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Perché Google, Tim, Vodafone, Wind Tre, Iliad e Fastweb lanciano pezzotti al governo sulla pirateria on line

La maggioranza ha varato un inasprimento per i furbetti del pezzotto ma la responsabilità penale per conto di terzi è contestata da Google ma anche da Tim, Vodafone Italia, Wind Tre, Iliad e Fastweb che hanno scritto a mezzo governo chiedendo una modifica della norma contro la Pirateria Online voluta dalla Serie A di calcio. Fatti, approfondimenti e polemiche

Da una parte c’è la Serie A con i suoi interessi milionari (e naturalmente le Reti che sborsano cifre non indifferenti per i diritti calcistici), dall’altra le Tlc al gran completo – Tim, Vodafone Italia, Wind Tre, Iliad e Fastweb – più un colosso come Google. L’inasprimento delle norme anti pezzotto voluto dal governo e infilato nell’onnicomprensivo Dl Omnibus ha dato vita alla discesa in campo di forze ugualmente potenti che hanno già iniziato a tirare l’esecutivo, arbitro della partita, da una parte all’altre nella speranza di segnare il gol decisivo. Per comprendere ciò che sta accadendo, occorre però la moviola del primo tempo.

LE NUOVE NORME CONTRO LA PIRATERIA ONLINE

Al centro di tutto si trovano le novelle legislative contro la pirateria online che inaspriscono nettamente le pene per tutti quei soggetti che, oltre a praticarla in prima persona, la favorirebbero. La sensazione è che la maggioranza di governo, più che dar tutela alle major del cinema che lamentano il download di film pirata, voglia recepire le incessanti lamentele della Serie A potenziando l’efficacia della piattaforma Piracy Shield entrata in funzione lo scorso febbraio che consente di oscurare in automatico entro 30 minuti i siti che trasmettono illegalmente contenuti in streaming.

I CASI DI RESPONSABILITA’ PENALE PER OPERATORI E FORNITORI DI SERVIZI

Sono due i passaggi che non vanno giù alle Tlc e a Google e che, a detta loro, renderebbero la normativa italiana un unicum europeo in contrasto persino col diritto comunitario. Il primo riguarda l’ampiamento del perimetro dei soggetti cui la polizia giudiziaria potrebbe bussare la porta in caso di illecito che arriverebbe a ricomprendere i “fornitori di servizi di Vpn e quelli di Dns pubblicamente disponibili ovunque residenti e ovunque localizzati“.

Il secondo passaggio che per Google è un vero e proprio intervento a gamba tesa impone ai “prestatori di servizi di accesso alla rete, ai soggetti gestori di motori di ricerca e ai fornitori di servizi della società dell’informazione, ivi inclusi i fornitori e gli intermediari di vpn o comunque di soluzioni tecniche che ostacolano l’identificazione dell’indirizzo IP di origine, gli operatori di content delivery network, i fornitori di servizi di sicurezza internet e di Dns distribuiti, che si pongono tra i visitatori di un sito, e gli hosting provider che agiscono come reverse proxy server per siti web” di segnalare “immediatamente” all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria le condotte penalmente rilevanti. Altrimenti scatta la responsabilità penale per fatto altrui con tanto di punizione “con la reclusione fino a un anno”.

PER GOOGLE QUESTO TIPO DI LOTTA ALLA PIRATERIA ONLINE È INAPPLICABILE

Per Google quest’ultimo passaggio sarebbe persino irrealizzabile sul piano pratico. Diego Ciulli, Head of Government Affairs and Public Policy di Google Italia, commentando la novità normativa a stretto giro ha infatti scritto sul suo profilo LinkedIn: “Sotto l’etichetta di ‘contrasto alla pirateria’, il Senato ha approvato una norma che obbliga le piattaforme digitali a comunicare all’autorità giudiziaria tutte le violazioni di diritto d’autore – presenti, passate e future – di cui vengano a conoscenza. Lo sapete quante sono nel caso di Google? Al momento, 9.756.931.770. Insomma, il Senato ci chiede di inondare l’autorità giudiziaria di quasi 10 miliardi di URL – e prevede il carcere se manchiamo una sola notifica. Se la norma non viene corretta, il rischio è di fare il contrario dello spirito della legge: ingolfare l’autorità giudiziaria, e togliere risorse alla lotta alla pirateria”.

