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Pd, Cgil e rettori sparacchiano su università telematiche private e decreto Bernini

Flc Cgil carica a testa bassa il decreto Bernini ribattezzato legge Bandecchi. Il Pd di Schlein sfruculia anche il gruppo Multiversity presieduto da Violante. E diversi atenei (Padova, Bologna, Firenze tra gli altri) stanno vietando ai propri docenti di insegnare anche nelle università telematiche. Ecco come si anima il dibattito sugli atenei digitali privati dopo il decreto Bernini

Dopo il caso di “fuoco amico” del capogruppo dem alla Camera Francesco Boccia che non ha certo speso parole gentili nei confronti della riforma delle Università telematiche apparecchiata al Mur (dove l’amico colpito sarebbe Luciano Violante, alla guida di Multiversity, il principale player del settore nel mercato italiano con gli atenei digitali Pegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma che ha risposto con un intervento sul quotidiano confindustriale), tocca ora alla Cgil crivellare di critiche il nuovo testo (qui sintesi e obiettivi dell’intervento del governo).
Su Articolo 33 che parla, anziché di Decreto Bernini di Decreto Bandecchi, è stata infatti pubblicata una lunga intervista a Luca Scacchi, Responsabile Forum Docenti Flc Cgil che intende il testo come una norma “espressamente voluta per bloccare gli effetti di un precedente atto della Ministra Messa”.
“Nel 2021 – argomenta Scacchi – dopo vent’anni di politiche specifiche e speciali per gli atenei telematici, il DM 1154/21 su accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio aveva finalmente previsto parametri nel numero di riferimento degli studenti e quindi nei requisiti di docenza uniformi per tutti i corsi di laurea. Il Ministero, con una precisazione successiva, aveva posto la verifica di quei parametri proprio al novembre 2024. L’entrata a regime di quelle disposizioni avrebbe comportato un cambio di scenario per le università telematiche, di fatto cancellando quei margini di redditività che gli hanno permesso di svilupparsi, sino a diventare oggetto di significativi investimenti internazionali (pensiamo all’acquisizione di Multiversity da parte del fondo CVC, che oggi controlla gli atenei Pegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma, per oltre un miliardo e mezzo di euro)”.

IL NODO DEL RAPPORTO STUDENTI – DOCENTI NELLE TELEMATICHE

“Le università telematiche – affonda Scacchi – in questi anni hanno raggiunto un rapporto tra studenti e docenti deforme, insostenibile da ogni punto di vista: l’ANVUR, nel suo rapporto 2023, aveva sottolineato come l’esplosione nel numero di iscritti, abbia determinato un rilevante aumento del rapporto studenti/docenti, passato da 152,2 del 2012 a 384,8 del 2022 (un indicatore di circa tredici volte superiore rispetto alle università tradizionali). Tredici volte!!! Il cosiddetto decreto Messa li avrebbe costretti ad assumere un numero spropositato di docenti. L’ANVUR lo ha calcolato: ne sarebbero stati necessari almeno 1.700 (oggi ne hanno 1.137 di ruolo, compresi Straordinari e RTD-a, cioè le figure a tempo determinato)”.
Per Scacchi “Il semplice rispetto dei parametri degli altri atenei pubblici e privati renderebbe i loro conti insostenibili, portandoli a cambiare politiche e comportamenti. Per questo le università telematiche hanno fatto di tutto, in questi anni, per bloccare quel Decreto: sono ricorsi al TAR, al Consiglio di Stato, alla Presidenza della Repubblica! Il risultato, alla fine, lo hanno ottenuto per via politica: hanno trovato una ministra di Forza Italia (lo stesso partito che, nel 2003, esprimeva la Ministra che li ha istituiti, e non credo sia un caso) e la Bernini ha riattivato un gruppo di lavoro ed ha fortissimamente voluto questo decreto. Di fatto, nessuno ha più puntato a rispettare il DDL 1152 da quando è in carica. Non solo contro le denunce e le iniziative della CGIL, ma persino contro i pareri di larga parte dei Rettori.”

L’ATTIVISMO DI BANDECCHI IN SOCCORSO DELLE TELEMATICHE

“Bandecchi – argomenta Scacchi – ha conquistato uno spazio oggettivo, nel gruppo di lavoro come nella dinamica politica: cioè, il patron di uno dei grandi atenei telematici, che è anche sindaco di Terni, proprio nelle settimane in cui si chiudeva il nuovo Decreto ha schierato con decisione la propria forza politica a sostegno della destra nelle recenti elezioni umbre. È il Decreto Bandecchi, allora, perché è un decreto politico e perché è un decreto che regala agli atenei profit e telematici lo spazio di una sopravvivenza e uno sviluppo. Al costo, però, di dequalificare strutturalmente una parte dell’università italiana”.

