Il gruppo siderurgico indiano-lussemburghese ArcelorMittal, il secondo maggiore produttore di acciaio al mondo, ha annunciato la cancellazione dei piani di conversione delle acciaierie di Brema e Eisenhuttenstadt, in Germania. Il passaggio dagli altiforni (alimentati a carbone) ai forni elettrici abbinati a impianti di riduzione diretta del ferro (alimentati a gas naturale ed eventualmente a idrogeno) è stato giudicato sconveniente nonostante gli aiuti pubblici: il governo tedesco, infatti, ha supportato il progetto della società con 1,3 miliardi di euro, che non verranno spesi perché l’investimento non si farà.
LA DECARBONIZZAZIONE DELL’ACCIAIO, IN TEORIA
La produzione di acciaio è responsabile all’incirca del 5 per cento delle emissioni totali di gas serra dell’Unione europea e del 7 per cento di quelle globali. Il processo di riduzione diretta rilascia meno CO2 rispetto al ciclo integrale in altoforno, che si basa sul carbone coke: in teoria, sarebbe possibile produrre acciaio a emissioni zero andando ad alimentare i forni elettrici con l’elettricità generata da fonti pulite (come le rinnovabili o il nucleare) e utilizzando l’idrogeno al posto del gas naturale negli impianti di riduzione diretta. L’idrogeno cosiddetto “verde” è un combustibile prodotto con l’elettricità da fonti pulite, ma non viene utilizzato nelle industrie perché estremamente costoso.
La Commissione europea vuole che entro il 2050 l’idrogeno verde abbia una quota del 10 per cento nel mix energetico comunitario, ma potrebbe trattarsi di un obiettivo irrealizzabile data la situazione attuale. Il mercato di questo combustibile pulito, infatti, non “parte”: da un lato, i prezzi elevati scoraggiano la domanda; dall’altro, l’assenza della domanda disincentiva i produttori a investire nell’efficienza produttiva, che permetterebbe di abbassare i costi.
LE RAGIONI DI ARCELORMITTAL
Nel motivare la rinuncia all’investimento nella riconversione delle due acciaierie tedesche, ArcelorMittal ha spiegato che ci sono stati “progressi più lenti del previsto in tutti gli aspetti della transizione energetica”: “l’idrogeno verde”, ha aggiunto, “non è ancora una fonte di carburante praticabile, e la produzione via riduzione diretta del ferro a base di gas naturale non è competitiva come soluzione provvisoria”.
Colpa degli alti prezzi dell’energia, insomma, un problema che non riguarda solo la Germania ma l’intera Europa e che la mette in una situazione di svantaggio competitivo rispetto all’Asia e al Nordamerica. Ma c’è dell’altro: ArcelorMittal – come il resto dell’industria siderurgica del Vecchio continente – si lamenta infatti anche per la forte crescita delle importazioni di acciaio e derivati in Europa, che deprime i prezzi di vendita e abbatte la profittabilità dei produttori comunitari, che devono peraltro sottostare a normative più stringenti sulle emissioni.
ARCELORMITTAL SI CONCENTRERÀ SULLA FRANCIA
Nel comunicato, ArcelorMittal ha fatto sapere che i suoi forni elettrici ad arco “saranno realizzati in paesi in grado di fornire visibilità e certezza sull’elettricità a basso costo”: cioè in Francia, più precisamente a Dunkerque. A differenza della Germania, la Francia può contare sulle centrali nucleari che forniscono elettricità pulita, stabile e a prezzi vantaggiosi. Lo stabilimento di Dunkerque si trova nelle vicinanze della centrale nucleare di Gravelines.
LA CRISI DELL’ACCIAIO VERDE IN EUROPA
L’industria siderurgica europea europea vale il 7 per cento della produzione mondiale di acciaio, registra entrate per 190 miliardi di euro e dà lavoro a oltre 300.000 persone, come riporta il Financial Times. Il settore, però, risente dei prezzi alti dell’energia, la quale incide per il 17 per cento sui costi di produzione.
L’Unione europea vorrebbe che il comparto siderurgico riducesse le proprie emissioni del 30 per cento entro il 2030, rispetto ai valori del 2018. Il problema è che, sebbene circa il 40 per cento dell’acciaio europeo venga prodotto nei forni elettrici, gli impianti alimentati a idrogeno verde sono meno dell’1 per cento del totale e nella maggior parte dei casi sono progetti pilota, non commerciali.
Secondo Axel Eggert di Eurofer, l’associazione europea dell’acciaio, “in Europa non esiste il business case per l’acciaio verde”.