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Effetto Brexit Bitcoin

La Corea del Nord aggira sanzioni. Grazie al Bitcoin

Pagare in Bitcoin, in Monero o altre criptovalute: ecco come la Corea del Nord prova a raggirare le sanzioni La moneta virtuale piace alla Corea del Nord, che proprio grazie alla criptovaluta potrebbe provare ad aggirare le sanzioni imposte dall’Onu (anche le ultime) e continuare a programmare e pianificare senza (almeno apparentemente) alcun problema. Il…

Pagare in Bitcoin, in Monero o altre criptovalute: ecco come la Corea del Nord prova a raggirare le sanzioni

La moneta virtuale piace alla Corea del Nord, che proprio grazie alla criptovaluta potrebbe provare ad aggirare le sanzioni imposte dall’Onu (anche le ultime) e continuare a programmare e pianificare senza (almeno apparentemente) alcun problema.

Il Bitcoin, infatti, può essere utilizzato senza che venga rintracciato chi ne fa uso. Ma andiamo per gradi.

Le nuove sanzioni imposte alla Corea del Nord

Corea del NordNuove sanzioni alla Corea, per provare a fermare il regime. Il Consiglio di sicurezza ha approvato all’unanimità una risoluzione in cui si impone il bando alle esportazioni tessili di Pyongyang e il divieto del 30% alle esportazioni di petrolio e gas naturale verso la Corea del Nord.

Le sanzioni, ovviamente, hanno l’obiettivo di evitare “la guerra con Pyongyang”, ha commentato l’ambasciatrice americana all’Onu, Nikki Haley. “Il mondo civilizzato deve fare quello che la Corea del Nord non sta facendo, ossia fermare la sua marcia verso la costruzione di un arsenale nucleare. La scelta è loro. Se continueranno su questa strada continueremo ad aumentare la pressione, se decideranno di cambiare percorso il mondo vivra’ in pace con loro”, ha aggiunto la Haley.

Gli Stati Uniti devono aspettarsi “una risposta molto forte, con conseguenze insostenibili”: è la reazione di Pyongyang.

“Finché avremo il nostro arsenale nucleare potremo garantire la sicurezza e la pace per il nostro Paese”, ha invece -commentato un funzionario nordcoreano alla Cnn.

Hacker nordcoreani alla ricerca di Bitcoin

In realtà, la Corea del Nord sembrerebbe avere già un piano per aggirare le sanzioni imposte dall’Onu: pagare le materie prime in Bitcoin o con altre valute virtuali. Gli hacker nordcoreani sarebbero già attivi nell’accumulare criptomonete. Questo, almeno, è quanto riferito da FireEye, società specializzata nella sicurezza informatica, secondo cui i criminali informatici già mesi fa hanno intensificato gli attacchi ai mercati di criptovalute sudcoreani.

Nel corso dell’anno, infatti, ci sarebbero stati alcuni tentativi di furto di criptovalute in Corea del Sud. Uno di questi è andato a segno: furono rubati 3.800 bitcoin che, al cambio odierno, varrebbero circa 15 milioni di dollari. Dobbiamo comuqnue, precisare che è difficile risalire all’identità degli hacker: il coinvolgimento della corea del Nord è solo ipotizzato e non provato.

Attacchi malware

Non solo furti diretti. FireEye aveva trovato dei legami tra la Corea del Nord e WannaCry, il cyber-attacco che a maggio ha colpito ben 150 Paesi del mondo, mandando il tilt aziende di Telecomunicazioni, sistemi sanitari e università. Il virus prometteva di liberare i computer infettati, rilasciando i dati solo dopo il pagamento di un riscatto, in bitcoin.

Perchè le cripotomonete?

Semlice, grazie a queste la Corea del Nord potrebbe pagare le materie soggette ad embargo. Gli Stati non controllano i Bitcoin e le altre monete virtuali ed è difficile (almeno per ora) rintracciare chi ne fa uso.

Più che il Bitcoin, quello che potrebbe far gola alla Corea del Nord, potrebbe essere Monero, altra criptovaluta famosa per il suo utilizzo nel mercato nero. I bitcoin rubati o sottratti con ricatto potrebbero essere converti in altre criptomonete o in dollari.

