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Sportelli in pensione. E il Fintech gioca una partita da 200 miliardi

Gli ultimi dati della Banca d’Italia parlano di mille sportelli in meno nel 2016. Colpa delle fusioni ma soprattutto del Fintech, che si prepara a mangiarsi un business miliardario: quello del front-office Qualcuno, un giorno, ricorderà “quando si andava allo sportello in banca”. Forse avrà ragione, visto che come più volte raccontato da Start Mag…

Gli ultimi dati della Banca d’Italia parlano di mille sportelli in meno nel 2016. Colpa delle fusioni ma soprattutto del Fintech, che si prepara a mangiarsi un business miliardario: quello del front-office

Qualcuno, un giorno, ricorderà “quando si andava allo sportello in banca”. Forse avrà ragione, visto che come più volte raccontato da Start Mag (qui un primo approfondimento), l’avvento del Fintech sta progressivamente ridisegnando il perimetro del sistema bancario tradizionale. Stavolta però non è solo una previsione sulla metamorfosi in atto nella finanza, banche e assicurazioni in primis, ma un dato certo e incontrovertibile. Che fuga ogni dubbio sulle possibilità per la finanza tradizionale di resistere alla rivoluzione tecnologica.

Meno sportelli, più fintech

trading onlineBasta leggersi le ultime statistiche pubblicate dalla Banca d’Italia (qui il documento completo) per capire che cosa sta succedendo alle banche italiane. Ebbene, secondo le tabelle in questione, nel 2016 gli sportelli in Italia sono scesi di circa mille unità, a quota 29.000 contro i 30.259 del 2015. Erano 30.723 nel 2014, 31 mila nel 2012 e  33.000 nel 2010. Diminuisce anche il numero delle banche, passate dalle 644 del 2015 alle 604 dello scorso anno. Certo, un peso lo hanno avuto anche le ultime fusioni in corso nel mondo del credito cooperativo e l’assorbimento delle 4 banche fallite a novembre 2015 nel gruppo Ubi. Ma che ci sia lo zampino della tecnologia è innegabile. La prova? Tra le pieghe dei documenti Bankitlia.

A tutto home banking

Tutto sta nel dato relativo al dato relativo alle operazioni effettuate dall’home banking, ovvero dal proprio pc di casa o ufficio: 36 milioni di operazioni da parte delle famiglie solo nel 2016, 33 milioni nel 2015, 30 milioni nel 2014 e 26 milioni nel 2013. Stesso trend per le imprese, 3,2 milioni lo scorso anno, 3 milioni l’anno prima, 2,7 milioni nel 2014. In tutto, le operazioni svolte a casa o in ufficio lo scorso anno, sono state 45 milioni, contro i 42 milioni del 2015.

Meglio alleati o nemici?

Dato ormai per scontato l’impatto della tecnologia sul front office bancario, sorge spontanea una domanda. Vista l’impossibilità di scavalcare la tecnofinanza, non è che alla fine per le banche è meglio allearsi con le Fintech. Il quesito se lo sono posti in Sap, big global dell’information technology, che ha da poco sfornato un’indagine (qui il documento) condotta su oltre 250 istituti dell’area Emea. Che cosa emerge? Secondo lo studio una società su cinque considera le Fintech un target per potenziali operazioni di acquisizioni, dunque un business su cui mettere le mani per non rimanere tagliati fuori dal mercato. Naturalmente, ogni Paese ha la sua peculiarità. Gli istituti spagnoli e portoghesi, per esempio, sono quelli più propensi a mettere le mani sui propri rivali ultra-tecnologici, ovvero le Fintech. A dichiararlo è infatti il 29% di rispondenti iberici. Ma al di là delle dichiarazioni di intenti, c’è chi è già passato ai fatti: la spagfintechnola Bbva ha già effettuato diverse acquisizioni negli ultimi anni, entrando per esempio in controllo della finlandese Holvi e dell’americana Simple. Santander nel 2014 ha invece lanciato un fondo di investimento dedicato da 100 milioni di dollari.

Alle banche italiane (e inglesi) piace il Fintech

Assai più prudenti gli istituti francesi, che si dicono disposti a lanciarsi in buyout di questo genere solo nel 14% dei casi. Molto dipende anche dal modo in cui sono viste le startup Fintech. Se per molte società d’Oltralpe (il 43%) rappresentano una minaccia, per le banche italiane e inglesi possono essere considerate addirittura degli alleati (rispettivamente nel 47 e nel 40% dei casi). E a conferma di ciò bisogna citare il recente annuncio della Bank of England, che lancerà un incubatore specificamente dedicato alle Fintech, grazie al quale le startup potranno condividere innovazione e tecnologie con l’istituto centrale che, a sua volta, fungerà da riferimento e punto di contatto per diffondere le soluzioni nella comunità finanziaria britannica innescando opportunità di crescita e di business.

Ma sportelli e filiali non spariranno (del tutto)

Eppure, a dispetto degli inequivocabili dati di Bankitalia, c’è chi pensa che alla fine sportelli e filiali non si estingueranno. E’ il caso di Roberto Ferrari, direttore generale di CheBanca!, non è esattamente così. Più o meno veloce che sia, il digital banking finirà col cambiare profondamente il mondo bancario. Ma forse va fatta una precisazione, anzi un chiarimento. A dispetto della vulgata digitale, il concetto di filiale bancaria non sparirà dal vocabolario. “Gli sportelli”, afferma Ferrari, “continueranno a esistere, ma sotto un’altra veste. E’ vero che oggi bonifici, giroconti e pagamenti possono fare esclusivamente online. Ma per la consulenza finanziaria, per esempio, sui mutui e prestiti, serve ancora il front office. Alla fine, ci sarà una drastica riduzione delle filiali, anche nel breve termine, ma non spariranno del tutto. Ma quelle che resteranno, cambierfintechanno modo di operare. Più veloci, sicuramente”. D’altronde “sulla consulenza e sui mutui è ancora importante avere un rapporto diretto. Occorre quindi seguire la clientela in modalità multicanale, anche potenziando il canale dei consulenti”.

Assalto al Fronte Office 

La posta in gioco è comunque molto alta. Vale infatti 200 miliardi, secondo un report di Citigroup l’intero fatturato generato dai front-office delle banche americane ed europee. Se, come emerge dalle rilevazioni della Banca d’Italia, lo sportello si avvia alla pensione, allora per l’industria del Fintech potrebbe arrivare una vera e propria svolta. Gli istituti di credito tradizionali stanno però reagendo, ma ancora troppo lentamente, soprattutto in Italia, che è al 23esimo posto in Europa nell’utilizzo dell’ebanking, come ha sottolineato tempo fa il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, invitando i banchieri italiani a rendersi conto che o sfruttano le nuove tecnologie per tagliare i costi e rendere più efficienti i servizi, o saranno scavalcati dagli operatori alternativi più intraprendenti.

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