Per anni, di Luigi Bisignani (nella foto con Paolo Madron) i giornali avevano in mano solo una foto piuttosto vecchia e in bassissima risoluzione, nella quale si distingueva appena una montatura d’occhiali anni ’70. Nell’ultimo periodo, invece, la sua figura è in grande spolvero: ha iniziato (e non ha più smesso) a frequentare i salotti televisivi come pure quelli degli intellettuali dove viene sovente interpellato come un oracolo, solo e unico detentore di tutte le verità del Paese. Nella La7 di Urbano Cairo ha recentemente commentato la vicenda giudiziaria che ha coinvolto Massimo D’Alema, per Il Tempo ha appena finito di delineare il ritratto del defunto Cavaliere (per il quotidiano degli Angelucci – fin dalla direzione di Franco Bechis, ora direttore di Open fondato da Enrico Mentana – Bisignani scrive articoli zeppi di veleni misti a rumors che il giornale pubblica sotto forma di lettere).
BISIGNANI OSPITE DI CONFINDUSTRIA
Ha destato più di qualche sorpresa la sua recente partecipazione al Festival di Trento organizzato dal Gruppo del Sole 24 Ore e, dunque, di Confindustria. Presentato come un giornalista (è stato radiato da tempo, come vedremo) “Luigi Bisignani ha lavorato per varie testate giornalistiche. Ha scritto per Rusconi Il sigillo della porpora e Nostra signora del Kgb. Per Chiarelettere: Il Direttore (2014) e con Paolo Madron L’uomo che sussurra ai potenti (2013)”.
E a Trento ha presentato l’ultimo libro, scritto sempre con Paolo Madron (non a caso Tag43, testata online nata dalla costola della sfortunata Lettera43, tornata da pochi giorni on line, entrambe dirette proprio da Madron, gli ha dedicato ampio spazio), I potenti al tempo di Giorgia, edito da Chiarelettere.
Ha sorpreso molti addetti ai lavori che un uomo, definito a più riprese dai media “faccendiere” o “lobbista”, del quale esattamente nessuno conosce l’esatta professione, venga ospitato dalla manifestazione di Confindustria e che sia citato – come è avvenuto negli scorsi mesi – in un articolo del Sole 24 Ore sul dossier Tim per una sua lettera al Tempo. Recentemente Bisignani è stato ospite anche del salotto virtuale War Room (trasmissione edita da InConTra, associazione culturale di Enrico Cisnetto – giornalista e consulente per la comunicazione di aziende e manager – e della imprenditrice Iole Sacchi Cisnetto) curato dal giornalista e saggista Alessandro Barbano, giornalista, saggista e noto garantista, tant’è che nel presentare Bisignani dice: “E’ stato al centro di alcune inchieste che come costume dell’azione penale italiane si sono concluse in un flop”, ottenendo in risposta la correzione imbarazzata del suo stesso ospite: “Mezzo flop”, ha bofonchiato Bisignani mentre veniva presentato.
LE SUE INCHIESTE SONO STATE DAVVERO DEI FLOP?
Già, perché non tutte le inchieste si sono risolte nella proverbiale bolla di sapone. Ed è il motivo per il quale è sbagliato continuare a presentarlo come giornalista. Nel 1993 viene accusato di violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti. Il processo sulla maxitangente Enimont arriva in Cassazione nel 1998 e Bisignani viene condannato a due anni e otto mesi di reclusione. Per via della condanna, nel 2002 è stato radiato dall’ordine dei giornalisti.
Il 25 novembre 2011, Bisignani aveva anche patteggiato una pena a un anno e 7 mesi di reclusione con i pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio, titolari dell’inchiesta sulla presunta associazione segreta P4 che avrebbe carpito informazioni riservate per esercitare pressioni su imprenditori e politici. Il 29 novembre 2012 la sesta sezione della Corte di Cassazione aveva respinto il ricorso rendendo quella sentenza definitiva.
Non è più online per via forse di qualche inghippo interno al sito, ma il Consiglio dell’Ordine ha anche dovuto specificare che Luigi Bisignani non deve essere più chiamato giornalista, essendo stato radiato. Eppure la maggior parte di coloro che lo ospitano, non sapendo bene quale job title appiccicargli, fa finta di nulla e continua a presentarlo come giornalista.
Ci ha recentemente scherzato su anche il quotidiano Domani: “Mai nessuno ha capito bene “Bisi” che lavoro fa. Persino il suo editore, Chiarelettere, ha avuto difficoltà a definirlo per le campagne pubblicitarie: «Sono uno scrittore», risponde lui. In realtà non si può mettere nelle brochure, ma Bisignani è innanzitutto un mediatore di affari”. Insomma, che lavoro faccia è un altro dei tanti misteri d’Italia ai quali solo Bisignani sembra poter dare risposta.
Eppure Bisignani e Madron quasi si lagnano per la censura che viene esercitata su di loro. “Mediaset ha cancellato due ospitate di Luigi Bisignani, autore assieme a Paolo Madron del libro sui segreti del potere meloniano. Sarà perché svela i dettagli del patto tra la premier e Marina Berlusconi? O perché racconta l’inquietante ascesa della finta moglie di Silvio? Di certo il Cav non avrebbe mai preso una decisione del genere”, ha scritto il risorto Lettera43, giornale fondato e diretto da Madron, che dopo 13 anni nella Mondadori berlusconiana (è stato anche vicedirettore di Panorama e direttore di Panorama Economy), negli ultimi giorni ha twittato indignato: “Quanto è tossico questo incrocio tra politica e affari, Forza Italia e Mediaset, tra Stato e partito-azienda”. Indignazione di sicuro condivisa anche da Bisignani, naturalmente. O no?