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Concorso Sud

Il Sud non esiste, anzi deve morire

Il Sud Italia continua ad avere problemi strutturali, la politica economica non parte dalla priorità del Meridione come questione nazionale. E allora che fare? Ammazzare il Sud. L’ultimo libro di Carlo Puca che abbiamo intervistato per capire meglio che fine o che inizio può fare il Sud “Il Sud deve morire”, non è solo il…

Il Sud Italia continua ad avere problemi strutturali, la politica economica non parte dalla priorità del Meridione come questione nazionale. E allora che fare? Ammazzare il Sud. L’ultimo libro di Carlo Puca che abbiamo intervistato per capire meglio che fine o che inizio può fare il Sud

“Il Sud deve morire”, non è solo il titolo dell’ultimo libro di Carlo Puca (Marsilio ed.), ma anche una tesi, di quelle che provocano, e tentano di rianimare, un dibattito da tempo sopito nelle istituzioni italiane. Se il Sud muore, muore l’Italia. Insomma la questione meridionale non come problema a sé, ma come questione nazionale, del Paese e dell’Europa allo stesso tempo. Ma la classe dirigente attuale è consapevole di questo pericolo? Vive con ansia le problematiche che Puca descrive bene nel suo viaggio? Facendo esempi concreti di mancate rinascite e di disperazione? L’intento del libro come ci racconta l’autore inizialmente era diverso: Volevo fare un libro sul Sud, il Sud dormiente, poi mi ha assalito il risentimento. Ed ho scritto un libro personale.

Andiamo per ordine, però, che vuol dire che il Sud deve morire? “Il mio è un grido di dolore che era nato come una provocazione, ma ora comincio a pensare che sia bene far ‘morire Sansone con tutti i filistei’. Il Sud ha tante energie, ottime persone, ma la maggioranza dei meridionali si è assuefatta al sistema, il fatalismo che aveva un coteau aulico è ormai diventato assuefazione: e come fai a risvegliare questo bene sopito? Ammazzando i cattivi, i cattivi non se ne vanno, perché ce li abbiamo da 150 anni. In che modo? Facendo morire il Sud e così muoiono anche i cattivi, a quel punto l’intero sistema italiano ed europeo si accorge che quella regione esiste. Muore il Nord, perché la Lombardia esporta il 60% di beni e servizi al Sud. Muoiono le mafie che così non hanno più interesse e vanno da un’altra parte. Gli industriali che arrivano al Sud solo per prendere le prebende di Stato non vengono più. I sindacalisti che difendono solo i posti di lavoro garantiti e non guardano le finestre accanto dove vivono le sartine che abitano e lavorano nei sottani, le donne che muoiono a causa delle vernici industriali. Credo che l’unico compito che rimane alla mia generazione, che è quella tra 40 e 50 anni, sia quello di costruire una società migliore. Nel 2050 vivranno solo 12 milioni di persone al Sud, il Sud si sta spopolando”.

Proprio perché il Sud è un problema anche europeo, Puca fa un parallelo con la Germania: “i tedeschi dopo la seconda guerra mondiale sono usciti a pezzi, ma dopo 15 anni erano già tornati a rappresentare una potenza mondiale. Per fare ciò hanno dovuto togliere il tappo del Nazismo”

Ma i tedeschi hanno uno spirito nazionale che viene da lontano, figlio della loro cultura?

“Allora prendiamo come esempio la Grecia: noi abbiamo passato mesi a parlare del fallimento totale, ma la Grecia sta messa meglio del Sud Italia, sta tornando ad avere una sua forza, anche ideale, immaginifica. Al nostro Sud invece nulla. Stiamo passando il nostro tempo a parlare di Roma, della sindaca Raggi, ma Roma ha forse una piccola percentuale dei problemi che ha il Sud Italia. Forse l’unico modo rimasto per parlare del Sud è provocare”.

