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Ubi Banca Banche

Tutti i veri piani dei nuovi soci di Ubi Banca

Ecco parole e mire dei nuovi azionisti forti di Ubi Banca che iniziano ad incalzare il capo azienda Massiah. Il peso di Genta (Fondazione Cuneo). Fatti, nomi e indiscrezioni

 

In attesa di un vero e proprio risiko bancario che non dispiacerebbe affatto alla teutonica Bce, qualcosa sta intanto accadendo nel piccolo mondo bancario del nord.

Mentre Giuseppe Castagna sembra seriamente insidiato da chi, in Banco Bpm, vorrebbe una sua uscita visti anche i conti non certo brillanti della banca, oltre ai trambusti del caso diamanti, dalle parti di Ubi Banca le grandi province del nord caricano le balestre per avere voce in capitolo nelle prossime strategie industriali.

Dal piccolo mondo antico di Bergamo e Brescia all’inaspettato e allargato patto tra grandi soci, i nuovi potenti macchinatori – Giandomenico Genta, Mario Cera e Armando Santus – intendono disegnare la nuova mappa bancaria dell’ex banca popolare.

Sotto la nuova bandiera del patto di consultazione degli azionisti di Ubi è anche ripartita l’offensiva dei bergamaschi. Ma perché ora – si chiedono gli osservatori del ribaltone – se è solo da qualche mese che l’accordo delle parti aveva dato vita al nuovo consiglio?  Le risposte sono molte.

Oggi il traghettatore Giandomenico Genta, presidente della Fondazione Cassa Risparmio Cuneo (che ha il 6% dell’istituto), l’ha spiegato vox populi sul Sole 24 Ore: “Cercare stabilità – sottolinea il presidente del Nord Ovest – non significa dimenticare che servano anche operazioni straordinarie, se necessarie”.

La principale è che la nuova compagine supera le logiche territoriali e rimette i capitali al centro. A comandare non saranno bresciani, bergamaschi o cuneesi, ma innanzitutto azionisti che nella banca hanno messo almeno una trentina di milioni, al valore attuale del titolo.

Soggetti che incidentalmente saranno bresciani, bergamaschi e cuneesi. E infatti ci saranno, per esempio, i Radici, i Bosatelli e i Bombassei, ma anche i Gussalli Beretta, oltre alle fondazioni. E non ci saranno più i campioni delle grandi voci con pochi soldi come gli Emilio Zanetti, Franco Polotti o anche, sussurriamolo, Giovanni Bazoli.

L’intento dei nuovi “Carbonari” è quello di “favorire la creazione di valore nel lungo termine, attraverso un dialogo costruttivo e trasparente con il management e altre iniziative…”.

Un pungolo per il management? Sempre Genta sul Sole è elegantemente chiaro: “E’ un modo anzi per supportare i manager e fare chiarezza: sai chi sono i tuoi azionisti e condividi con loro le scelte strategiche”. Quindi non più un solo uomo al comando, ma scelte condivise.

Ma è sul management, a partire dalla scoordinata comunicazione commerciale messa alla berlina persino dal giornalista e ora senatore M5S, Gianluigi Paragone, nel suo libro La vita a rate (Piemme), che si concentrerà l’attenzione. Ovviamente non è tutto, né solo qui il vulnus, visto che le banche soffrono il problema della redditività e arrancano sull’innovazione.

Chi sarà il prossimo Massiah quando il capo azienda di Ubi Banca deciderà di dedicarsi ad altro? E chi succederà alla presidente Moratti? E poi chi risponderà al ministro dell’Economia che deve uscire da Mps, ma non intende lasciare sola la banca senese?

Tutte domande a cui coloro che hanno messo 30 e più milioni nella banca cercheranno una risposta a partire dal 2020.

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