In Cina la censura si abbatte anche sul mondo della musica. A partire dal 1° gennaio del 2016 i servizi di musica online saranno chiamati a rimuovere dalle loro librerie tutti i materiali sensibili. La misura, varata in modo emblematico dal Ministero della Cultura, è l’ultimo atto di una lunga campagna portata avanti dal Partito Comunista per ripulire Internet – e più in generale il mondo della cultura – da tutto ciò che possa rappresentare una minaccia per la stabilità del paese. Che fosse in atto una stretta sul mondo della musica era chiaro già dal mese di agosto quanto le autorità misero al bando 120 brani, per la maggior parte musica hip-hop occidentale degli anni ’90 e primi anni 2000, perché colpevoli di «promuovere l’oscenità, la violenza, la criminalità, o minacciare la pubblica morale».
La spirale dell’autocensura
Le misure di autocensura introdotte nel mondo della musica rispecchiano quelle al momento attive per altre società Internet che impegnano grandi squadre per passare al setaccio siti web e app. La presenza di misure punitive per la mancata rimozione dei contenuti considerati nocivi, ha spinto tuttavia società, aziende e singoli individui a eliminare più di quanto richiesto pur di evitare condanne e punizioni.
Destinatari delle misure di autocensura
Ad essere chiamati a vigilare sui contenuti diffusi saranno in primo luogo i tre giganti del web cinese: Alibaba, Tencent e Baidu, tutti in possesso di canali di musica in streaming. Stesso impegno graverà sulle spalle di Apple che ha lanciato a settembre il proprio servizio Apple Music. Altri servizi internazionali come Spotify, Rdio e Google Music non sono ancora arrivati sul mercato cinese.
La stretta sul web
La Cina di Xi Jinping ha aumentato il proprio controllo su telecomunicazioni e Internet e, secondo gli esperti, il paese è al momento in possesso del più evoluto sistema di censura online al mondo. In seguito all’affare Snowden e in difesa degli attacchi esterni, la Cina si è dotata di due grandi strumenti: il “Great Firewall of China”, sistema difensivo utilizzato per impedire l’accesso a determinate parti di Internet, e il “Great Cannon“. “Il grande cannone” è un sistema offensivo studiato per compiere attacchi DDoS – sostanzialmente mandare in tilt un server web per accesso di richieste di accesso – che ha fatto la propria comparsa per la prima volta nel mese di marzo. Prima vittima? GitHub la piattaforma dedicata alla condivisione di software e di codici sorgente che ospitava al suo interno il progetto anticensura GreatFire.org, progettato per raggirare il Great Firewall of China.
Fonte: Reuters