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Perché i provider pirateggiano la legge anti pirateria e pezzotto

La legge anti pezzotto voluta dalla Serie A e dalle emittenti tv continua a far discutere. Ecco come e perché

 

Tutti la vogliono, tutti la chiedono a gran voce  al legislatore. Ma c’è disaccordo su come concretizzarla. È la legge anti pirateria, meglio nota come normativa anti pezzotto, voluta soprattutto da Dazn, Sky e dalla Serie A per arginare quei furbetti che con vari accorgimenti (dal pezzotto al collegamento a siti illegali) riescono a guardare le partite senza pagare alcun abbonamento.

LA LEGGE ANTI PEZZOTTO METTE ZIZZANIA

I nervi sono tesi da mesi. Per Luigi De Siervo la pirateria sarebbe agevolata da una presunta tolleranza degli operatori di tlc: “Abbiamo il triste primato di essere il Paese col tasso di pirateria più alto al mondo. E questo – aveva detto a inizio 2023 l’amministratore delegato della Serie A – è avvenuto nel silenzio della politica e delle autorità. Le stesse società di telecomunicazione non hanno un interesse nel contrastare efficacemente la pirateria. Le Telco hanno beneficiato di alti volumi di traffico, facilmente riconducibili agli orari delle partite. E non hanno fornito la collaborazione minima che ci saremmo aspettati da chi vive in un mercato che deve essere legale”.

Dal fronte opposto gli aveva replicato Massimo Sarmi: “Siamo stupiti dalle dichiarazioni dei vertici della Lega Serie A sugli Operatori di telecomunicazioni che respingiamo in toto – il commento del presidente di Asstel -. Va ricordato che sin dal 2013 l’Italia, grazie all’iniziativa dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e alla fattiva collaborazione degli Operatori, si è dotata di strumenti che consentono di intervenire per bloccare la trasmissione illecita dei contenuti. Tale attività viene svolta da circa 10 anni in maniera fattiva senza alcun ristoro dei costi sostenuti”.

I PROVIDER NON CI STANNO

Ma anche dopo l’intervento del legislatore l’impasse non può certo dirsi superata. A mugugnare sono soprattutto i provider, obbligati dalla legge anti pezzotto a intervenire a proprie spese disabilitando l’accesso ai contenuti illeciti.

La normativa non terrebbe infatti conto di quel sottobosco di PMI, che Assoprovider identifica in 2mila le piccole e medie imprese delle Tlc che saranno “spazzate via” dal mercato in quanto la legge anti pezzotto: “metterà a rischio più di 10mila posti di lavoro”. All’associazione di categoria non sta affatto bene essere rimasta col cerino in mano che “obbliga i provider – fa sapere Assoprovider -, a proprie spese, a intervenire prontamente disabilitando l’accesso ai contenuti illeciti”.

IL PESO GRAVA SULLE PMI DELLE TLC

Ha spiegato in ogni sede da Gianbattista Frontera, presidente Assoprovider, “Le piccole e medie imprese del settore TLC hanno mediamente circa quattro dipendenti. Per garantire il servizio richiesto dalla nuova legge, nei tempi previsti, ogni azienda dovrebbe creare una sorta di task force interna, attiva h24 e 7 giorni su 7, assumendo quindi mediamente altre tre o quattro persone. Si tratta di un investimento che può raggiungere i 300mila euro annui: insostenibile per i provider indipendenti”.

LA NORMA ANTI PEZZOTTO È EFFICACE?

La norma, inoltre, potrebbe non essere efficace. “Oggi sono molto diffusi i servizi VPN, che consentono di bypassare eventuali impedimenti all’accesso di un indirizzo IP a livello nazionale, ma non è possibile bloccare Internet alle “frontiere”. Quindi si rischia di mettere in ginocchio le aziende del settore, senza ottenere risultati apprezzabili”, fanno sapere dall’associazione dei provider criticando un provvedimento nato già vecchio o, peggio, senza conoscere la materia che va a disciplinare.

IL RICORSO AL TAR

L’associazione che riunisce i rappresentanti delle imprese del settore delle comunicazioni elettroniche in tutt’Italia ha così deciso di ricorrere al Tar per contestare le modifiche al Regolamento in materia di diritto d’autore e i presupposti della stessa norma ovvero la legge 93 del 14 luglio 2023 in materia di antipirateria, entrata in vigore lo scorso otto agosto.

In linea generale, l’associazione contesta che le disposizioni in materia di diritto d’autore impongano ai provider di assumere un ruolo di “poliziotti della Rete”, con tutti i costi che questo comporta. Un ruolo che,  a detta del ricorrente,dovrebbe spettare alle istituzioni pubbliche ordinarie, come le forze di polizia e la magistratura.

La scelta di Assoprovider sopraggiunge dopo la decisione di impugnare le modifiche, firmate AGCOM, al Regolamento in materia di diritto d’autore pubblicato il 31 luglio 2023. L’associazione tiene a precisare che “considera sacrosanta la tutela del diritto d’autore e che le sue proteste e azioni legali non hanno nulla a che vedere con la reale tutela degli artisti e degli interpreti, a cui guarda con simpatia e rispetto”.

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