatori di vaccini, “sono giuridicamente vincolanti e non possono essere modificati unilateralmente”.

COSA CAMBIA ORA…

Il nuovo accordo raggiunto ora tra Ue e Pfizer/BioNTech prevede che le dosi originariamente contrattate possano essere convertite in ordini facoltativi dietro pagamento di una tariffa, deducibile dal prezzo che gli Stati membri dovrebbero pagare per le dosi opzionali aggiuntive se in futuro decideranno di attivarle.

L’intesa prevede infatti che i Paesi possano continuare ad avere accesso a dosi aggiuntive fino al volume originariamente stabilito fino alla fine del contratto, nel caso debbano far fronte a una nuova ondata epidemica. La finestra di tempo per ordinare e ricevere i vaccini, compresi quelli adattati alle nuove varianti, è stata estesa fino a 4 anni, a partire da ora.

Tra l’altro, Ugur Sahin, Ceo e cofondatore di BioNTech, ha annunciato la scorsa settimana che l’azienda intende sviluppare un vaccino mirato al ceppo XBB, quello delle ultime varianti Kraken e Arturo.

…E COSA NON SI SA

La Commissione europea, però, non ha riferito né quanto saranno diminuite le forniture né i termini economici dell’accordo e anche “la tariffa di compensazione” – già definita in passato dalla Polonia una “tassa di cancellazione” – non si sa a quanto ammonti.

All’inizio del mese, il ministro della Salute polacco, Adam Niedzielski, sosteneva che si trattasse della “metà del prezzo per una dose che non è stata nemmeno prodotta”.

CONTI IN SOSPESO

Nonostante a tre anni dallo scoppio della pandemia i numeri dicano che le vaccinazioni contro il Covid-19 hanno salvato oltre un milione di vite in Europa, per la maggior parte persone oltre i 60 anni, ci sono alcune questioni che, passata l’emergenza, rimangono in sospeso o almeno da indagare.

Oltre, infatti, a essersi rivelato esagerato il numero di dosi di vaccino contrattato dall’Ue appaiono sempre più esagerati i profitti tratti dalle grandi case farmaceutiche.

“Tra tutti i fornitori di vaccini – scriveva Italia Oggi lo scorso marzo -, Pfizer aveva fatto la parte del leone, assicurandosi un incasso di 35 miliardi di euro sui 71 miliardi impegnati dai contratti Ue. Un costo messo da Bruxelles a carico dei singoli paesi Ue, in base alle forniture di vaccini compiute e a quelle ancora da consegnare, nonostante l’epidemia sia finita da molti mesi”.

CHI HA MESSO VERAMENTE SOLDI E INTELLETTO NEI VACCINI

Ma guardando alla produzione di questi stessi vaccini, realizzati in un tempo record, viene da chiedersi anche se è realmente tutto merito di Pfizer (e delle altre Big Pharma) e se il prezzo a cui sono stati venduti è onesto.

Come riporta Domani, “il 99 per cento delle ricerche necessarie per produrre i vaccini anti-Covid sono state compiute da scienziati di università statali e sono state finanziate con fondi pubblici, e solo l’1 per cento da ricercatori delle case farmaceutiche con soldi loro, per cui il loro contributo intellettuale è stato minimo”. Inoltre, “i prezzi dei vaccini anti-Covid sono da 5 a 25 volte più alti rispetto ai costi stimati di produzione, e quindi sono troppo alti e immorali”.

Infatti, sempre Domani ricorda che, stando a uno studio dell’Università di Amsterdam e dell’Imperial College di Londra, “una quota compresa tra il 97,1 e il 99 per cento degli studi necessari per la ricerca e lo sviluppo del vaccino Astrazeneca è stato finanziato da governi o istituzioni caritatevoli, e in più il governo del Regno Unito ha pagato 96,7 milioni di dollari per la sua sperimentazione clinica”. Il vaccino di Astrazeneca, “venduto a un prezzo tra i 2,9 e gli 8,5 euro (3,5-10 dollari) per dose”, è stato però messo subito all’angolo o al massimo spedito ai Paesi che non potevano permettersi i vaccini a mRna.

Pfizer e Moderna, invece, prosegue il quotidiano, “secondo i calcoli di Oxfam […] grazie alle vendite del vaccino anti-Covid traggono un profitto totale di 65.000 dollari al minuto, pari a 93,5 milioni di dollari al giorno, e 34,12 miliardi di dollari l’anno”. Ma, “il 99 per cento di quei profitti l’abbiamo finanziato noi”.

Non solo. Un’analisi sugli investimenti per lo sviluppo e la produzione dei vaccini anti Covid, commissionato dal Parlamento europeo, sostiene che se Europa e Stati Uniti hanno investito a fondo perduto 30 miliardi di euro in ricerca, sviluppo e acquisto dei vaccini prima della loro approvazione, le case farmaceutiche ne hanno investiti soltanto 16.

E questo, afferma lo studio, dimostra che “sebbene i ricavi dei vaccini anti Covid siano stati completamente privatizzati, i fondi esterni [ovvero giunti principalmente dal settore pubblico] forniti durante la pandemia sono stati di importanza critica”.

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