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Cina

La Cina sogna in grande. E rischia un tracollo finanziario

Dopo anni di crescita smisurata, l’economia della Cina potrebbe rallentare. E le conseguenze si farebbero sentire in tutto il mondo

 

L’economia della Cina potrebbe scoppiare, come una bolla. Dopo anni di crescita smisurata e capacità produttiva in eccesso, tutto potrebbe rallentare bruscamente, e i guai di Pechino finirebbero per coinvolgere il resto del mondo. A lanciare l’allarme è il Financial Times.

Anche per il 2016, la Cina dovrebbe aver centrato l’obiettivo di crescita del 6,5% del prodotto interno lordo, mentre il mercato azionario si è stabilizzato ed è in crescita del 19%, dopo aver toccato il punto più basso a fine gennaio 2016. I prezzi delle materie prime sono in aumento. La valuta locale, invece, ha continuato il suo declino, ma senza creare allarmismo.

Ma i soli numeri non fanno della Cina un paese esemplare. In pochi, come scrive il Financial Times, credono che Pechino abbia affrontato in questi anni le sfide economiche fondamentali. La continua crescita è ricaduta tutta sull’industria cimineria. Ma mentre Pechino ha soddisfatto a breve termine i propri ambiziosi obiettivi di crescita, ha ritardato tutte quelle che erano le dolorose ma necessarie riforme, immagazzinando solo ulteriori guai.

A giugno 2016, il carico totale del debito del Paese aveva raggiunto il 255% del PIL, rispetto al 141 % del 2008 e molto al di sopra del 188% per i mercati emergenti, secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali.

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“Il problema di fondo è che la Cina ha un obiettivo di crescita irrealistico”, dice Jonathan Anderson, di Emerging Advisors Group a Shanghai ed ex capo della Cina per il Fondo monetario internazionale. Secondo l’esperto, se la Cina continuerà ad agire, finirà per subire una crisi finanziaria.

La Cina ha contribuito ad un terzo della crescita del PIL mondiale nel 2015. Se l’economia di Pechino dovesse rallentare bruscamente, gli effetti si farebbero sentire in tutto il mondo. Ad esser più colpiti sarebbero gli esportatori di materie prime, ma anche le multinazionali occidentali, che sperano di beneficiare della crescita dei consumi cinesi, dovrebbero fare i conti con il rallentamento dell’economia orientale. Solo nuove riforme aggressive potrebbero salvare il Paese.

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