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Perché Tim denuncia Bisignani. Il caso Copasir-Madron

Perché il gruppo Tim ha denunciato Luigi Bisignani? Fatti, approfondimenti e bizzarrie

 

Torna a fare notizia, o almeno ci prova, Luigi Bisignani, in spolvero ora che è tornato nelle librerie col pamphlet scritto a quattro mani con l’amico giornalista Paolo Madron, direttore della rediviva Lettera43.

Nell’ultima lettera scritta al Tempo (e già sarebbe da chiedersi perché i suoi articoli, pubblicati a cadenza regolare, compaiano sotto forma di missive, forse perché come si è ricordato su Start Magazine soprattutto ai tanti smemorati che continuano a definirlo giornalista, a seguito delle condanne passate in giudicato è stato radiato dall’Ordine?), si lascia andare a rivelazioni di spicco su Eugenio Santagata, Chief Public Affairs & Security Officer presso TIM Group, oltre ad essere amministratore delegato di Telsy (gruppo Tim).

COSA HA SCRITTO QUESTA VOLTA BISIGNANI

Ebbene, secondo Bisignani “l’integerrimo ex ufficiale dell’esercito si è presentato nelle ultime settimane al Copasir per ben tre volte nelle sue varie vesti”. E già qui sembra partire, camuffata alla meno peggio, la pubblicità occulta al proprio libro: “Ad accendere l’interesse del Copasir sono state le rivelazioni di Paolo Madron che nel libro scritto assieme «I potenti al tempo di Giorgia», denuncia che circa 400 nominativi potrebbero essere stati spiati con annessa attività di dossieraggio”.

LA FONTE DI BISIGNANI SU TIM SAREBBE MADRON

“Secondo quanto ha potuto accertare Madron da alcuni membri del comitato parlamentare per la sicurezza (e sui Servizi segreti) che hanno preteso l’anonimato – scrive Bisignani a proposito del Copasir -, il manager non solo ha riferito che tra le attività istituzionali del suo gruppo c’è la possibilità di ascolto delle utenze voce ed etere di nominativi internazionali utili per la sicurezza nazionale, ma anche di ignari cittadini italiani. «Ascolti» tecnicamente possibili anche utilizzando WhatsApp, Signal e altre applicazioni di telecomunicazione e messaggistica. Come se non bastasse, a seconda dell’interesse delle conversazioni captate, con possibilità di allargare gli ascolti anche ad altre utenze, il cosiddetto sistema «a strascico» attraverso il metodo che gli operatori preposti chiamano, «la doppietta», pare perché sono due cavi che si sovrappongono”.

Ci sarebbe insomma un gruppo o una sua parte (lo stesso Bisignani si chiede se “un uomo delle Istituzioni come il Presidente di Tim Salvatore Rossi e il suo Cda erano al corrente di questa delicata attività o ne chiederanno conto”) che agisce con poteri illimitati, che valicano quelli riconosciuti nel dettaglio alla magistratura, per spiare o fare una non meglio attività di dossieraggio (ci torneremo a breve).

Un scoop che provocherebbe una crisi aziendale, politica e istituzionale con riflessi anche internazionali, visto che Tim ha come maggiore azionista il gruppo francese Vivendi, è partecipata da Cassa depositi e prestiti (controllata dal ministero dell’Economia) e ha fra le società del gruppo anche Telecom Italia Sparkle, ovvero gli strategici cavi sottomarini in cui passano le comunicazioni intercontinentali e per questo usate anche dai Servizi.

Per Bisignani lo scoop più grande da Tangentopoli lo si deve a Madron, che però fino alla pubblicazione del testo del lobbista Bisignani nulla aveva detto o scritto. Il 2 luglio, mentre la letterina di Bisignani appare nella quinta pagina del Tempo (occupandola per intero), Madron sibilino twitta: “Le intercettazioni sono come le ciliegie: irresistibili, una tira l’altra. Anche se a mangiarne troppe si rischia poi di stare male”. Ma delle indiscrezioni-choc attribuite da Bisignani a Madron non vi è traccia sui social dello stesso Madron e sui giornali diretti dallo stesso Madron.

 

Lettera43 arriva sull’argomento solo l’indomani col pezzo di Giovanna Predoni (pseudonimo? Possibile visto che Google non restituisce altri risultati se non quanto scrive su L43, assente pure da Twitter e LinkedIn) “Tim in fibrillazione per il caso intercettazioni“, che ha in bella mostra pure il banner pubblicitario per l’acquisto del libro scritto da Bisignani e Madron. Delicatissimo.

bisignani tim madron

Tra uno spot e l’altro, si legge: “Acque movimentate in Tim, e stavolta non per la vendita della rete che sta attirando da mesi l’attenzione sull’ex monopolista dei telefoni. L’azienda ha convocato nei prossimi giorni una riunione del comitato rischi e del collegio sindacale con all’ordine del giorno la questione intercettazioni. Ciò fa seguito agli sviluppi della notizia, contenuta nel libro di Luigi Bisignani e Paolo Madron (direttore di questo giornale) I potenti al tempo di Giorgia, che prima di entrare a Palazzo Chigi la premier era stata avvisata che ci fossero 400 utenze di personaggi vicini al suo mondo, comprese quelle di alcuni giornalisti, captate dai Servizi segreti”.

