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Cina

Perché la bolla cinese fa paura al mondo?

In 12 mesi la borsa di Shangai, la principale borsa valori cinese, è cresciuta del 150%.  La bolla cinese è definitivamente esplosa il 12 giugno determinando un crollo del 30% costato più di 3mila miliardi di dollari, più del valore di una piazza valori come quella spagnola. Cifre che fanno impallidire se paragonate al “solo”…

Cifre che fanno impallidire se paragonate al “solo” miliardo di perdite contato in Europa sull’onda del Grexit. Come sottolinea il The Telegraph: « una perdita che equivale grossomodo all’intera produzione della Gran Bretagna dell’anno scorso ».

All’origine della bolla cinese

Nell’ultimo anno i prezzi delle azioni cinesi sono cresciute vertiginosamente indipendentemente dall’andamento dell’economia reale – quindi slegati agli effettivi risultati delle aziende. A trainare la crescita bolla è stato in gran parte il NASDAQ cinese, ossia il ChiNext, l’indice che raccoglie i principali titoli tecnologici del paese.

Il mercato azionario cinese è, dopo quello statunitense, il più grande del mondo: 90 milioni di piccoli azionisti che posseggono conti individuali di intermediazione nelle Borse di Shangai e Shenzhen –  nel solo mese di maggio sono stati aperti 12 milioni di nuovi conto-titoli. Piccoli azionisti, giudicati da tanti come finanziariamente immaturi, che nel panico generato dalle prime flessioni del mercato hanno iniziato a vendere in massa i propri titoli. Secondo alcuni analisti a far scattare la fuga dal listino è stata la riduzione dei volumi di acquisti con il «margin lending», ossia quella tecnica che prevede l’acquisto dei titoli prendendo fondi in prestito. Alla fuga, l’esplosione della bolla. Sullo sfondo un sistema finanziario distorto, “drogato” da forti incentivi a realtà amiche del potere, dove lo Stato controlla circa il 95% degli asset.

Gli interventi per arrestare la bolla

Per arrestare il crollo la Banca Centrale cinese ha assicurato l’immissione di «ampia liquidità», rassicurando i mercati sule proprie capacità per prevenire rischi sistemici. Tra gli altri interventi interventi, il divieto per i grandi azionisti e agli amministratori delegati delle società quotate di vendere i propri i titoli. Le misure nell’immediato hanno funzionato: dopo il crollo di mercoledì e aver chiuso il calo del 5,9%, Shangai è rimbalzata in positivo. Hanno cambiano rotta anche gli altri listini, che durante la sessione pomeridiana hanno guadagnato il 3%. Bene anche Hong Kong, che segna un più 3,43%.

Bolla cinese

Bolla cinese, tra crisi del ‘29 e “dotcom”.

Molti analisti hanno accostato l’andamento della borsa di Shangai tra 2014 e 2015 a quella di Wall Street nel 1929, anno della grande crisi. Tante le similitudini, eccetto che l’andamento della borsa di Shangai è stato più spericolato rispetto al caso americano, con una crescita del valore delle azioni superiore al doppio in un solo anno.

Altri analisti si sono rifugiati in uno scenario più rassicurante paragonando quanto visto sul mercato finanziario cinese alla bolla dei titoli “dotcom”, generata dall’eccessivo entusiasmo per le nuove aziende digitali statunitensi, la cosiddetta “bolla della new economy”.

 

 

 

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