L’operazione “Ragnatela” dell’Ucraina – condotta domenica attraverso 117 droni che ha causato danni per circa 7 miliardi di dollari e ha disattivato il 34% dei bombardieri con missili da crociera nelle principali basi aeree russe – può essere effettivamente considerata la “Pearl Harbor” della Russia come sostengono alcuni osservatori?
Per quanto non ami le citazioni storiche per spiegare eventi presenti, poiché nessun evento è davvero simile ad un altro, l’espressione “Pearl Harbor” o quella tipicamente italiana “Caporetto” rendono perfettamente l’idea di quanto avvenuto. Le Forze Armate ed i Servizi di Intelligence ucraini hanno rasentato la perfezione della logistica e nella pianificazione, aggirando il dispositivo di sicurezza e difesa russo. L’operazione è stata pianificata circa un anno e mezzo fa, mentre circa tre settimane prima dell’attacco sono stati fatti entrare i 4 camion con i doppifondi all’interno dei quali erano nascosti complessivamente oltre 120 droni. Inoltre, l’attacco è stato praticamente simultaneo ed i russi non hanno avuto né il tempo né il modo di difendersi adeguatamente. Il danno materiale è gigantesco, visto che viene compromessa in maniera profonda la flotta di bombardieri strategici russi, utilizzati anche per sganciare o lanciare ordigni armati di testata nucleare. Tale compromissione affligge direttamente uno dei segmenti della cosiddetta triade nucleare, nella fattispecie quella aviolanciata. Quei velivoli venivano usati per lanciare bombe e missili da crociera armati con testate convenzionali contro gli obiettivi in Ucraina. In tal mondo, la capacità offensiva russa subisce un danno considerevole. Inoltre, l’industria russa non ha la capacità di rimpiazzare tali mezzi nel breve periodo. Parallelamente, il danno politico e di immagine è gigantesco: ancora una volta, i servizi militari e civili russi (GRU ed FSB in particolare) hanno fallito, dimostrando quanto il Paese sia vulnerabile e non una potenza indistruttibile ed imbattibile come la propaganda della sua leadership vuole dimostrare. In sintesi, si è trattato di un autentico disastro.
Secondo una fonte dell’SBU di Kiev, i droni sono stati trasportati segretamente in profondità nel territorio russo e nascosti all’interno di camion prima di essere lanciati. Di che tipo di droni si tratta?
I droni impiegati sono dei quadrielica in materiale plastico leggero, fabbricati grazie a stampanti 3d. Pesano circa 2 kg ed hanno la capacità di trasportare fino a 2,5 kg di esplosivo. Si tratta di droni FPV (first person view, visualizzazione in prima persona) che sembra abbiano utilizzato la rete telefonica russa per trasmettere le immagini ai propri operatori, situati teoricamente a migliaia di km dagli obiettivi. Questo tipo di drone può essere utilizzato in due modi: il primo, classico, prevede un operatore che li pilota utilizzando un visore ottico oppure uno schermo, mentre il secondo prevede l’utilizzo dell’intelligenza artificiale che, tramite il riconoscimento delle immagini, individua e si scaglia autonomamente contro il bersaglio. Visto l’elevato numero di droni, esiste la concreta possibilità dell’utilizzo esteso dell’IA e della guida preimpostata su coordinate GPS (quelle delle basi colpite) in modo da limitare quasi totalmente la capacità di jamming da parte dei russi.
Lato russo, che tipo di strutture militari o logistiche sono state colpite o compromesse, e con quali effetti tattici o operativi sul breve termine per le forze armate russe
Secondo le informazioni disponibili ad oggi, sono state attaccate 4 basi: Olenya (Oblast di Murmansk), Belaya (Oblast di Irkutsk), Severny (Oblast di Ivanovo) e Diaghilev (Oblast di Riazan) e sono stati distrutti o gravemente danneggiati 12 velivoli delle basi di Olenya e Belaya nella fattispecie 7 bombardieri Tu-95, 4 bombardieri Tu-22M3 e un cargo An-12. L’impatto sulla flotta strategica russa è notevole, considerando il fatto che risultavano operativi, prima dell’attacco circa 36 Tu-95. Inoltre, non va dimenticato che questi velivoli sono una vecchia eredità sovietica di fine anni 80 e non sono più in produzione. Parallelamente, i Tu-22M3 operativi sono circa 45.
Nel complesso, come affermato precedentemente, il danno operativo è non trascurabile, soprattutto per quanto attiene alla componente aerea della triade nucleare del Cremlino e alla capacità di bombardare l’Ucraina a distanza, senza entrare nel raggio dei sistemi di difesa aerea di Kiev. Inoltre, non bisogna sottovalutare che, in questo modo, l’Ucraina segna un precedente operativo e potenzialmente strategico-dottrinale dirompente: riuscire a colpire obiettivi strategici avversari in profondità e causare miliardi di dollari di danni utilizzando un sistema estremamente economico e difficilmente individuabile.
L’operazione “Ragnatela” dell’Ucraina come ridefinisce la guerra asimmetrica?
L’operazione “Ragnatela” è soltanto il momento apicale di una costante evoluzione sia operativa che strategica e – di conseguenza – dottrinale, che la guerra russo-ucraina continua a segnare mese dopo mese. Da un lato, lo scoppio del conflitto aveva sottolineato come l’epoca delle operazioni di pace fosse alle spalle e bisognava tornare ad un modello di guerra convenzionale pura e “pesante”, dall’altro ha sottolineato come l’introduzione del drone sul campo di battaglia sia un fattore di profonda trasformazione, la classica tecnologia “disruptive” in grado di influenzare profondamente l’approccio di Stati e organizzazioni non statali ai conflitti.
C’è stato – e in che termini – l’aiuto militare e di intelligence di Paesi occidentali?
Sinceramente credo che gli ucraini abbiano fatto praticamente tutto da soli. Ne hanno la capacità. Poi, sia sotto il profilo tecnologico che sotto quello operativo e dottrinale nel campo dei droni sono oggi tra le avanguardia mondiali.
Come ha già accennato prima, quale ruolo ha svolto l’Intelligenza artificiale nell’operazione Ragnatela?
Ha avuto un ruolo determinante sia in fase di pianificazione, per accelerare le simulazioni dell’operazione ed i calcoli inerenti al comportamento dei velivoli sia nella conduzione stessa per il volo e l’individuazione autonoma dei bersagli attraverso il riconoscimento delle immagini.
In che modo l’operazione Ragnatela domenica e l’attacco con esplosivi sottomarini contro il ponte stradale e ferroviario di Kerch, lungo 19 km e che collega la Russia alla penisola di Crimea martedì incideranno sui negoziati tra le delegazioni di Mosca e Kiev?
Gli ucraini hanno semplicemente fatto quello che i russi fanno da mesi: da un lato aprono al negoziato, dall’altro continuano le operazioni militari su larga scala. Creo che l’impatto sul negoziato sarà minimo, poiché la distanza tra Kiev e Mosca è ancora immensa e nessuna delle due intende cedere sulle richieste iniziali. I russi, poi, non intendono fermarsi finché non saranno stremati o impossibilitati politicamente, economicamente e militarmente a combattere. Oggi questa situazione è ancora lontana.