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Querela contro Google. Sotto inchiesta gli acquisti online del colosso americano

Llana Imber – Gluck, madre newyorkese ha intentato una causa contro l’azienda leader per il motore di ricerca più cliccato al mondo, il cui figlio, avrebbe speso 68,95 dollari sul Crystal, moneta virtuale del gioco Marvel Run Jump Smash!, senza il suo permesso.

 La querela fa luce sulle nuove frontiere degli acquisti online, dedicati ai giochi acquistabili tramite pagamenti freemium, di grande tendenza negli ultimi tre anni. Queste applicazioni consentono di scaricare su app-in gratuite, moneta virtuale, che consente metodi di pagamento allegati ai conti dei negozi rivenditori per l’acquisto di contenuti tra cui non solo giochi, ma anche musica, film e libri.

Google fronteggia una class action sostenuta dalla donna, secondo la quale, il potente colosso americano “è ingiustamente beneficiario ” dei metodi di pagamento freemium, poiché essi consentono spese non autorizzate “delle app-in gratuite senza il controllo dei genitori “. Con questi acquisti freemium, le applicazioni vengono offerte gratuitamente, o a un costo nominale al di sotto di 2 dollari, offrendo acquisti app-in, che, o forniscono moneta virtuale per permettere ai giocatori di continuare a giocare il gioco oltre un punto o un limite di tempo , o consentono l’acquisto di nuovi personaggi, oggetti o livelli all’interno dello stesso gioco.

Gli editori offrono giochi gratis per smartphone e tablet, e gli utenti sono sempre più reticenti a pagare le somme in anticipo di 10 dollari o più, che sono tradizionalmente associate con giochi per altre piattaforme come le console. Shannon J. Carson di Berger & Montague , uno degli avvocati che rappresentano Imber – Gluck, il cui studio legale ha condotto una class action contro Apple nel 2011, che ha portato a una detrazione di circa 100 milioni di dollari, ha affermato:” Google trae ingiustamente profitto attraverso la commercializzazione di giochi gratuiti o a basso costo per i bambini e consentendo loro di accumulare facilmente le spese per inutili monete online, non includendo controlli ragionevoli come la semplice immissione di una password “.

A seguito della maxi-inchiesta contro l’azienda di Cupertino, “Google è certamente consapevole che il suo principale concorrente, Apple, ha preso provvedimenti per porre fine a tale pratica sleale, e Google dovrebbe fare lo stesso “, ha detto la Carson. Google non ha ancora risposto alla citazione in giudizio dal momento della pubblicazione.

Antonio Di Mare / Samuel Gibbs per “The Guardian”

  

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