skip to Main Content

Rinnovabili, ecco come sarà il 2015

Il 2015 del Coordinamento FREE si apre con la battaglia per il pellet e per la modifica del mercato elettrico in modo non penalizzante sulle rinnovabili. Un anno impegnativo anche per gli interrogativi sui sistemi incentivanti e, fuori dall’Italia, per la sfida del clima. Intervista a Gb Zorzoli Che bilancio fa dell’attività del Coordinamento FREE…

Che bilancio fa dell’attività del Coordinamento FREE nel 2014 e quali saranno le priorità dell’anno appena iniziato?
Il bilancio del 2014 da un punto di vista associativo è stato molto positivo: abbiamo avuto nuovi, significativi ingressi, come assoRinnovabili, raggiungendo così la rappresentanza del 92% delle associazioni di settore. Non altrettanto positivi possono dirsi i risultati ottenuti, come nella battaglia portata avanti contro lo spalma-incentivi, dove il Governo si è dimostrato piuttosto sordo.
Per il 2015 gli obiettivi sono diversi e in cantiere ci sono già molte iniziative. La prima riguarda il convegno che faremo a brevissimo sul tema delle biomasse, con particolare riferimento alla norma introdotta nella legge di stabilità che porta l’IVA sul pellet dal 10 al 22%.
L’Esecutivo continua a parlare di armonizzazione fiscale europea, ma i dati rivelano una situazione diversa: Austria, Francia e Inghilterra hanno un’IVA sul pellet del 5%, la Germania del 7%; noi in Italia avevamo già la percentuale più alta che ora è stata ulteriormente inasprita portandola al 22%. In questo modo si penalizza fortemente una fonte rinnovabile in crescita che, soprattutto nel riscaldamento delle zone non raggiunte dal metano, rappresenta un’alternativa a GPL e gasolio. Inoltre il pellet consentiva da solo di raggiungere l’obiettivo della parte non elettrica delle rinnovabili al 2020 secondo gli impegni europei. La norma ha invece voluto fare un bel regalo alle fonti fossili, per questo il convegno partirà proprio da questo tema, per impostare un discorso più generale sulle biomasse, con l’intento di coinvolgere le forze politiche e i rappresentati del governo.
La seconda azione significativa che porteremo avanti riguarda la modifica del mercato elettrico con l’attuale meccanismo basato sul costo marginale. (…)
Questi sono i primi due grandi obiettivi che abbiamo per il 2015, ai quali si affianca ovviamente una più generale azione di rilancio del settore, unita all’analisi e quindi alla discussione sul 2020 ormai alle porte. Si renderà sicuramente necessaria un’armonizzazione delle tendenze dal 2015 al 2020 per consentire il raggiungimento degli obiettivi del 2030, con una grande enfasi all’efficienza energetica. Le due Direttive europee di settore, applicate in Italia, potrebbero infatti dare un grande balzo in avanti all’efficienza, soprattutto nell’edilizia per gli edifici, dando così uno sbocco alle industrie delle costruzioni che oggi sono in grande crisi.
Per quanto riguarda strettamente l’Italia e lo sviluppo delle rinnovabili, come pensa potrà essere ulteriormente accompagnato lo sviluppo di settore in un quadro di sostenibilità anche economica?
Per le rinnovabili non fotovoltaiche abbiamo fatto una richiesta precisa direttamente al Vice Ministro De Vincenti (MiSE) per evitare il blocco a causa dello sforamento del tetto massimo di spesa degli incentivi. Noi chiediamo un raccordo fino al 2016, quando entrerà in vigore la Direttiva UE che prevede che tutto vada a bando e quindi avremo un altro sistema. Abbiamo avuto buone rassicurazioni che verrà introdotto entro gennaio un decreto che dovrebbe garantire questo passaggio.
C’è poi un secondo punto che riguarda l’accesso al conto termico, che a nostro avviso va notevolmente semplificato perché, com’è concepito attualmente, non viene praticamente utilizzato in quanto troppo complicato.
Il settore fotovoltaico, invece, se non vengono messi ostacoli particolare, è perfettamente in grado di camminare sulle proprie gambe. Nel 2013, anno per il quale abbiamo un consuntivo affidabile, 727 MW sono stati realizzati al di fuori del quinto Conto Energia, a dimostrazione della totale autonomia del settore.

