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Perché Nava è stato silurato dalla Consob. Fatti, indiscrezioni e commenti

Fatti, indiscrezioni e commenti sulle dimissioni di Mario Nava da presidente della Consob. L'approfondimento di Fernando Soto

“Mattarella e Conte hanno fermato un arbitrio”. Così Giorgio Meletti del Fatto Quotidiano ha commentato l’uscita di Mario Nava da presidente della Consob.

Nava ieri si è dimesso da presidente della Consob lanciando stilettate politiche contro i due partiti della maggioranza di governo che di fatto lo avevano sfiduciato

Nava lascia la Consob e torna a Bruxelles. A meno di cinque mesi dal suo arrivo alla guida dell’Autorità di vigilanza sui mercati finanziari, il presidente ha rinunciato all’incarico, come chiesto da Lega e M5S, che hanno giudicato il suo legame con la Commissione Ue, regolato dall’istituto del “distacco”, incompatibile con la presidenza della Consob, e tale da minarne l’indipendenza.

L’AUTODIFESA DI NAVA

“La questione legale della mia posizione amministrativa è stata decisa e validata da ben quattro istituzioni, Commissione europea, presidenza del Consiglio, presidenza della Repubblica e Corte dei Conti, e non necessita miei commenti ulteriori. La questione e’ quindi solo politica” è invece la posizione ribadita da Nava, scelto dal governo Gentiloni.

Nel comunicare il suo passo indietro irrevocabile alla Commissione, il dirigente spiega che “La Consob è indipendente, ma non può essere isolata. Consob deve poter lavorare non solo con le altre autorità indipendenti, ma anche con le istituzioni politiche”. Nava, in uno sforzo riuscito di auto elogio, ha ricordato di essere stato chiamato a Roma, tra l’altro, “con l’obiettivo di integrare la Consob meglio nei vari consessi europei e internazionali”.

LA SENSIBILITA’ ISTITUZIONALE

“La richiesta di dimissioni per ‘sensibilità istituzionale’ da parte dei quattro capigruppo di Camera e Senato dei due partiti di maggioranza sono un segnale chiaro e inequivocabile di totale non gradimento politico. Il non gradimento politico limita l’azione della Consob in quanto la isola e non permette il raggiungimento degli obiettivi” aggiunge.

DA DOVE NASCE IL FORCING SU NAVA

L’attacco a Nava era partito a fine luglio quando il premier Giuseppe Conte aveva chiesto all’authority gli atti per verificare la regolarità della nomina ed e’ detonato questo giovedì con la nota dei capigruppo di M5S e Lega di Camera e Senato.

LE RAGIONI DEL DISSENSO

Il motivo dichiarato del pressing è il fatto che il funzionario, che viene da uno dei dipartimenti della Direzione generale per le finanze della Commissione europea sia arrivato alla Consob in “distacco” triennale per preservare il posto in Europa mentre la legge istitutiva dell’authority italiana richiede ai commissari provenienti da pubbliche amministrazioni di mettersi fuori ruolo.

LA DICHIARAZIONE DI SCANNAPIECO

Ha fatto scalpore oggi nei palazzi della politica e e della finanza una dichiarazione di una personalità come Dario Scannapieco, già al Tesoro con Mario Draghi, apprezzato nelle istituzioni europee e italiane, attuale vicepresidente della Bei (Banca europea per gli investimenti): “Non penso che il rischio di credibilità dell’Italia sia legato alla vicenda Nava”, ha detto  Scannapieco, a margine del convegno “10 anni dopo Lehman” riferendosi alle dimissioni presentate dal presidente dimissionario della Consob, Nava, dopo i contrasti con il Governo gialloverde. Il rischio di credibilità del Paese “è di portare avanti le riforme di cui l’Italia ha bisogno, di correggere o mantenere una rotta sostenibile sui conti e soprattutto di liberarci da lacci e lacciuli che ancora ci bloccano nella crescita. Non è l’episodio Nava, Ilva, Tav e Tap perché sono tutti elementi” che influiscono su un Paese “ma è un discorso complessivo. Poi nel merito non commento la vicenda”, ha aggiunto Scannapieco. Non proprio un elogio di Nava, dunque.