E fin qui, nulla di nuovo, siamo sempre nell’alveo pubblicitario. Il lettore che ha letto le anticipazioni-bomba di Bisignani però scalpita e vuole sapere di più su questi pezzi deviati di Tim che, per citare proprio l’ex iscritto alla P2, inscenerebbero nel nostro Paese, all’insaputa dei più, “«Le vite degli altri», il film tedesco che ripercorreva i tempi sinistri della «Stasi», la famigerata polizia segreta di Berlino Est”.

E quale posto migliore del giornale diretto da Lettera43 per scoprire tutta la verità visto Madron lo aveva sussurrato alla firma del quotidiano romano? L’articolo del sito diretto da Madron prosegue: “In una audizione al Copasir avvenuta il 20 giugno, il responsabile della sicurezza e dei Public Affairs di Tim, Eugenio Santagata, ha confermato che tra le attività dell’ex monopolista dei telefoni rientra non solo quella di fare intercettazioni utili per la sicurezza nazionale, ma anche di estenderle qualora l’autorità lo ritenesse a comuni cittadini con quello che comunemente viene definito un sistema “a strascico”. Il che vuol dire che sotto il sacrosanto motivo della sicurezza nazionale si rischia di violare la privacy di tutti”.

Ma questa versione, come è palese, si discosta da quella che Bisignani il giorno prima ha attribuito a Madron: che l’autorità intercetti e, qualora lo ritenga necessario, possa procedere a strascico lo sappiamo bene ed è una attività codificata. Peraltro, a dispetto di quanto scrive Bisignani, non è Tim ad agire direttamente, ma una autorità che ne sfrutta l’infrastruttura.

Da qui, del resto, l’annosa discussione se convenga far cadere la stessa in mano ad attori esteri e questo perché è delicata, è sfruttata tanto dalla magistratura quanto dall’Intelligence.

Consapevole che lo scoop sia piuttosto loffio, l’autrice dell’articolo si limita a ricordare come probabilmente Santagata “lasci intuire il pericolo che tra le maglie dell’autorizzazione delle autorità competenti ci sia spazio per attività discrezionali che travalicano i limiti dell’intervento”, ma anche qui ci troviamo di fronte a un’arma ormai spuntata, perché ogni intercettazione effettuata discende da attività discrezionali e su ciascuna di queste andrebbe operato un controllo per capire se i limiti siano stati violati.

A ogni modo, una cosa è dire che c’è un pezzo di Tim che ascolta chiunque, magari per fare attività di dossieraggio (Bisignani retoricamente si interroga sulla ratio dietro le rivelazioni di Santagata “Ma di cosa si è trattato? Di un avvertimento per dire che tutti possono essere intercettati e monitorati? Di una smargiassata?”), un’altra è affermare, come fa la testata diretta da Madron, “che tra le attività dell’ex monopolista dei telefoni rientra non solo quella di fare intercettazioni utili per la sicurezza nazionale, ma anche di estenderle qualora l’autorità lo ritenesse a comuni cittadini”, condotta pienamente riconosciuta alla magistratura (e difatti nei brogliacci ci finiscono onorevoli che non potrebbero essere intercettati perché captati “di rimbalzo”, ovvero al telefono col soggetto intercettato, quello sì sprovvisto di tutele).

L’aspetto più ilare della vicenda, comunque, non è solo che Madron e Bisignani non si siano accordati sul contenuto della loro ultima rivelazione, ma che Lettera43 non interpelli nemmeno il proprio direttore, utilizzando come fonte “la ricostruzione fatta da Madron viene rilanciata da Bisignani in un articolo apparso sul Tempo domenica 2 luglio”.

Il gioco di rimpalli si conclude oggi con la pubblicazione sul Tempo di un pezzo che ricalca al 95% esattamente quello di Lettera 43, con alcuni cambiamenti di forma e di parole fra cui l’autore del pezzo: al posto di Predoni, “Leo.Ven.”, ossia Leonardo Ventura, storico pseudonimo del quotidiano ora del gruppo Angelucci.

Insomma, Bisignani rimanda a Madron, Lettera43 a Bisignani che rimanda a Madron, nessuno sente il dovere, su un argomento tanto delicato a fronte di due ricostruzioni così difformi, di sentire il detentore dello scoop, che nel caso dei giornalisti di L43 stava probabilmente nell’altra stanza. Sarebbe troppo di bassa lega intervistare il direttore Madron sul proprio quotidiano, forse? Meglio allora riempire la testata con scoop dalla dubbia portata infarciti di banner pubblicitari che rinviano al libro?

In tutto questo – piccola postilla a margine – Tim ha annunciato che querelerà Bisignani.

Inoltre – seconda postilla a margine – il presidente del Copasir, Lorenzo Guerini (Pd), sull’articolo di Bisignani ha detto che “le notizie riportate dall’articolo in merito ai contenuti delle audizioni citate sono destituite di fondamento”.

Dunque – terza e ultima postilla – la notizia vera è che di tutto il casino di cui si è scritto su Tempo e Lettera43 non si è invece parlato, come messo nero su bianco – appunto – da Copasir e da Tim.

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