rinnovsbili, eolico
rinnovsbili, eolico

L’Italia ha chiuso il suo Semestre di Presidenza europea. L’azione del nostro Paese sui temi dell’energia e dell’ambiente in questa finestra di tempo può dirsi soddisfacente? Come giudica gli obiettivi su clima ed energia al 2030 definiti a ottobre: rappresentano il massimo che si potesse ottenere o hanno ragione i critici?
Faccio sinceramente una grande fatica a ricordare qualcosa che nel Semestre europeo sia stato fatto per energia e ambiente. La cosa non mi stupisce, perché è stata trasposto in Europa l’atteggiamento che il Governo ha avuto a livello nazionale. Non c’è stata una grande spinta a sostenere soluzioni particolari per gli obiettivi del 2030, ma l’Italia si è limitata ad allinearsi con quanto proposto dagli altri Paesi.
Gli obiettivi sono molto bassi, non tutti vincolanti e non c’è niente di particolarmente ambizioso. Anche solo per forze inerziali, senza bastoni tra le ruote, l’obiettivo del 20% di rinnovabili sui consumi finali lordi al 2020 si raggiunge senza problemi. Non è un grande sforzo. Per di più non si è reso cogente, cosa che sarebbe stato utile e che non è mai stata fatta, l’efficientamento energetico.
Di sicuro, se da Parigi 2015 in poi comincerà a prevalere un criterio a livello mondiale più vincolante. penso sarà necessaria una rivisitazione anche a livello europeo.

Quella del COP 21 a Parigi viene giudicata da alcuni come l’ultima tappa utile per avviare un percorso che eviti il concretizzarsi degli allarmi lanciati dall’IPCC: soprattutto l’innalzamento della temperatura globale sopra i due gradi. Siamo all’ultima spiaggia?
La parola ultima spiaggia non mi piace. Diciamo che nel 2015 o si riesce a trovare un accordo globale o il risultato sarà che spenderemo un po’ meno per contrastare il riscaldamento globale e spenderemo molto di più per interventi “di rimedio”. Saranno infatti tutti investimenti molto più costosi.
Se non si raggiunge un accordo a Parigi si avrà su scala mondiale quello che noi sperimentiamo di continuo in Italia, dove non facciamo gli interventi preventivi e ogni volta che arriva una bomba d’acqua o un sisma spendiamo moltissimo per ripristinare. Il mondo rischia di far proprio questo modello, invece di prendere degli accordi vincolanti di mitigazione per evitare che si superi di due gradi l’incremento della temperatura globale.
C’è stato un famoso rapporto inglese di qualche anno fa che ha dimostrato come, rinviando gli interventi di mitigazione sul lungo tempo, aumentino di gran lunga i costi per porre rimedio ai danni. L’Europa resta comunque la regione più avanti in questo campo. Se, come pare, gli Stati Uniti decideranno realmente di fare qualcosa, trascinando anche India e Brasile, potrebbe concretizzarsi un contenimento di CO2 non dico sufficiente, ma tale da farci tirare un sospiro di sollievo. Questi Paesi, a cui aggiungo la Russia, sono tra i maggiori emettitori di CO2 della Terra. Per gli altri Paesi più piccoli, ancora scarsamente industrializzati e per questo scarsamente emettitori, vale quel che diceva Napoleone: “l’intendenza deve seguire”.

di Antonella Cocca 

L’intervista è stata pubblicata sull’ultimo numero de Il Pianeta Terra

Back To Top