LOTTA ALLA PIRATERIA ONLINE, LE TLC SCRIVONO A MEZZO GOVERNO

Ma a quanto racconta oggi Il Sole24Ore si sono mossi anche gli amministratori delegati delle cinque principali compagnie telefoniche italiane – Tim, Vodafone Italia, Wind Tre, Iliad e Fastweb – con una lettera indirizzata a mezzo governo (si va dalla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano al ministro della Giustizia Carlo Nordio passando per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il titolare del Mimit Adolfo Urso e il ministro dello Sport Andrea Abodi) per chiedere una modifica con il primo strumento utile fra decreti in via di conversione o, in zona Cesarini, all’interno della prossima legge di Bilancio.

La missiva visionata dal quotidiano di Confindustria, nemmeno a dirlo, sottolinea la preoccupazione del mondo Tlc per “la responsabilità penale in capo ai rappresentanti legali per la mancata segnalazione di illeciti da parte delle società di telecomunicazioni, prevista dall’emendamento 6.0.36”. Obbligo che peraltro come già è stato scritto oltre agli operatori delle telecomunicazioni riguarda molti altri fornitori di servizi.

A far trasecolare i cinque Ceo la misura del carcere, ritenuta “sproporzionata rispetto alle condotte e violazioni già disciplinate dal Codice penale e dalla legge sul diritto d’autore”. Viene sottolineato l’unicum italiano: “per quanto è noto, a livello europeo non abbiamo contezza di normative che disciplinano situazioni analoghe”.

La norma anti pezzotto rischia di diventare anti Tlc: “Questa introduzione normativa si configura come una misura particolarmente pesante nei confronti del settore delle telecomunicazioni, il quale ha sempre dimostrato una costante collaborazione, investendo significative risorse per contrastare gli illeciti informatici e promuovere lo sviluppo digitale del Paese”. Per questo viene chiesto perentoriamente di “Eliminare il comma 3 dell’emendamento approvato, per garantire un quadro normativo più equilibrato e sostenibile per il settore delle telecomunicazioni”.

QUEL VECCHIO SCAZZO TRA SERIE A E ASSTEL…

Insomma, per il mondo Tlc (più Google) sarebbe proprio sbagliata la ratio dietro il nuovo impianto normativo che mira a punire penalmente gli operatori e non solo i pirati per avere la stretta sperata sulla pirateria online.

Una ratio che pare essere stata ispirata da un vecchio botta e risposta tra il numero 1 della Serie A, Luigi De Siervo e il presidente di Asstel – AssotelecomunicazioniMassimo Sarmi.

Oltre un anno e mezzo fa, infatti, De Siervo aveva dichiarato: “Il danno è di circa 1 miliardo ogni tre anni, ma tutto il calcio, anche la Serie B e la Lega Pro, è finanziato con i soldi dei diritti televisivi. C’è – aveva aggiunto – soprattutto l’atteggiamento omissivo delle società di telecomunicazione. Abbiamo il triste primato di essere il Paese col tasso di pirateria più alto al mondo. E questo – aveva sibilato l’Ad della Serie A – è avvenuto nel silenzio della politica e delle autorità. Le stesse società di telecomunicazione non hanno un interesse nel contrastare efficacemente la pirateria. Le Telco hanno beneficiato di alti volumi di traffico, facilmente riconducibili agli orari delle partite. E non hanno fornito la collaborazione minima che ci saremmo aspettati da chi vive in un mercato che deve essere legale”.

Inevitabile la replica dell’Associazione più importante del settore, secondo la quale le accuse dell’ad della Lega Serie A rispetto ad una presunta tolleranza del fenomeno della pirateria da parte degli Operatori di telecomunicazioni dovevano essere respinte con fermezza: “Siamo stupiti dalle dichiarazioni dei vertici della Lega Serie A sugli Operatori di telecomunicazioni che respingiamo in toto – la replica del presidente di Asstel, Massimo Sarmi-. Va ricordato che sin dal 2013 l’Italia, grazie all’iniziativa dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e alla fattiva collaborazione degli Operatori, si è dotata di strumenti che consentono di intervenire per bloccare la trasmissione illecita dei contenuti. Tale attività viene svolta da circa 10 anni in maniera fattiva senza alcun ristoro dei costi sostenuti”.

Eppure, viste le novelle legislative appena scese in campo, appare abbastanza evidente per quale squadra la maggioranza abbia scelto di tifare.

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