La tua è una tesi provocatoria, ma rimane una tesi, un ragionamento che nasce dall’indifferenza e dalla mancanza di idee anche di un ceto politico e di una classe dirigente che sono evidenti in questi anni, forse come non mai:Attorno a questa indifferenza nascono dei piccoli ‘capetti’ o ducetti, tipo quelli che dicono che il Sud si ricostruisce con il turismo, ma l’impresa così è un tantino difficile. Non esiste un posto al mondo, con i numeri del Sud, che possa reggersi tutto sul turismo. L’Italia è già ai primi posti a livello mondiale per il turismo. Dovresti spostare turisti dal Nord al Sud Italia, ma devi costruire i servizi, e forse non basterebbe neanche. Non è che non ci sono solo infrastrutture, servono innanzitutto le strutture. Faccio un esempio: come mai i turisti inondano posti come Capri e Taormina? Forse perché lì si sono create punte di eccellenza con servizi; ed ora anche la Puglia inizia a migliorare su questo, diventando un punto di riferimento”. Ma tornando con i piedi per terra: “se si guarda ai dati di produzione e di esportazioni di quest’anno puoi verificare che la Basilicata e il Pil del Sud si reggono sulla Fiat di Melfi e sul petrolio lucano, e non sul turismo. La Puglia fattura solo 400 milioni di euro con il turismo degli stranieri, il Lago di Garda da solo fa lo stesso numero di turisti stranieri del Sud Italia. Il Sud ha i due terzi delle coste italiane, ma il Nord Est fa da solo i due terzi del turismo balneare italiano”.

Nel suo viaggio Puca ha potuto toccare con mano le difficoltà di alcuni territori, ha visitato Lampedusa la prima tappa europea di chi fugge dalle terre del Nord Africa e dall’Isis, ma dove per gli italiani è difficile nascere – manca un punto nascite – e anche persino morire; Castel Volturno, cittadina campana dove regna l’abbandono dello Stato, con la disoccupazione giovanile che arriva al 90%; Viggiano, capitale del petrolio lucano, che nonostante gli introiti delle royalties del petrolio non è mai decollata; Barletta, dove il 3 Ottobre del 2011 morirono 5 ragazze che lavoravano per un maglificio abusivo in uno scantinato (sottano) di una palazzina che crollò; e poi i casi de L’Aquila, dopo il terremoto, e Papasidero, altra occasione mancata, questa si di turismo culturale.

Quale di queste storie ti ha colpito di più come giornalista e come uomo?

Il caso di Barletta; ogni tanto ci torno per vedere se è cambiato qualcosa, ma nulla mi sembra che cambi. Una storia tremenda, il fatto che questo rito del lavoro nero, sottopagato, si ripeta mi colpisce tanto.

C’è una differenza con gli altri posti?

Sì. Mentre tu a Lampedusa hai l’idea che forse, se da domani ci si mette a lavorare, magari si può avere l’acqua potabile o qualche altro servizio che migliori la vita dei residenti; o a Viggiano, se rinsaviscono e iniziano ad usare i proventi del petrolio meglio che nel passato, qualcosa possa migliorare. A Barletta no, non hai questa sensazione: in molti di quelle donne dicono solo che sono state sfortunate. Parlavo con dei colleghi del posto che mi dicevano che il problema non fosse il lavoro nero di quelle sartine, ma i problemi strutturali della palazzina che crollò.

il_sud_deve_morire-Nel libro di Puca c’è un’ampia descrizione di categorie di persone ed istituzioni che, a vario titolo, hanno contribuito ad ammazzare il Sud: i politici, i mafiosi, i nordisti, gli imprenditori, i sindacalisti, l’Europa, i burocrati, gli anti mafiosi di maniera in buona compagnia di noi meridionali. Ma quale tra queste categorie è quella che più ha commesso errori?

Ci sono due categorie di persone che hanno commesso più danni al Sud, gli anti mafiosi traditori, che in qualche modo hanno il comportamento dei mafiosi, ma non sono mafiosi. E poi i mafiosi, i camorristi che sono il modello sbagliato, di ricchezza facile, di lusso rispetto ad una vita di sacrifici. Non dimentichiamo i politici, poi, perché non esiste l’idea di Sud nella politica italiana”. Non vedi proprio alcun esponente del Sud che possa elevarsi in questo quadro nero? “Mi spiace per Michele Emiliano che potrebbe aspirare ad essere un leader del Sud, ma lui è umorale, perde tempo nel contestare Renzi. Si perde in cose come la critica della Buona Scuola, oppure il fatto di intestarsi il referendum anti-trivelle. Oppure fare la battaglia ideologica contro il Tap”.

Non ti sembra che manchino voci critiche al Sud, penso alla Chiesa o alle università…

La Chiesa non l’ho cercata, perché la ritengo oramai marginale. Delle università ho scritto: l’università di Cosenza ha conseguito un risultato preoccupante con il 35% in meno di iscritti. Al Sud le regioni, in molti casi, non pagano le borse di studio perché si dice che non abbiano i soldi, mentre nelle regioni del Nord queste vengono rimborsate al 100%. L’Italia investe meno di un miliardo di euro in borse di studio, circa 600 milioni di euro, la Germania invece sui 2 miliardi e mezzo, come anche la Francia e le borse di studio tedesche e francesi sono indirizzate per i due terzi ai loro Sud”.

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