Skip to content

foxconn

Perché Foxconn molla l’India sui microchip

Foxconn, la più grande società produttrice di componenti elettronici su contratto, si è ritirata da una joint venture multimiliardaria in India. È un brutto colpo ai piani del governo Modi sui microchip. Tutti i dettagli

“Foxconn ha deciso di non procedere con la joint venture con Vedanta”. Da una parte un’importante società taiwanese di componentistica elettrica; dall’altra un gruppo indiano che si occupa di metalli e di petrolio. L’anno scorso avevano firmato un accordo da 19,5 miliardi di dollari per la produzione di semiconduttori e display nel Gujarat, lo stato nativo del primo ministro indiano Narendra Modi. Qualcosa però è andato storto – non è chiaro esattamente cosa: il comunicato di Foxconn non fornisce dettagli -, e a risentirne saranno forse i piani del governo indiano per trasformare la nazione in un enorme polo manifatturiero-tecnologico alternativo alla Cina.

COSA HA DETTO FOXCONN E COSA SUCCEDE ORA

Foxconn, la più grande produttrice di dispositivi elettronici su contratto (tra i suoi clienti c’è Apple), ha detto di aver lavorato per oltre un anno con Vedanta con l’obiettivo di “rendere realtà una grande idea sui semiconduttori”. Ma alla fine le due parti hanno deciso di cancellare la joint venture, che adesso sarà di proprietà esclusiva di Vedanta.

Nonostante l’uscita  di Foxconn, il conglomerato indiano ha specificato di non aver abbandonato il suo progetto sui semiconduttori e di avere anzi avviato il processo di selezione di “altri partner” per “creare la prima fonderia indiana” (si chiamano fonderie le fabbriche in cui si realizzano i microchip) e realizzare la visione di Modi, sintetizzata nello slogan Make in India.

LE MOTIVAZIONI

Una fonte di Reuters ha detto che Foxconn si è ritirata dalla joint venture anche a causa dei ritardi nell’autorizzazione degli incentivi pubblici: pare che il governo indiano abbia contestato le previsioni sul costo dello stabilimento.

Per realizzare la sua visione per l’India, il governo Modi ha bisogno di convincere le grandi aziende straniere ad aprire dei siti manifatturieri nel paese. La decisione di Foxconn è dunque un brutto colpo per Nuova Delhi. “È sicuramente una battuta d’arresto per la spinta al Make in India” e per Vedanta, ha detto a Reuters Neil Shah, analista di Counterpoint.

Al contrario, il viceministro dell’Elettronica e delle tecnologie dell’informazione, Rajeev Chandrasekhar, ha dichiarato che la mossa di Foxconn non avrà “alcun impatto” sui piani governativi.

IL COINVOLGIMENTO (FALLITO) DI STMICROELECTRONICS

Che il progetto di Vedanta e Foxconn nel Gujarat avesse qualche problema, lo si sapeva da tempo.

Sempre Reuters aveva rivelato ad esempio le difficoltà nel coinvolgimento di STMicroelectronics, azienda italo-francese di componenti elettronici partecipata dal ministero dell’Economia. La joint venture avrebbe voluto che STM concedesse in licenza le sue tecnologie, mentre il governo indiano insisteva affinché la società acquisisse una partecipazione diretta al progetto; STM, però, non era interessata all’offerta di Nuova Delhi, e così i negoziati si sono bloccati.

L’INDIA E I MICROCHIP

Il mese scorso l’americana Micron ha annunciato un investimento da 825 milioni in un sito di collaudo e confezionamento (non manifattura) di chip nel Guajarat; conteggiati anche i sussidi federali e statali, il valore del progetto sale a 2,7 miliardi.

Nuova Delhi prevede che il suo mercato dei semiconduttori raggiungerà un valore di 63 miliardi nel 2026. Ma quello di Foxconn e Vedanta non è un caso isolato. Anche due progetti di chipmaking di ISMC e di IGSS Ventures, dal valore di 3 miliardi ciascuno, si sono bloccati per questioni burocratiche legate agli incentivi pubblici.

Torna su