IL BUSINESS DELLE TELEMATICHE

“In questi anni – prosegue Scacchi – il boom di iscritti si è costruito su un sistema di Learning Point e Centri di orientamento, diffusi nei territori (800 solo per Multiversity, ma altri atenei hanno seguito il modello) e in franchising (gestiti da scuole private, agenzie e società indipendenti). Questi centri raccolgono le iscrizioni e offrono supporto nello studio, ma organizzano anche esami di prossimità (negli ultimi anni continuando a fare esami online anche quando evidentemente vietati dalla normativa, senza che il Ministero o il CUN intervenissero, nonostante avessimo formalmente segnalato la cosa). Questi esami, violando espressamente la normativa, non sono solo costruiti su dispense, ma sono obbligatoriamente a scelta multipla, con un set di domande limitato (30/32 quesiti), sorteggiati ad ogni appello da un paniere di qualche centinaio di domande, consegnate dal docente all’Ateneo all’inizio dell’anno accademico. Però – l’accusa -, nei Learning point, nei centri di Orientamento, nelle loro chat e community questi “panieri” di domande circolano”.

LE DISPENSE SUI SOCIAL

“Gli esami universitari – l’affondo dell’intervistato – diventano così organizzati come quelli della Patente: in ogni social si trovano tutorial di studenti delle telematiche che spiegano l’inutilità di seguire realmente le lezioni o studiare “le dispense”, per passare gli esami basta studiare sui set di domande e risposte che circolano, appunto come si fa per l’esame della Patente. Questo è il cuore, oggi, delle università telematiche”.

LE NON-NOVITA’ DEL DECRETO BERNINI

“Nei comunicati stampa del Ministero, come in diversi media – chiosa Scacchi -, si trasmette l’idea che il nuovo Decreto porti finalmente ordine e norme in tutto questo. Teniamo presente che le norme sugli esami in presenza, sulla libertà di docenza e quindi sulle forme di esame c’erano già, molto chiare e nette (infatti, sono quelle seguite nelle università pubbliche e private). Questo decreto, invece, per la prima volta prevede eccezioni, che potranno esser allargate anche in base alle “tecnologie disponibili” (non solo in relazione a gravi malattie o casi eccezionali), e soprattutto costruisce un format di esame con valutazioni e prove intermedie (necessariamente online), che fa rientrare dalla finestra quello che apparentemente si caccia dalla porta.”

TUTTE LE CRITICHE DI FLC CGIL AL DECRETO BERNINI

Già lo scorso mese la sigla sindacale aveva pubblicato un approfondimento assai duro rispetto alle novità della riforma: “La ministra Bernini si è impegnata a salvare le università telematiche.  […] Lo schema di decreto concede tre salvaguardie e assesta un buffetto. In queste settimane sono circolate diverse bozze, arrivando anche sui media ipotesi più o meno compiacenti rispetto ad interessi e prospettive delle università telematiche”.