L’APPROFONDIMENTO DEL SOLE 24 ORE

Le motivazioni delle forti perplessità dell’attuale governo, ma anche del collegio di Consob, che hanno portato all’epilogo di ieri, con le dimissioni del presidente Nava, sono racchiuse in una lettera inviata lo scorso 8 febbraio dall’ambasciatore italiano presso la Commissione europea, Maurizio Massari, alla responsabile delle risorse umane della Commissione stessa, ha scritto oggi il Sole 24 ore: “Una missiva scritta per conto del governo Gentiloni, lo stesso che aveva chiesto espressamente alle autorità europee di porre Nava in comando per ragioni di servizio. Dalla lettera si capisce che la Commissione, rispetto alla richiesta, aveva sollevato la questione di incompatibilità, in particolare in base a quanto previsto dalla norma istitutiva della Consob (216/76) che in sostanza prevede che il presidente svolga il ruolo a tempo pieno, ma soprattutto che non sia dipendente di un’altra amministrazione”.

Sono sicuro – dice Massari – che converrete sul fatto che in nessun caso una legge nazionale che si riferisce a dipendenti dello Stato può essere interpretata per estensione come applicabile anche a un “civil servant” della Ue limitandone diritti e doveri». “Su questo passaggio, però, dissentirà qualche mese più tardi Fabio Biagianti, avvocato generale della Consob, incaricato dal collegio il 26 aprile di verificare la compatibilità del comando con la carica di presidente Consob, dopo che Nava non aveva letto la autocertificazione di rito sulla assenza di incompatibilità al momento dell’insediamento”, chiosa il Sole: “Nelle conclusioni del parere di 26 pagine Biagianti afferma che «va anzitutto conclusivamente confermato che la situazione di funzionario della Commissione europea, e dunque dell’Unione europea, integra la causa di incompatibilità costituita dall’essere dipendente di un ente pubblico».

LA RICOSTRUZIONE DEL FATTO QUOTIDIANO

Ma nonostante ciò, Nava non si era mosso di un millimetro. “La cosa più sconvolgente della vicenda sono le ragioni dell’impuntatura di Nava – ha scritto oggi Il Fatto Quotidiano che da mesi aveva sollevato le anomalie del caso Nava – Le certifica Il Sole 24 Ore, giornale della Confindustria, cioè dei principali “clienti” della giurisdizione Consob, e non un blog Cinquestelle. Prendendo l’aspettativa Nava avrebbe visto i 244 mila euro lordi dello stipendio tassati in Italia al 40 per cento, quindi ridotti al netto a 146 mila, pari a soli miseri 10 mila euro al mese per 14 mensilità. Rimanendo dirigente di Bruxelles in distacco, avrebbe invece goduto della tassazione agevolata degli eurocrati al 7 per cento, che avrebbe portato il netto mensile da 10 a 16 mila euro. Possibile che le massime istituzioni repubblicane siano rimaste mesi in ostaggio di un capriccio del genere? Possibile, a meno che Il Sole 24 Ore non si sia consegnato alla canea populista. Possibile, visto che è partito da Quirinale e Palazzo Chigi l’ordine di sgombero per un signore che si era rivolto ai vertici dello Stato con un arrogante “se hanno problemi mi chiamassero”.

LE INDISCREZIONI DI REPUBBLICA

Repubblica oggi titola su Nava che ha mollato dopo essere stato “assediato dal fronte gialloverde”. D’altronde le mozioni dei 4 capogruppo della maggioranza erano un segnale chiaro. “Ma non ci sono solo le ragioni politiche”, ha scritto Andrea Greco di Repubblica. Il giornalista esperto di economia e finanza del quotidiano diretto da Mario Calabresi scrive: “Il semestre di Nava è trascorso tra frizioni e litigi al vertice della Consob, più volte diviso nel voto sui dossier di vigilanza”. Non solo: “Dietro le quinte si mormora delle ispezioni, finora rinviate, sul dossier Sole 24 Ore, o dei 180mila euro di multa e pubblicazione a Tim per conflitto di interessi nella compartecipata con Canal Plus controllata dal suo primo socio Vivendi”. I commissari Berruti, Ciocca e Genovese parevano determinati, ha ricostruito Greco, “ma il corposo dossier fu spostato a una riunione in cui Genovese sarebbe stata assente, e il voto due contro due comportò un’archiviazione per il valore doppio del voto del presidente”. Le voci di quel “favore” ai francesi nelle tlc – conclude Greco – “avrebbero convinto il governo ad andare fino in fondo”.

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