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Cybersecurity

C’era una volta la “cyberdemocracy”

Il Bloc Notes di Michele Magno Diceva Ennio Flaiano che la verità non ha ormai più alcun senso da quando la menzogna è così a buon mercato. Purtroppo le fake news sono sempre esistite, né si possono imporre per legge le ragioni della verità violata. I media tradizionali, di cui gli anni centrali del Novecento…

Diceva Ennio Flaiano che la verità non ha ormai più alcun senso da quando la menzogna è così a buon mercato. Purtroppo le fake news sono sempre esistite, né si possono imporre per legge le ragioni della verità violata. I media tradizionali, di cui gli anni centrali del Novecento (quelli di Flaiano) hanno segnato il trionfo, comportavano un tipo di comunicazione unidirezionale: dal vertice alla base. L’unica differenza rispetto al passato riguardava l’ampiezza dell’uditorio. Gorgia parlava a una trentina di greci, Hitler a milioni di tedeschi.

Con la Rete la comunicazione diventa invece multidirezionale: la base può perfino governare e controllare il messaggio. Di qui la comparsa di nuove figure sociali: l’hacker e il “chiunque”, come l’ha chiamato Alain Badiou, ossia il cittadino del web senza identità e senza volto. Dunque ha ragione il partito dell’Internet bugiardo? In realtà, no. Beninteso, la lotta politica condotta a suon di fandonie sul palcoscenico nazionale (e internazionale) è avvantaggiata da tre fattori: la possibilità dell’anonimato; la possibilità di raggiungere rapidamente un vastissimo numero di persone: il fenomeno delle “cascate” informative (la bufala che diventa virale).

Siamo quindi ben lontani dalla “cyberdemocracy” immaginata da Nicholas Negroponte e Gianroberto Casaleggio. Come si può sconfiggere, allora, la facile menzogna dei professionisti del clic? Chi è favorevole a provvedimenti restrittivi della libertà di comunicazione, con il nobile scopo di arginare il falso, dovrebbe sapere che di fatto finiscono col mettere a tacere anche il vero. È il meccanismo che Cass Sunstein ha definito “chilling effect”, effetto gelante. Come sostiene la filosofa Franca D’Agostini in un aureo volumetto (“Menzogna”, Bollati Boringhieri, 2012), si può invece adottare il vecchio principio del “lasciar crescere la gramigna” perché con essa cresca anche il grano.

La verità infatti non ha da temere nulla dalla diffusione della menzogna, visto che quest’ultima ha comunque bisogno di lei per vivere e prosperare. Lo spiega molto bene la tradizione, descrivendo il mentitore prigioniero dei suoi inganni. Se infatti ci sono molti modi di mentire, mentre la verità è una sola, ciascuno di quei modi contiene in sé il vero che può distruggerlo dall’interno. Ed è quanto normalmente dovrebbe fare uno spirito critico ben allenato, a patto che “abbia voglia e tempo di mettere a tacere quelli che sono in definitiva le sue scimmie, o i suoi giullari: i mentitori” (D’Agostini). Già, uno spirito critico ben allenato: ma da chi, forse da un scuola in cui i professori sono umiliati dagli alunni e presi a ceffoni dai loro genitori?

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