“Tre – viene argomentato – ci sembrano i punti focali di questo Decreto, che concedono molto e soprattutto l’essenziale a chi sulle modifiche del DM 1154 giocava gli stessi spazi di sopravvivenza del proprio business, come sottolineato da un’agenzia internazionale di rating. […] In primo luogo, sono rivisti i requisiti relativi alla numerosità di riferimento degli studenti. L’obbiettivo di fondo di impedire l’applicazione del DM 1154 è stato raggiunto, ben oltre la semplice richiesta di slittamento dei requisiti. […] In secondo luogo, si rivede i tempi per raggiungere questi requisiti. Se il Decreto direttoriale 2711/21 imponevano il rispetto dei requisiti entro il 30 novembre 2024, la data di verifica dei nuovi requisiti alleggeriti è ulteriormente posposta di 3 o 4 anni (i piani di raggiungimento adottati in relazione ai corsi di studio accreditati sino all’a.a. 2024/2025 la durata è pari alla durata normale dei corsi incrementato di uno). Si moltiplicano, cioè, gli anni di slittamento dall’emendamento leghista. […] In terzo luogo, si interviene sugli esami. Il Decreto apparentemente regola ulteriormente questa materia, del resto già regolata dalle norme precedenti, continuamente violate negli scorsi anni senza alcun intervento di MUR, CUN e ANVUR. Però la regolazione prevista nel testo è in realtà distorta, con eccezioni ad oggi inesistenti e indicazioni perentorie sulle modalità di valutazione. Il Decreto, infatti, introduce puntuali deroghe alla presenza alle valutazioni di profitto e alle prove finali, in relazione ad a) specifiche situazioni personali, relative a studenti con gravi e documentate patologie, infermità o in detenzione, b) temporanee situazioni emergenziali, prevedendo però che le fattispecie di cui al presente comma possono essere integrate con decreto del Ministro sulla base del mutamento delle tecnologie a disposizione per lo svolgimento degli esami. Si prevede quindi esplicitamente la possibilità di ulteriore deroghe, non in considerazione di condizioni straordinarie, ma sulla base dell’esistenza di tecnologie appropriate. Cioè, questo Decreto, al di là di una costruzione che sembra suggerire una previsione eccezionale degli esami on line, introduce di fatto la possibilità di tenere usualmente esami a distanza sulla base delle tecnologie a disposizione, attraverso successive disposizioni ministeriali. Inoltre, si introduce in allegato l’indicazione che l’esame di profitto in presenza dovrà tener conto e valorizzare il lavoro svolto in rete (attività svolte a distanza, quantità e qualità delle interazioni on line, ecc.), a partire dai risultati di un certo numero di prove intermedie e dalla qualità della partecipazione alle attività on line (frequenza e qualità degli interventi monitorabili attraverso la piattaforma). Cioè, nello stesso momento in cui si afferma la necessità della presenza, si indica anche l’obbligo di considerare nella valutazione di profitto le prove intermedie a distanza e le interazioni on line. Al di là dell’inclusione in documenti ministeriali di disposizioni sulle forme di esame e sulla loro valutazione, si prevede quindi una componente on line obbligatoria nella valutazione, riducendo di fatto il valore e il peso dell’esame in presenza. In conclusione, la nuova regolazione è in realtà funzionale a permettere alle telematiche di costruire percorsi di aggiramento tali da confermare l’attuale accompagnamento agli esami al centro del loro modello di business.”.”Infine – chiosano sarcasticamente dal sindacato -, un buffetto. La discussione degli scorsi mesi sullo sviluppo delle università telematiche, sui pregi e sui limiti della didattica a distanza, anche alla luce della massiva esperienza dell’emergenza pandemica, aveva sviluppato nel mondo accademico una diffusa e consolidata valutazione relativa alle necessità di prevedere spazi adeguati di didattica sincrona, cioè di lezioni on line non registrate, in cui l’interazione fosse diretta. Questa valutazione interferiva fondamentalmente con un modello di università a distanza che in questi anni non si è consolidato sulla visione o l’ascolto delle lezioni, ma sulla preparazione degli esami a scelta multipla (come evidente nei tutorial presenti in rete). Le ipotesi che sono circolate in questi mesi chiedevano la presenza di almeno un 30%, se non un 40%, di lezioni on line all’interno di ogni corso telematico. Il Decreto prevede lo svolgimento in forma sincrona di una quota, comunque, non inferiore al 20% di ciascuna delle attività didattiche svolte a distanza. Anche qui, evidente è l’obbiettivo di ridimensionare e salvaguardare l’attuale modello degli atenei telematici”, l’attacco del sindacato.

I RETTORI DIFFIDANO DELLE UNIVERSITA’ TELEMATICHE

Non sono pochi gli atenei tradizionali che stanno vietando ai propri docenti di insegnare anche nelle telematiche. Alcuni casi si sono registrati a Padova, Bologna e Firenze: una scelta confermata dal TAR del Veneto (sentenza n. 02020/2024), “in nome della salvaguardia della concorrenza”, esultano dal sindacato.

Non si tratta di mero snobismo, come ha recentemente spiegato al Manifesto il professor Riccardo Zucchi, rettore dell’Università di Pisa, ma di due modi difformi di intendere l’istruzione: “La formazione non può essere solo a distanza. Durante il Covid lo abbiamo capito, anche se dopo non abbiamo fatto abbastanza per rispondere ai bisogni degli studenti-lavoratori o di quelli che vivono lontano, usando virtuosamente la tecnologia. Ricordiamo anche che il rapporto studenti/docenti è di circa di 26 studenti a 1 docente, nelle telematiche è di circa 300 a 1. Penso che la natura pubblica dell’università sia un valore in sé. In ogni caso le regole di accreditamento devono essere le stesse per tutti.”

La posizione della Crui, la Conferenza dei rettori, è ben chiara avendo redatto un parere madido di critiche sul decreto Bernini a fine novembre. A Repubblica Giovanna Iannantuoni, rettrice della Bicocca di Milano, nonché presidente della Conferenza dei rettori, qualche tempo fa aveva dichiarato: “Non può bastare lo schermo di un pc per formare brillanti coscienze critiche. Le telematiche non sono un ascensore sociale, creano soltanto studenti di altro tipo”.

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