Bitcoin, valori sempre più alti

Bitcoin è una moneta virtuale e digitale, scambiata via internet, direttamente fra due persone. La cripto-valuta sfritta la tecnologia peer-to-peer per non operare con alcuna autorità centrale o banche; la gestione delle transazioni e l’emissione di tale moneta viene effettuata collettivamente dalla rete.

Questa moneta virtuale è open-source; la sua progettazione è pubblica, nessuno possiede o controlla Bitcoin e ognuno può prendere parte al progetto.

La moneta virtuale permette utilizzi entusiasmanti, che non potrebbero essere coperti da nessun altro sistema di pagamento precedente, senza perà transitare sui nostri conti correnti.

effetto BrexitA fine luglio il sistema Bitcoin è stato oggetto di un aggiornamento. Meglio, di due diversi aggiornamenti software concorrenti. 

Il sistema sembrava essere intasato. Il numero di transazioni in attesa di verifica era enorme e questo ha costretto gli utenti a pagare sempre più tasse (alte) per accelerare il consenso. La maggior parte degli utenti è contenta di questa infrastruttura, che anche se lenta, garantisce sicurezza.

L’11% di essi, invece, ha deciso di fare qualcosa per velocizzare le transazioni. Nell’affrontare questo problema, sono emerse due principali scuole di pensiero. Da un lato ci sono i miner, che distribuiscono computer costosi per verificare le transazioni e agiscono come la spina dorsale del blockchain, che propongono un aumento diretto del limite di transazioni in un blocco.

D’altra parte ci sono i Core, che hanno insistito sulla gestione di alcuni dati del sistema bitcoin fuori dalla rete principale. Questo, secondo gli esperti, consentirebbe non solo di ridurre la congestione, ma anche di costruire altri progetti che fanno capo al sistema bitcoin. In particolare, la proposta dei Core è il software SegWit (la scissione, dunque).

La guerra civile affrontata dal Bitcoin, però, non sembra aver fatto paura al mercato. A fine agosto, infatti, la moneta virtuale (originale) scambiava a  4.550 dollari. Numeri troppo alti, soprattutto se si pensa che nell’ottobre 2009,  il primo cambio col dollaro è stato effettuato a 1,309: facendo qualche calcolo, il bitcoin da gennaio è salito del 300% e dal 1° agosto, data dello scisma e della creazione del “bitcoin cash”, la fiammata è stata di circa il 50%. Parliamo della moneta virtuale originale. Il “cash”, infatti, dopo un raddoppio di prezzo in poche ore è poi tornato a circa  277 dollari iniziali.

Non solo Bitcoin. Tutte le altre monete virtuali

Ma se il Bitcoin è quella più famosa, dobbiamo dire che non è l’unica promettente moneta virtuale.

Ether

Ethereum è la moneta virtuale più importante per capitalizzazione. Negli ultimi mesi si è affermata come alternativa al Bitcoin: il sistema i gestione, definito in gergo tecnico blockchain, consente di sviluppare applicazioni decentralizzate. Il sistema non è solo un posto di scambio della valuta può far transitare e scambiare tra due nodi un qualsiasi tipo di asset (si scambiare un qualsiasi tipo di valore).
Il funzionamento di Ethereum ha attratto importanti investimenti anche da parte di banche e investitori privati.

Litecoin

Dalla nascita è sempre stata la vera alternativa al Bitcoin, ma negli ultimi mesi deve fare i conti con l’arrivo sul mercato delle nuove monete digitali, che inevitabilmente hanno rallentato la corsa di questa moneta.
Nonostante questo, il Litecoin è una delle monete virtuali più utilizzate, dopo il Bitcoin, nella maggior parte dei siti internet che accettano pagamenti con valuta virtuale. Anche il sistema che sta alla base è sicuro.

Monero

Monero è la valuta virtuale del momento. L’anonimato che assicura, però, la porta ad essere molto utilizzata nei marketplace presenti sulla Dark Net.
La moneta è in circolazione già da due anni, aumentando vertiginosamente il proprio valore negli ultimi mesi, dopo che i siti che permettono lo spaccio di sostanze stupefacenti in forma anonima hanno iniziato ad accettarla come moneta virtuale.

Ripple

E’ una delle poche monete che consente lo scambio dei propri token senza applicare una fee. Questa criptovaluta ha subito forti oscillazioni del valore in passato, ma il sistema su cui si basa è uno dei più professionali e sicuri.

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