Accordi e disaccordi fra Usa e Cina su dazi, terre rare e non solo. Conversazione di Marco Mayer con il Professore Luciano Segreto, docente di storia economica alla Scuola di Scienza Politica all’Università di Firenze e autore del nuovo libro “Il costruttore e il giocatore, Serafino Ferruzzi, Raul Gardini e la fine di un grande gruppo” edito da Feltrinelli.
Come valuti l’accordo raggiunto in questi giorni oggi tra gli Stati Uniti e la Cina?
Siamo nell’epoca degli annunci. Ciò che conta è annunciare un accordo, non spiegare in dettaglio in che cosa consiste: quali quantità di terre rare sono previste?, per quanto tempo sarà valido l’accordo? Non ci sono dati, ma solo affermazioni di principio, utilizzabili per motivi propagandistici da entrambe le parti. In ogni caso, appare chiaro che la Cina ottiene ciò che vuole con poco. Rimane con il coltello dalla parte del manico. La Cina di oggi (e di ieri) non è il Giappone degli anni Ottanta, costretto ad una rivalutazione dello yen del 50 per cento con gli accordi del Plaza per venire incontro alle pressioni di Ronald Reagan.
Ritieni che aprirà la strada ad un accordo generale sulle tariffe doganali e ad un rilancio del ruolo del Wto?
Il Wto funziona solo se i grandi paesi lo fanno funzionare, non perché abbia delle capacità di iniziativa autonome di funzionamento. Non siamo in un momento storico in cui le istituzioni economiche internazionali possano giocare un ruolo significativo. In passato erano il punto di incontro e di equilibrio o perché gli Stati Uniti credevano in un ordine economico mondiale guidato da istituzioni che essi avevano fortemente voluto e contribuito a costruire. Oggi prevalgono gli interessi economici nazionali anche negli Stati Uniti e quindi c’è poco interesse a fare funzionare tali organismi, anche perché essi hanno regole e poteri anche sanzionatori che oggi o prima di tutti gli Stati Uniti rigettano.
Perché hai scritto che le proposte iniziali di Trump in materia di dazi erano da bocciare all’esame della triennale di economia?
In molti hanno fatto notare che il meccanismo matematico per definire il “quantum” necessario a ristabilire un equilibrio commerciale tra Stati Uniti e qualunque dei suoi partner internazionali non aveva nessuna base logica. Ma quando si combatte a colpi di post su X o Truth ha poco senso dire che il “re è nudo”. Questi risponderà sempre rovesciando l’affermazione, perché chi lo segue non capisce cosa significa l’espressione che il “re è nudo” e pensa che sia l’ennesima cattiveria e la mancanza di rispetto per gli Stati Uniti della cultura europea
Si può sostenere che 25 anni di globalizzazione sono stati caratterizzati da una forte asimmetria perché le imprese cinesi hanno avuto la libertà di investire in giro per il mondo mentre le aziende straniere in Cina hanno avuto spesso ostacoli insormontabili?
In prima battuta è vero. Gli ostacoli per investire in certi settori in Cina o anche solo per competere nei casi di talune commesse pubbliche rimangono molto alti. Ma è vero anche il contrario, perché anche in Occidente ci sono restrizioni nei settori in cui è in gioco l’interesse economico nazionale e la dimensione strategica. Tuttavia, dobbiamo anche domandarci a che cosa mirano gli investimenti diretti cinesi all’estero. Non puntano solo a conquistare più agevolmente quote di mercato, ma soprattutto ad ottenere tecnologie. Per questo la loro strategia è meno appariscente, ma più efficace. In tale senso l’asimmetria resta confermata, perché al momento le imprese occidentali non vanno in Cina a cercare tecnologia di cui non dispongono. Nonostante la riduzione del gap tecnologico, la distanza resta.
Ritieni che Pechino rinuncerà al controllo politico sulla propria moneta?
Non lo farà mai. Non è nella sua cultura economico-monetaria che, come sappiamo, dipende dalla dimensione politica. Il governo cinese manovra la politica monetaria come e meglio dei governi occidentali, ma ha meno vincoli. Questo non significa che non ci siano freni, che possa stampare carta moneta come e quando vuole, ma il modo di tenere sotto controllo il sistema finanziario e bancario resta una prerogativa governativa che non incontra vincoli e regole del mercato. Per proseguire su questa strada, pertanto, è necessario mantenere sotto il controllo politico la politica monetaria.