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Stresa

La tragedia di Stresa e il turismo dell’orrore

Il post di Alessandra Servidori   La tragedia della funivia di Stresa ci ha riportato di colpo in una situazione terrificante che il Covid aveva frenato: il fenomeno del turismo dell’orrore che consiste nella ricerca di quei luoghi in cui si sono consumati tragedie collettive e delitti efferati o di quei contesti in cui gli…

 

La tragedia della funivia di Stresa ci ha riportato di colpo in una situazione terrificante che il Covid aveva frenato: il fenomeno del turismo dell’orrore che consiste nella ricerca di quei luoghi in cui si sono consumati tragedie collettive e delitti efferati o di quei contesti in cui gli eventi si sono manifestati in tutta la loro drammaticità.

Una massa di persone curiose e ciniche si è portata sul luogo impervio dove hanno perso la vita 14 e un piccolo di 5 anni lotta per continuare a vivere.

Il turismo nero è una manifestazione macabra. Le forme più “oscure” del turismo coinvolgono luoghi di morte e sofferenza, visitati per motivi perlopiù educativi e in cui l’evento tragico è avvenuto non molto tempo prima. L’intenzione del visitatore è quella di ricercare un’esperienza di “autenticità”, distante dagli standard dell’offerta tipica dell’industria culturale turistica. L’altro estremo coinvolge luoghi associati alla morte e alla sofferenza, visitati per divertimento in un contesto spesso molto turistico e più artificiale, in cui gli eventi proposti riguardano un passato ormai lontano.

Due esempi estremi sottesi a questa classificazione sono, da un lato, quello del campo di sterminio nazista e, dall’altro, delle attrazioni come il “London Dungeon”, una sorta di luna park in cui vengono inscenati gli eventi più macabri della storia di Londra avvalendosi di attori, effetti speciali e scenografie. La dottrina sociologica insegna come l’avvicinamento alla morte, alla sofferenza, alla violenza  dia la possibilità di vivere emozioni represse o di avvicinarsi a temi lontani dalla sfera concreta dell’esistenza.

Si parla di emozioni represse e temi lontani dalla sfera concreta dell’esistenza in quanto, per la persona, il diniego della morte diventa un perno fondamentale, rendendogli possibile la vita in un mondo maestoso e incomprensibile che, se accolto nella sua totalità, finirebbe per paralizzarlo. Ne consegue che l’uomo vive in una condizione di “menzogna vitale”, in cui egli si trova a dover negare la propria sorte e a esorcizzare la realtà; l’immagine pressoché stabile di noi stessi, quindi, non sarebbe altro che uno dei baluardi di questo processo di repressione e menzogna. Non solo l’individuo, ma anche molte popolazioni, specialmente quelle occidentali, tendono a negare la morte, o meglio, tendono a rendere il concetto di mortalità sempre più assente dalla loro esistenza.

Si presenta questa forma perversa di turismo come modalità di avvicinare l’uomo alla consapevolezza della morte che nel mondo occidentale spesso è considerato un tabù, un destino inevitabile da cui irrazionalmente si tenta sempre la fuga.

Questo risulta essere importante perché viviamo, infatti, in una società dove i valori morali, il senso d’identità e le tradizioni vengono sempre messi in discussione e dove la morte rimane l’unica certezza che abbiamo. Ma il precipitarsi di ieri sul luogo dell’incidente ha avuto risvolti veramente terrificanti perché la moltitudine era mossa da curiosità e non c’era nessuno che si voleva accertare del coinvolgimento di parenti o amici.

Una emozione ricercata come tante volte accade di persone chiaramente frustrate che partono da casa per lunghi viaggi per vedere i luoghi della tragedia che custodisce terribili drammi  di uomini, donne e bambini. Un comportamento malato spesso incentivato dai mass media i limiti della spettacolarizzazione, anche dal punto di vista etico e valoriale.

La rappresentazione dei casi di cronaca nera nei telegiornali e nei programmi televisivi, che coinvolgono il giudizio dell’opinione pubblica nell’indagare sulle circostanze e nel trovare i colpevoli,  viene  tradotta in particolare in una reazione mediatica. Ed è proprio questa reazione mediatica che viene studiata dal punto di vista criminologico, e più nello specifico da quello psico-sociale, proprio poiché viene analizzata come una reazione della società di fronte ai delitti che vengono commessi.

Quando di una notizia cominciano ad esserci dei dubbi, dei misteri, delle questioni poco chiare, tipiche dei casi di cronaca nera, l’opinione pubblica, in effetti, reagisce aprendosi al mistero di un omicidio, interrogandosi su chi è stato, su chi è l’assassino; domandandosi il perché è successo, le motivazioni scatenanti l’atto delittuoso.

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