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Dazi Usa, cosa può fare l’Europa

Contro i dazi di Trump, l’Europa potrebbe già attuare qualcosa da sé: sburocratizzarsi e abolire barriere e intralci interni. Il taccuino di Guiglia

Non meno della guerra militare che si combatte da tre anni, tre mesi e due settimane in Ucraina, cioè alle porte d’Europa, anche quella commerciale già dichiarata da Donald Trump contro il resto del mondo farà i suoi disastri sul campo del Vecchio Continente.

A fare la simulazione sui danni economici dei dazi annunciati, sospesi, ripristinati -bene ancora non si è capito- nei confronti dei cittadini europei, e a lanciare l’allarme ai Paesi destinati a essere colpiti e feriti, è la Banca centrale europea. Che quantifica nell’1 per cento del Pil la prospettiva di perdita secca nell’Ue nello scenario peggiore, ossia di un fallimento del negoziato tra Washington e Bruxelles. Scenario, purtroppo, non peregrino. Del resto, quale istituzione oggi si azzarderebbe a prevedere che cosa Trump abbia in testa, e quale sarà sul tema la sua ultima decisione pronta a diventare penultima in questo bailamme di propositi detti e contraddetti?

Senza poi trascurare le conseguenze dello scontro doganale in epoca digitale, dall’inflazione alla diminuzione del potere d’acquisto, a un’incertezza nel frattempo registrata dai mercati con l’incognita di un accordo possibile o forse no: chi lo sa.

Certo è che l’Italia non può restare nell’attesa che il potente e capriccioso interlocutore d’Oltreoceano prenda le sue misure, perché gli Stati Uniti per noi rappresentano il secondo mercato d’esportazione dopo la Germania e prima della Francia. Giusto per dare l’idea di quanto l’America sia importante per il “made in Italy”.

Ma la strada per scoprire il dazio che sarà in noi, e come contrastarlo, è una sola: trattare con Trump prima che sia troppo tardi. Altrimenti anche noi rischiamo di lasciare sul terreno un po’ meno dell’1% calcolato come media europea, ma pur sempre una percentuale che cancellerebbe il minimo di crescita (0,6%) previsto dall’Istat.

Anche Confindustria esorta il governo a prendere subito in mano e per le corna l’indecifrabile insidia incombente del Trump indeciso a tutto, eppur minaccioso. “Il dialogo con lui è obbligatorio, piaccia o non piaccia”, sottolinea Emanuele Orsini, presidente degli industriali che indica tre “capitoli fondamentali”. Il primo riguarda il comparto della difesa, posto che l’Europa compra l’80% dell’occorrente dagli Stati Uniti. Dunque, eccome se ci sono margini di trattativa.

Poi c’è l’energia, altro tema che scotta. Infine l’alta tecnologia e l’innovazione, che vede il nostro continente soccombere con l’America e con la Cina. Digitale e intelligenza artificiale sono la sfida urgente non di domani, ma di ieri.

Qualcosa comunque l’Europa potrebbe già attuare da sé: sburocratizzarsi e abolire i dazi interni. Fare in fretta, allora, per creare quel mercato unico dei capitali in Europa ormai richiesto da più parti economiche, sociali e politiche. E per l’Italia pure la riscoperta in atto dell’energia nucleare di nuova generazione.

Grande è la confusione dei dazi sotto il cielo, notevoli le possibilità e gli strumenti per affrontarla.

Ma il governo è chiamato al contropiede: fare catenaccio non basta più.

(Pubblicato su L’Arena di Verona, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)
www.federicoguiglia.com           

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